A nord di Capracotta, a circa 600 metri dall'abitato e in prossimità del Campo Sportivo, c'è una fontana molto cara agli abitanti del paese, utilizzata fino agli '60 come lavatoio, senza alcuna moderna diavoleria.
Era la fontana delle socializzazioni fra vecchie e nuove generazioni, con tutti i pettegolezzi che sicuramente nascevano tra una chiacchiera e l'altra, con gli amori inconfessati o dichiarati, mentre per un bucato bianchissimo si operava in casa con la famosa colata con la cenere.
Dagli anni '50 e per circa un decennio fu scelta come partenza della corsa degli asini, su di un polveroso sterrato che terminava dopo 450 metri presso la curva delle capre, mentre la corsa dei cavalli iniziava appena dopo Ponte di Ferro e terminava dopo 900 metri nel medesimo punto.
Era una manifestazione che attirava grandi e piccini e rappresentava uno dei pochi momenti in cui i quattro quartieri di Capracotta (S. Giovanni, Terra Vecchia-S. Rocco, S. Antonio e S.M. di Loreto) si ritrovavano mischiati per una manifestazione campestre, occasione in cui si poteva affermare la propria bravura e supremazia, che per un anno intero sfociava in sottili sfottò che lasciavano l'amaro in bocca ai perdenti.
I nomi degli asini erano fantasiosi: Cardone, Nestore, Sansone, Stanlio, Rosina ecc., anche se, a dire il vero, erano soverchiati in numero da giumente, muli e cavalli.
Ma il nome dell'asino che negli anni '60 risuonò a lungo a Capracotta, persino nei discorsi che si tenevano nella "boutique" di Brièle Di Tella, esperto cacciatore e barbiere, era Taccone.
Era questo un asino sangiovannaro, una vera e propria garanzia, visto che vinse quasi sempre. Il nome fu certamente scelto per ossequiare e omaggiare il famoso ciclista scalatore abruzzese di allora: Vito Taccone (1940-2007), denominato il "Camoscio d'Abruzzo".
Filippo Di Tella