Prologo
Questo breve e romanzato racconto vuole essere un omaggio soprattutto ai miei genitori ed alla famiglia a cui mi onoro di appartenere, anche se con un cognome diverso, ma spero possa essere un omaggio per tutte le famiglie di questo paese che magari si riconosceranno nelle esperienze e nei ricordi. Mi perdoneranno i miei parenti ma non potevo inserire i nome di tutti. Ho scelto le nostre origini. Mia madre Vincenza Di Lullo è deceduta nell'ospedale di Agnone il 16 luglio 2009, ed era, come tutti gli anni della sua vita, durante il periodo estivo, nella sua casa natale di Capracotta. Mio padre Francesco Grillo si è spento sei mesi più tardi, il 27 gennaio 2010, nella residenza per anziani "S. Maria di Loreto" di Capracotta.
Gente di paese
Nella residenza per anziani "S. Maria di Loreto" il sig. Francesco si trascina stancamente nel corridoio con il cervello attraversato da pensieri, immagini, lampi, alla ricerca di qualcosa che non saprebbe definire.
«Franco, Franco dove vai?» Pina, Giuseppina Mosca, è una delle infermiere, badanti, assistenti che operano nella struttura, lo cinge dolcemente per le spalle e gli spiega che lo deve accompagnare dal dottore per la solita visita di controllo. Il dottore, Michele Notario, il medico condotto del paese che aggiunge ai suoi normali compiti di assistenza l'impegno di un presidio presso la struttura, quale servizio integrante delle attività offerte agli ospiti.
La struttura è una conquista della comunità che, guidata dal sindaco Antonio Monaco, ha appoggiato l'imprenditore Ermanno D'Andrea e partecipato con un azionariato popolare al finanziamento dell'opera.
Michele visita il paziente con gesti veloci ed esperti gli rivolge le solite domande di routine, sostituisce un farmaco con un alto un po' più blando ma che ritiene abbia la stessa influenza su quel povero cervello ormai sommerso dalla demenza senile ed al termine lo affida a Pasquale Paglione, una delle pietre miliari, il factotum dei lavoratori della casa, l'animatore con una battuta per tutti, sempre con un sorriso o una carezza per gli ospiti. Pasquale lo accompagna verso il salone dove si trova la quasi totalità dei degenti.
Due figure femminili si avvicinano, zia Ida (l'ha sempre chiamata zia!) con la figlia Angelica. Ida Catalano, moglie di Salvatore Di Lullo, era la più affezionata, più legata e vicina alla moglie di Franco, sua nipote, ed ancora non sa darsi pace della sua scomparsa. Angelica, la figlia, è forse la più conosciuta della dinastia. Ha sposato giovanissima il sarto Sebastiano Di Rienzo che si rileverà munito di grande talento tanto da operare nelle più importanti sartorie ed atelier di grande moda, ancora oggi impegnato ad organizzare eventi e sfilate. Zia Ida si sincera delle condizioni del nipote acquisito e poco dopo si allontana con la figlia.
Franco si avvicina e siede di fianco al suo compagno di stanza, Giovanni Borrelli. I due si "intuiscono" ed a modo loro si rispettano, scambiano a volte qualche frase ma sempre persi nei loro sogni. Il sig. Borrelli tenta sistematicamente di scappare, di tornare a casa, la sua casa che probabilmente nemmeno ritroverebbe ma che cerca disperatamente.
Franco invece chiama, urla come può urlare un vecchio di 85 anni, il nome della moglie, «Enza, Enza», diminutivo di Vincenza Di Lullo, scomparsa da pochi mesi. Liliana Di Rienzo, un altro angelo della struttura, si avvicina e cerca di tranquillizzarlo.
– Stai calmo Franco, è uscita, è andata a comprare, fra poco torna – è la solita gentile bugia che gli dicono tutte le volte che la cerca, cioè almeno ogni mezz'ora.
La malattia gli ha annullato il presente, non percepisce il quotidiano, dimentica quello che ha appena fatto o detto, ma non quella figura femminile sempre presente al suo fianco da quasi 60 anni di vita comune. Un matrimonio di altri tempi, si direbbe oggi.
Franco si avvicina ad una finestra, guarda il cielo grigio da dove, come per magia, migliaia di fiocchi bianchi scendono volteggiando, nevica, nevica, e i ricordi lontani, chissà perché, riaffiorano, non sono cancellati: sono indelebili.
Ricorda ancora la prima volta che arrivò a Capracotta. Aveva conosciuto Vincenza per corrispondenza (allora si usava molto), era una vicina di casa, la sua casa natale a S. Nicola la Strada, un paesino alle porte di Caserta, e aveva il nominativo di una brava ragazza di montagna in età da marito, gli aveva mostrato una foto di lei. Franco era rimasto affascinato da quel volto con una fluente chioma di capelli neri ondulati ed un sorriso caldo e luminoso. Lui si era arruolato nella Guardia di Finanza a 16 anni e non aveva avuto modo di conoscere molte ragazze (come se fosse semplice all'epoca!) ma quel volto lo faceva sognare ed aveva iniziato una fitta ed appassionata corrispondenza. Dopo un anno erano "fidanzati" e lui si accinse a presentarsi ai genitori dell'amata per il fidanzamento ufficiale e per chiederla in sposa.
Era il lontano 1951 ed i mezzi di trasporto non erano certamente paragonabili a quelli attuali. Con il treno, dopo due o tre cambi, arriva alla stazione di S. Pietro Avellana da dove gli hanno spiegato deve prendere la corriera per il paese. È ottobre, fa freddo e c'è un po' di neve. Per un casertano la neve è un evento e lui si guarda intorno stupito. Un vocione lo fa sobbalzare: è Onorato Di Lullo (altra branca della famiglia), l'autista che tutti i giorni percorre la stessa strada per due o tre volte caricando i pochi o tanti viaggiatori in arrivo o in partenza, che lo apostrofa e, con un accento strano, gli dice che se deve andare al paese deve salire in fretta ché è in partenza. La corriera dipinta di verde si inerpica per la statale che sale, curva dopo curva, con la neve sempre più alta.
Franco è bianco come un cencio, no, non per paura, in fondo ha partecipato anche alla guerra, ma perché non sopporta le curve e la puzza di nafta che fuoriesce dal motore tirato al massimo della vecchia corriera. Onorato lo guarda nello specchietto e, memore di altre esperienze simili, tira fuori un bel limone e glielo porge.
– Succhialo, succhialo pianom vedrai che ti aiuta.
Nel frattempo la strada diventa stretta, la neve ormai è una massa enorme e altissima: non si passa. Franco non ha mai visto in vita sua tanta neve messa insieme. L'autista invece è calmo e tranquillo, ma come fa a non preoccuparsi? Strano! Improvvisamente un tuono, un rumore assordante ed un filo di fumo grigio compare dall'altra parte della massa di neve, al quale muove come un'onda del mare o come la sabbia di una duna del deserto, ed ecco comparire un trattore enorme, gigantesco, con due lame di ferro a mo' di denti appiccicate sul davanti sembra un enorme squalo!
È il famoso spazzaneve dono dei capracottesi emigrati in America e giunto in paese solo l'anno precedente dopo un lungo e avventuroso viaggio. L'autista manovra il macchinario come se fosse un'auto di piccola cilindrata ed in breve la strada è nuovamente libera. Finalmente la corriera arriva in paese, ora a quest'altezza è una bellissima giornata, il cielo è blu, un blu smeraldo, il panorama mozzafiato, l'aria tersa e fredda. Mentre si guarda intorno, un suono di corno attira la sua attenzione.
– Udite udite, domani mattina ci sarà il mercato a S. Giovanni.
Chi grida quelle informazioni è Vincenzone, cioè Vincenzo Evangelista, di professione falegname ma anche una specie di messo comunale che informa la popolazione degli "eventi" della settimana che si svolgeranno in paese o quelli vicini: quale sistema migliore?
Ad attendere il promesso c'è solo una piccola parte della famiglia ma sembrano tantissimi. Il padre della ragazza, Giovanni, con due dei suoi fratelli, Michele e Giuseppe, tutti avvolti in strani cappotti, i famosi cappotti "a rota", le relative mogli Giuseppina, Ida ed Elena Catalano, guarda caso tre sorelle di una famiglia sempre paesana, ed i relativi figli. Il cognome si dice arrivi dalla Spagna, esattamente dalla Catalogna, da dove emigrarono in Campania e da dove, a causa di persecuzioni religiose, si spostarono nell'Alto Molise.
Ma lui ha occhi solo per lei, gli pare molto più bella che in foto e, se prima aveva ancora dei remoti dubbi, questi svaniscono come la neve al sole. Enza è in compagnia di sua cugina Lucia Di Rienzo, che sposerà poi Vincenzo Di Lorenzo; il fato porterà le due amiche a vivere insieme, da vicine, a Torino negli anni della prima maturità. Lucia sarà la sorella a cui confessarsi, con cui condividere gli affanni e le gioie della nuova vita, ed in seguito trascorrere le estati nel paese natio. Lo portano a casa dove sul fuoco del camino nel "cotturo" bolle allegramente un'abbondante pasta e fagioli preparata da mamma Giuseppina.
Nella casa ricostruita, come quasi tutto il paese dopo la distruzione della guerra, vivono due dei fratelli, Giovanni e Michele, ed infatti Vincenza è cresciuta con i cugini Vittorio ed Antonio, con i quali continuerà a dividere la casa per tutta la vita, e con l'ultima arrivata Maria. La famiglia Di Lullo, come quasi tutte le famiglie del paese, viene identificata con un soprannome, per tutti sono i Mescùne, forse perché essendo in tanti, quando si presentano, sembrano uno sciame, o forse perché il vociare tutti insieme sembrava un ronzio o forse... chissà.
Sono sette fratelli e una sorella, Enerina; mancano Salvatore, che emigrerà in Germania, e Raffaele, che vivrà a San Severo. Pasquale, il primogenito, è mancato da qualche anno. Dalla progenie la famiglia conterà fino ad oggi ben 176 individui. Sono uomini duri, avvezzi alle fatiche del lavoro pesante, sono soprattutto carbonai e, per questa attività, stanno spesso lontani da casa per settimane o mesi. I "grandi" sono anche partiti come soldati per partecipare al grande conflitto: Giovanni, Salvatore e Giuseppe sono stati prigionieri per alcuni anni ed in Paesi diversi, provando, oltre ai maltrattamenti e alle privazioni materiali, la fame, la vera fame.
Giovanni racconterà al suo primo nipote che «quando trovavo le bucce di patàne nella spazzatura dei Tedeschi mi sembrava un dono del cielo e piangendo me le divoravo». Non sono tanto ciarlieri i fratelli e Giovanni forse più di tutti ma bastano gli sguardi per capirsi. E quel giovanotto venuto per portarsi via la sua unica figlia forse gli sta antipatico, ma nota che la fanciulla è felice, non l'ha mai vista così radiosa, e poi il forestiero è una Guardia di Finanza, ha la divisa dello Stato, uno stipendio sicuro: come resistere?
Le donne della famiglia subissano di domande il promesso, non gli danno nemmeno il tempo di rispondere e lui molte volte non capisce nemmeno quel dialetto misto a qualche parola di italiano. Soprattutto Michela Sozio, la futura moglie di Adamo, il fratello giovane, cantoniere sempre in giro a riparare strade e preparare sentieri, lei è donna gentile pronta sempre a sacrificarsi per gli altri, e sempre con il sorriso sulle labbra. Da buon militare Franco deve accorciare di qualche centimetro la lunghezza dei capelli per rimanere nella misura di ordinanza. Lo accompagnano alla bottega, un piccolo ma dignitoso e pulito locale dove opera da barbiere Vincenzino Catalano, il fratello maschio della famiglia, ammalatosi da bambino di nanismo e, pertanto, mai cresciuto nel fisico, ma anch'egli dotato di umanità e calore, oltre che di capacità che lo porteranno a diventare infermiere nella maturità. Certo, il taglio non è da concorso, ma per i paesani va più che bene.
La licenza sta per scadere, Franco deve ripartire, ma ecco che... «Nonno, nonno», il richiamo lo riporta per un momento al presente, sono i nipoti Daniele e Riccardo, il primo, impegnato per lavoro, ritorna saltuariamente alla casa dei nonni, Riki invece, diminutivo utilizzato da tutti, è legatissimo al paese dove ha trascorso tutte le estati dell'infanzia e che continua a frequentare non appena ha possibilità di "scendere" dalla sua Torino, conosciuto da tutti per la sua folta e vistosa capigliatura.
Franco è tornato con la mente ai suoi ricordi, si vede di nuovo in procinto di salire sulla corriera, ma ora, davanti a lui, ci sono proprio tutti, i figli, i nipoti, tutta la famiglia, vecchi e giovani, quelli ancora presenti e i tanti passati a miglior vita e davanti a tutti c'è lei che gli sorride con uno sguardo dolce.
– Vieni nonno, ti accompagno in camera... – gli dice il nipote.
Franco gli sorride ed a braccetto del giovane si incammina verso la sua stanza per l'ultima volta.
Vincenzo Grillo
Fonte: V. Grillo, Gente di paese, in AA.VV., I racconti di Capracotta, vol. V, Proforma, Isernia 2014.