Una delle storielle che ci raccontavano quando eravamo piccoli era quella del napoletano che per oscuri motivi era costretto spesso a recarsi a Capracotta.
Il malcapitato, oltre ai disagi dei faticosi viaggi con mezzo di fortuna su strade polverose e sconnesse, non indovinava mai il tipo di abbigliamento necessario: o si copriva tanto da soffrire il caldo durante tutto il viaggio per poi stare decentemente una volta giunto a destinazione, o partendo con abiti leggeri dopo si ritrovava a tremare dal freddo.
E spesso imprecava dicendo:
– Chìste è nu paése addó fa dùrece mìse 'e frìsche e une fresculìlle!
Ma lo stesso napoletano, vittima un giorno di un'altra disavventura, lasciò traccia con un'altra battuta al vetriolo!
In una splendida e soleggiata mattinata primaverile, camminava respirando a pieni polmoni quella tipica aria frizzante quando improvvisamente da un vicolo sbucò un cane ringhiando e abbaiando.
Il poveretto ebbe un attimo di spavento e si chinò istintivamente per raccogliere una pietra che, ricoperta da un sottile strato di ghiaccio che il sole non era riuscito ancora a sciogliere, era saldamente ancorata al terreno!
Gli andò bene perché il solo gesto di chinarsi spaventò il cane che desistette dall'aggredirlo.
E passando il dorso della mano sulla fronte per detergere il freddo sudore da paura esclamò sbuffando:
– Accà i càne so sciòlte e i prète attaccàte!
Domenico Di Nucci
Fonte: D. Di Nucci, I fiori del paradiso. Antologia di fatti e ricordi, storie, storielle, usi e costumi di un paese e di una famiglia, Tip. Cicchetti, Isernia 2005.