La fontana in questione incarna il nome del santo più invocato, dal Medioevo in avanti, come protettore dal terribile flagello della peste, che, dal 3 agosto al 13 settembre 1656, causò a Capracotta ben 1.126 morti, con un tasso di mortalità superiore al 50%. La protezione di san Rocco si estese poi al mondo contadino, agli animali, alle grandi catastrofi quali terremoti, epidemie e malattie gravissime, nel segno del volontariato.
La fontana di San Rocco ebbe una vita travagliata come il santo di cui porta il nome e, per motivi di opportunità, fu costretta a modificare il suo aspetto e in più occasioni sottoposta a spostamenti in luoghi vicini e tempi diversi.
Venne inizialmente costruita in pietra ed era ubicata sotto la carrabile sterrata (oggi via Verrino), all'interno d'un antro con soffitto a botte, utilizzata prevalentemente per l'abbeveraggio degli animali che attraversavano il paese per la monticazione o per trasportare il grano da macinare al mulino Del Castello; quasi contemporaneamente ne venne installata un'altra in bronzo al di sopra della prima (oggi via Nicola Falconi) per l'uso quotidiano da parte degli abitanti del quartiere.
A causa delle trasformazioni post-belliche le fontane furono entrambe eliminate ed operata la loro sostituzione con una terza fontanina in bronzo, più piccola, esile e di trascurabile fattura. Questa stava sulla medesima strada ma dal lato opposto alla prima, finché anch'essa venne spostata e, non essendo più adeguata allo scopo, sradicata definitivamente.
Parafrasando il mito dell'araba fenice, che dopo mezzo millennio di vita risorse dalle sue ceneri, a cinquecento mesi dalla soppressione della prima fontana e a cinquecento settimane dalla soppressione della seconda, ecco spuntare dal nulla una nuova fontana.
Quest'ultima, anch'essa di bronzo e perfettamente identica alla più antica, con una luccicante superficie rivestita di "pelle" giovanile, era posizionata a circa 100 metri dalle prime, posta a ridosso del muro di un piazziale (oggi largo dei Sartori) con sulla testa una targa celebrativa di marmo dedicata ai sarti capracottesi, come a ricordarle di esser nata non solo con la camicia ma anche... con un bel vestito cucito ad arte!
Quest'ultima fontana ha trascorso i primi anni di vita in modo frenetico, col calore mattutino dei primi raggi di sole che la riscaldavano e sempre in gran compagnia per l'andirivieni delle persone che lì transitavano per lavoro o per piacere, col trambusto e gli schiamazzi degli alunni che si assembravano e giocavano davanti la scuola. Finché, come sempre accade, la ricreazione finisce...
Adesso la si vede sola e sperduta in un luogo nel quale l'unica magra consolazione sta nei perenni raggi del mattino, confortata dalla compagnia delle automobili silenti parcheggiate al sole dell'estate o sotto la neve dell'inverno, oppure dalla moltitudine delle persone accalcate all'inverosimile in occasione delle feste di paese.
Sperando che non vada in depressione o che finisca in cenere, le auguro di risollevarsi al più presto e di non aspettare i famosi cinquecento anni per iniziare una nuova vita. Ma, come chiosa il proverbio, chi vivrà vedrà...
Filippo Di Tella