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La famiglia Baccari di Capracotta


Lapide di mons. Francesco Baccari nella chiesa di Oratino.

La famiglia Baccari (anche Baccaro o del Baccaro), la cui presenza a Capracotta è attestata già alla fine del 1400, abitava nei cosiddetti quartieri "nuovi", detti di S. Antonio di Padova e S. Maria, che sorsero a mezzogiorno dell'abitato, tra il 1400 ed il 1505. Qui sorse il palazzo Baccari, vicino al quale si ergeva una cappella dedicata a S. Maria, che si presume fondata da questa famiglia. Infatti il piano soprastante la cappella era occupato da un convento o rifugio dei frati francescani, fondato nel 1546 da Donato Baccari. Nel 1561 è presente a Capracotta il Magnificus Bernerdinus Baccarius che, insieme alla moglie Giulia, e Johannes de Baccaro, viene censito nel Libro dei fuochi. Nel 1489 i Baccari acquistarono dalla famiglia Carafa la terza parte del castello disabitato di Staffoli che, nel 1492, risulta intestato a Colarosa e Isaia Bachariis di Capracotta. Nel 1540 la sesta parte del medesimo feudo viene intestata ad Andrea de Rosa de Bachariis per successione all'avo paterno Giacomo de Rosa de Bachariis. Nel 1571, invece, l'intero feudo di Staffoli è intestato a Quintiliano de lo Baccaro alias de Rosa di Capracotta, che succede al padre Nicola de Rosa de lo Baccaro. Essendo deceduto Quintiliano, nel 1572 il feudo viene intestato a suo fratello Altavilla de lo Baccaro alias de Colarosa. Nei documenti relativi a quest'ultima intestazione, viene nominato anche il feudo di S. Mauro. Furono anche titolari dei feudi di Cantalupo nel Sannio e Sant'Elena Sannita (Cameli). Possedevano il jus patronato dell'altare dedicato allo Spirito Santo e a S. Caterina, all'interno della chiesa madre, nonchè la cappellania di San Nicola di Mira nella chiesa di Sant'Antonio Abate, della quale, a metà del 1700 erano titolari Apollonia, Filippo e Gerardo Baccari in quanto eredi di Antonio Baccari. Diversi membri della famiglia si addottorarono in legge: tra essi si ricordano Filippo, Giacomo Antonio (suo figlio), Giovan Prospero (altro figlio di Filippo), Gerardo (laureatosi nel 1724) ed i fratelli mons. Nunzio e mons. Francesco. Filippo, censito nel catasto onciario del 1743 come «nobile vivente e locato della Regia Dogana, don, era anche professor dell'una e l'altra legge». Sposò donna Barbara Susi (o Jusi) di Introdacqua, paese nel quale viveva per gran parte dell'anno per poter amministrare l'ingente patrimonio della moglie. Suoi zii paterni erano mons. Nunzio e mons. Francesco Baccari.

Abbracciarono la vita religiosa: Francesco Antonio (n. 1669) arciprete, Ruggiero (n. 1675), Domenico Maria (n. 1729), Nunzio (n. 1670) vescovo di Bojano, Francesco (n. 1673) vescovo di Telese.

La famiglia rivestì un ruolo preminente nell'amministrazione della Regia Dogana: furono eletti sindaci generali Filippo, suo figlio Giacomo Antonio (eletto nel 1669), ed altro Filippo (eletto nel 1724) rispettivamente figlio e nipote dei precedenti. Filippo viene definito come «persona onesta e ben nota e cugino del viceregente di Roma».

Sempre nell'ambito della Dogana, i Baccari fin dal 1600 a cominciare da Giovanni (forse figlio di Giulio), possono essere annoverati tra i più ricchi armentari del Molise.

Si narra che a causa di una contesa iniziata con la famiglia di Majo, i Baccari per superiori ordini, forse dell’autorità civile, forse di quella ecclesiastica, furono costretti ad abbandonare Capracotta e si trasferirono a Bonefro; i di Majo, dal canto loro, si trasferirono a Deliceto. Pare che avviatisi per l’esilio, due degli antichi contendenti s’incontrarono ad una fonte e, vinti dalla tristezza e dalla nostalgia per aver dovuto abbandonare il paese natio, si riappacificarono tra le lacrime: la fonte da allora si chiamò "Fonte del Pianto". Gran parte dei fabbricati e terreni dei Baccari, secondo quanto scrive il Campanelli, furono venduti all’asta e acquistati dalla famiglia Conti; alcuni terreni da Agostino Campanelli. Non sappiamo se l'aneddoto sia vero o meno, mentre ci risulta che le due famiglie erano imparentate. Infatti don Girardo Baccari, u.j.d., nel 1726 sposò Leandra di Majo, dalla quale ebbe ben sei figli: Cecilia, Cassilda, Saverio, Artemisia, Ignazio ed Eliodora. Altrettanto evidente, però, che un ramo dei Baccari fiorì in Bonefro dove si ricordano: Vincenzo rappresentante al Consiglio Provinciale per l’anno 1861; i sindaci Francesco (1818-1822), Paolo (1829-1832), dott. Alberindo (1873-1873 e 1884-1885), Gennaro (1876-1878; 1885-1886; 1890-1892), dott. Filippo (1893-1894), Paolo (1905-1910), oltre Serafino, speziale di medicina (diploma conseguito nel 1754) e Beniamino che conseguì la laurea in legge nel 1797). Mons. Giovanni Andrea Tria ricorda che nella chiesa matrice di Bonefro, l'altare dedicato allo Spirito Santo era affidata al governo della famiglia Baccari.

I Baccari si sono imparentati con altre famiglie notabili di Capracotta, appartenenti alla "casta" dei ricchi proprietari della Dogana di Foggia: Apollonia (n. 1670, figlia di Domenico e Porzia Baccari) sposò Gregorio Melocchi; Agata (n. 1697) sposò il dottor fisico Nicola Mosca; Antonia Baccari (+ 1724) sposò Pascantonio Melocchi.

Altre famiglie Baccari sono ricordate nella città di Sessa, dove furono ascritti al seggio nobile di San Matteo, ed in quella di Velletri dove visse Vespasiano consigliere e priore della sua patria fin dal 1654; alzava come arma: «d'azzurro alla fascia d'oro sormontata da un toro passante al naturale e accompagnata in punta da vari ramoscelli verdi, caricati di bacche d'oro».

Una menzione particolare meritano i fratelli presuli Mons. Nunzio e Mons. Francesco Baccari.

Nuntio de Baccariis (Capracotta 1 marzo 1670, + Roma 10 gennaio 1737), di Filippo e Cesarea Baccari, conseguì le lauree in Legge e Teologia a Napoli e fu investito dal pontefice Benedetto XIII dell'Ufficio di vice-reggente in Roma, incarico che gli fu confermato da Clemente XII. Intanto, il 5 febbraio del 1718, altro pontefice, Clemente XI, lo aveva nominato vescovo di Bojano. In seguito fu nominato consultore del Sant'Uffizio ed esaminatore dei Sacri Canoni dei Vescovi. Pietro de Stephanis lo ricorda così: «La costui famiglia era di Capracotta, ed egli veramente ebbe a colà i natali. Ma poiché Filippo Baccari suo fratello fu chiamato a raccogliere il dovizioso retaggio del dottor Simone Susi di Introdacqua, tutta la casa traslattosi in Prezza. Il giovinetto Nunzio, come che dedicato alla vita chiericale, applicò lo ingegno alla giurisprudenza, e meritò la laurea dottorale. Conosciuto di singolar dottrina e probità, ebbe l’ufficio di vicario generale in diverse chiese, fino a che Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento, lo chiamò alla stessa carica nella sua Diocesi. Il quale, poiché egli fu fatto papa (Benedetto XIII, 1724), lo creò vescovo di Boiano, e non molto dopo vicegerente di Roma, dove pregiato per le sue virtù e moderazione, il nostro Nunzio finì di vivere sotto il pontificato di Clemente XII nell’anno 1738». Mons. Nunzio è sepolto nella Chiesa di S. Spirito dei Napoletani, a Roma.

Mons. Francesco Baccari (Capracotta 8 ottobre 1673, + Cerreto, 23 maggio 1736), fratello di mons. Nunzio, conseguì le lauree in Legge e Teologia e fu nominato vescovo di Telese nel 1722. In occasione dell'istituzione delle Suore della Carità, promossa da san Vincenzo dé Paoli, ne curò in modo particolare la fondazione insieme a Luigia di Marillac. Nella chiesa di Capracotta è posta una lapide che ricorda la benedizione da lui impartita (1723) per la riapertura dell’edificio dopo i primi lavori di restauro. Il canonico Rossi, nel catalogo dei vescovi telesini, racconta che mons. Francesco Baccari predisse il giorno della sua morte. È ancora il de Stephanis a consegnarsi alcune note biografiche: «Francesco Baccari, anch’egli fratello del vescovo di Boiano, dal medesimo papa Benedetto XIII fu mandato a reggere la Diocesi di Telese nel 1728. Prelato di umili e modesti costumi vescovò in quella chiesa fino all’anno 1737 in cui chiuse la vita rimpianto e desiderato da tutti. La mansuetudine e la bontà sono care virtù, le quali si conciliano l’amore e il rispetto universale; ma più assai desiderate negli altri ministri del santuario». Altro contributo è quello del presbitero Giovanni Rossi: «Durò appena un mese la vedovanza della nostra Chiesa, dopo la morte di mons. Gambaro. Gli fu destinato per successore nel seguente mese di novembre dal sommo pontefice Innocenzio XII (Angelo de' Conti) il suddetto Francesco Baccari, nativo di Capracotta in Diocesi di Trivento, fratello di monsignor Nunzio Baccari, ch'era già vescovo di Bojano sin dal 1718, e che fu sotto Benedetto XIII vice-gerente di Roma. Venne ivi consecrato questo nostro vescovo nel dì 18 gennajo del 1722; prese possesso nel 27 del seguente febbrajo; e recossi a fare residenza in Cerreto nel 23 marzo di detto anno. Grandi cose egli fece ne' 14 anni del suo governo. Presentatosi al suo gregge, qual perfetto modello di vero sacro pastore; colle sue virtù, colla sua profonda dottrina, colla sua integrità di vita, col suo zelo paterno, e colla sua consumata prudenza si mostrò sempre istancabile ristauratore della religione, e della disciplina, forte sostegno del santuario, temuto flagello del vizio, fermo protettore della giustizia, vindice acerrimo dell'innocenza. La nuova chiesa cattedrale a lui dee la sua vaga e grandiosa esistenza, avendola su bel disegno portata a compimento, e quindi ristaurata, e presso che riedificata in poco tempo da capo, tosto che per alcuni difetti dell’arte nella costruzione de’ pilastri la vide imprevedutamente crollare. Ottenne a tal uopo un sussidio dal Santo Padre Benedetto XIII, ch'erasi nel 1729 recato di persona nella sua chiesa metropolitana di Benevento per celebrarvi il Concilio provinciale, cui si degnò presedere. Ottenne pur ivi dallo stesso Santo Padre la conferma della traslazione della chiesa cattedrale in Cerreto. Altre chiese della città, e diocesi a lui debbono il loro splendore. Quella del SS. Nome di Dio in San Lorenzo Maggiore fu da lui consecrata. Fè rispettare da tutti la religione, e la dignità episcopale, del cui decoro fu rigido mantenitore: e dopo aver edificato il clero e 'l popolo a lui soggetto colla voce e coll’esempio; chiuse la sua gloriosa carriera nel di 23 maggio del 1736. Venne sepolto il suo cadavere in luogo di deposito nella Chiesa di Sant'Antonio, presso a quello del suo predecessore monsignor de Bellis».

Giovan Prospero, fratello dei precedenti, sposò Antonia figlia di Diego Porpora, tesoriere di Chieti, gentiluomo napoletano.


Alfonso Di Sanza d'Alena

 
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