Di quello che era stato fino al 1866-67 il grande brigantaggio ormai restavano soltanto residui, che di tanto in tanto facevano la loro comparsa. Il consigliere anziano del comune di Gamberale, ad esempio, nel giugno 1871, scrisse a Lanciano che nei dintorni del paese era riapparso Croce di Tola, che si muoveva con una banda di sette individui, tutti ben vestiti ed ottimamente armati di fucili a due colpi, con patroncine, stili e baionette. Crocitto, che, secondo il consigliere, batteva la campagna da 8-9 anni e conosceva "a palmi" quelle contrade, era stato visto più volte nel tenimento di Pizzoferrato e in particolare nel luogo denominato Mandra delle Vacche, dove «stava appiattato, fingendo di aspettare qualcuno».
Poiché le pecore ormai erano quasi tutte rientrate nei rispettivi stazzi, sarebbe stato necessario raddoppiare la vigilanza sugli stessi. Inoltre si sarebbe dovuto «intimorire i pastori, ricorrendo, se fosse occorso, anche alle minacce» poiché i pastori erano soliti "parteggiare" per i briganti, perché vi trovavano il loro tornaconto. Inoltre, sempre secondo il consigliere, per meglio «circoscrivere i briganti», sarebbe stato necessario anche allontanare i carbonari dal posto denominato Val di Terra, perché essi erano «più briganti dei briganti stessi ed il loro capo per nome Gregorio Spagnuolo era più brigante di tutti». Costoro negli anni passati avevano nascosto i briganti nelle loro capanne, avevano fatto loro la spia all'avvicinarsi delle truppe ed erano riusciti a rendere infruttuosi tutti gli sforzi dei militari e delle autorità civili.
Nello stesso torno di tempo, la presenza di Croce di Tola nel bosco Val di Terra fu denunciata ai carabinieri di Palena dal "capobuttero" delle pecore del cav. Costanzo Norante, di Campomarino, il quale affermò che il 14 giugno 1871 la banda si era avvicinata allo stazzo delle pecore.
Un mese dopo, la presenza di Crocitto fu denunciata anche nel bosco di Montedimezzo, sempre in territorio di Palena. Un pastore di Capracotta infatti, smarrita una pecora nel bosco in questione, si era messo alla sua ricerca e si era imbattuto nella banda da lui capitanata, composta da dieci individui. Il pastore era stato chiamato dal capo brigante che gli aveva chiesto perché i carabinieri e i bersaglieri fossero appostati nei pressi dello stazzo di S. Domenico e se per caso non fosse stato il padrone di quelle pecore a chiamarli. Il pastore gli aveva risposto di no. Al che Crocitto dapprima aveva manifestato l'intenzione di bastonarlo, ma poi aveva avuto un ripensamento e tutta la banda si era diretta verso il Sangro.
Vista l'inafferrabilità del brigante, oramai a capo di pochi uomini, ma sempre pericoloso, a Lanciano si pensò anche ad armare i pastori, ma il prefetto di Chieti, a cui la proposta fu avanzata, dichiarò di non essere in disaccordo in via di principio, ma prudentemente aggiunse che sarebbe stato necessario assicurarsi prima della loro moralità ed onestà ed inoltre accertare che gli stessi non fossero «pusillanimi, ma ben disposti ad adoprarsi per la distruzione dei briganti».
Romano Canosa
Fonte: R. Canosa, Storia del brigantaggio in Abruzzo dopo l'Unità, Menabò, Ortona 2001.