In nomine Domini, amen. Dominus Rainerius Christofani venit et apportavit domino Iohanni iudici unum suum instrumentum donationis, ut in hoc libro tenor eius scribatur. Cuius tenor est talis...
Questa è una storia che ho cercato di ricostruire sulla base di un cartulario medievale, il cosiddetto "Liber Quatuor Clavium". Data la scarsità di elementi probanti, non posso nemmeno assicurare che questa vicenda stia nei modi in cui ve la racconterò. È una storia ambientata nel Lazio di 800 anni fa che vede protagonisti un giudice, un proprietario terriero e un acquirente. Il primo si chiama Raniero, il secondo Giovanni, il terzo Orso, ed è figlio «di Guinizzo di Capracotta», un nome che dalle nostre parti non esiste o, perlomeno, non esiste più.
Siamo a Viterbo l'8 marzo del 1233. Orso dona a Raniero, figlio di Cristofano, giudice, i diritti che vanta per rivalsa verso Giovanni, figlio di Burgulo, a cui ha prestato fideiussione per varie somme di denaro dovute a Benefaci da Mirra, figlio di Guidone, a Leone, figlio di Tebaldo, e a Paolo, figlio di Germana, «per l'evizione da lui subìta di un terreno presso il fossatello di Manzo vendutogli dallo stesso Giovanni».
Per sciogliere l'intreccio dirò che Orso s'è avvalso del diritto di rivalsa - ovvero di una compensazione - derivante dal fatto che il terreno che egli aveva appena acquistato da Giovanni gli era stato requisito sulla base dell'evizione, ovvero del diritto d'un terzo di far valere il proprio diritto sulla cosa venduta da Giovanni, sottraendola a chi l'aveva comprata, Orso. Siccome, da che mondo è mondo, il venditore ha l'obbligo di garantire all'acquirente l'assenza di evincere est aliquid vincendo auferre (evincere è portare via qualcosa vincendo), Orso di Capracotta, forte della giurisprudenza a lui contemporanea, ha donato al giudice Raniero quei profitti derivanti dalla rivalsa che gli spettava, trasferendo quindi a Giovanni l'onere del debito col giudice.
Di quel manoscritto conservato presso il Comune di Viterbo (inventario C.24) non so dire se Orso e Guinizzo fossero originari della nostra cittadina né se la qualifica «di Capracotta» sia effettivamente riferita a quella «fila di case bianchissime, forse fatte di neve, sull'orlo di un crinale», ma una cosa è certa: proseguirò e approfondirò l'indagine.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
C. Buzzi, Il "Liber quatuor clavium" del Comune di Viterbo, vol. I, Ist. Storico Italiano per il Medio Evo, Roma 1998;
F. Ciampitti, Il grande viaggio, Varesina, Azzate 1971;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;
A. Neri, Castello e Badia di Poggio Marturi presso Poggibonsi, in «Miscellanea Storica della Valdelsa», III:2, Castelfiorentino 1895;
A. Pagani, Viterbo nei secoli XI-XIII: spazio urbano e aristocrazia cittadina, Vecchiarelli, Manziana 2002.