Il complesso demaniale del Feudozzo, adiacente all'abitato di San Pietro Avellana, in provincia di Isernia, nel Molise, è «una dolcissima località in Comune di Castel di Sangro» in Abruzzo, al confine geografico col Molise. È una vallata ampia a 946 metri di altezza, che marca per circa un chilometro il confine di due regioni, confluendo poi a valle nel fiume Volturno. Fa da sfondo Montedimezzo, «una montagna interamente boscata, che si alza dalla pianura fino alla quota di 1.140 metri». Un importante insediamento zootecnico, denominato Feudozzo, caratterizza valorizza e descrive questo angolo stupendo del centro Italia.
Giovanni Potena, amministratore del Feudozzo dal 1980 al 2008, ha ricostruito la storia di questa località con paziente ricerca certosina, con precisione documentaria e con la solerte e appassionata capacità del competente. Stimolato da don Claudio Recchiuti, cappellano militare dei Carabinieri per l'Abruzzo e il Molise, (mio alunno nell'Istituto teologico di Chieti e caro amico), ha scritto questa storia «per gli amici e per le persone a me care, ciò che ho visto, o fatto, o ascoltato». Conoscere il passato per capire il presente, per apprezzare libertà e opportunità dei nostri padri, per mettere nella giusta prospettiva e ampliare gli orizzonti, come fanno gli anziani dall'alto della loro lunga esperienza di vita. La conoscenza storica è una risorsa per esplorare meglio il passato, per avere giusta propensione verso il futuro, per migliorare la nostra vita, senza dimenticare quello che abbiamo conquistato. «Ciò che hai ereditato dai padri, conquistalo per possederlo», per possedere il presente e guardare con occhi sereni quello che accade oggi. I libri sono l'alimento della giovinezza e la gioia della vecchiaia, scriveva Cicerone, ma sono anche guida per i sentieri di una storia locale fascinosa e intrigante, che si conserva gelosamente nel cuore e nella mente. «Questa memoria, chiosa Giovanni Potena, espone gli accadimenti conosciuti per diretta esperienza o per narrazione ricevuta».
Oggi viviamo in un'epoca dominata dall'amnesia impietosa del passato, dall'immersione spesso inconsapevole nel presente, dall'accelerazione parossistica verso il futuro. La nostra memoria culturale e sociale è affidata allo studio e alla interpretazione dei documenti del passato e non solo alla memoria artificiale dei computer e della Rete. L'arte di ricostruire il passato, con «una penna docile nel discernere e nel giudicare», comporta esperienza e saggezza, competenza e passione, capacità critica e comprensione. Il tempo non si riduce ad un momento e l'esperienza non si riduce ad un luogo: è il movimento, il cammino, l'itinerario, il luogo della esperienza propria e degli altri. Non è sterile rimpianto del passato, ma cauta ricomposizione del presente. La vita è piena di dettagli, che si rivelano «carichi di senso e importanti», a chi è sensibile al tempo e alla storia.
Con ricchezza di particolari l'autore inquadra i momenti salienti della storia del Feudozzo. Dal 1861 lo Stato italiano aveva avuto in carico di sorveglianza e gestione le proprietà dei Borboni. Come settore specializzato, all'interno del Corpo Forestale dello Stato, aveva uffici di amministrazione sparsi sul territorio. L'ufficio competente per questa zona era a Campobasso. Dopo le tragiche vicende della seconda guerra mondiale, fu costruita una caserma forestale con alloggi ed uffici. Attualmente ospita un reparto di sorveglianza della Riserva naturale di Montedimezzo. Un piccolo museo naturalistico, con centro visitatori e strutture per la cura e il recupero della fauna selvatica ferita, costituiscono una "bella cartolina" per i visitatori. Nella splendida vallata a nord i Borboni avevano costituito una azienda idonea ad ospitare cavalli per l'alpeggio. Dalla metà del '700 crearono una razza governativa di Persano, «le cui migliori fattrici venivano portate al pascolo fresco e ricco di Feudozzo». Un lavoratore deceduto nel 2020, ricorda il dott. Potena, «gracile e malaticcio (diventato poi un omone)», venne ospitato nel Quartier Generale alleato, a Feudozzo per tutta la durata della permanenza dei militari.
Dopo alcuni anni, l'azienda sperimentale "La Torre di Feudozzo" diventa una delle più belle aziende italiane per la selezione della razza bovina da latte Brown Suisse. «Una scelta fatta di buoni rapporti istituzionali e anche personali, ha prodotto molto in termini di miglioramento, di maggior benessere delle comunità locali, di diffusione di buone tecniche produttive, di diffusione di soggetti bovini ed equini, di sicura sanità e di provenienza certificata – scrive il dott. Potena. – Tutta l'azienda venne messa in ordine, anche lo storico caseificio arrivò rapidamente a livelli di qualità molto alti». Commenta una signora anziana, contadina e allevatrice di zona, proprietaria di due sole decine di bovine: «Dottó, da quando faccio il formaggio come te, ho visto una lira a casa mia».
Le vicende del Feudozzo si sono sempre intrecciate con le comunità locali, in particolare con San Pietro Avellana. Nel 1989 accadde un evento forte, la cui potenza emotiva permane ancora. Un uomo pio e osservante frequentava l'Eremo di S. Amico, protettore del paese. Mancava una statua della Madonna e pensò di acquistarne una in lega metallica, alta 80 centimetri, e donarla alla Chiesa di S. Amico. I vecchi della congrega non furono d'accordo: «S. Amico si arrabbia, ché la gente poi va in chiesa e prega la Madonna e non più me». La statua fu lasciata in casa di una vecchia zia in paese, posizionandola su un comò in sala da pranzo. Nel 1991 una giovane donna chiese di piantare un tronco sul piazzale centrale di Feudozzo, per posizionarci la statua. Aveva avuto un sogno: la Madonna le avrebbe detto di voler «stare alla luce, al sole ed alla Settestrade». L'amministratore dell'azienda, dopo aver consultato i vescovi di Trivento e Sulmona, per evitare false interpretazioni sui sogni e divulgazioni incresciose, permise che la statua della Madonna venisse posta sul piazzale aziendale, eretta sul tronco e affidata alle preghiere dei lavoratori e dei passanti. «Si montò un pilastro in pietra, derivante dai ruderi di un'antica basilica di Castel di Sangro, si fissò sul pilastro la statua della Madonna. Un altare in pietra accanto al pilastro venne costruito usando solo materiale di recupera edilizio». I blocchi lapidei recuperati dal ponte demolito accanto al convento della Maddalena, scolpiti a mano in epoca romana, vengono impiegati per la costruzione della Cappella. Nel convento della Maddalena «è documentata la permanenza di Pietro Angelerio, unico papa del Molise, col nome di Celestino V». La Cappella, lunga 9 metri e larga 5, fu ampliata con gradinate in pietra sul lato sud, portandola a circa 90 posti. Alla porta di ingresso si antepose una piccola tettoia di accesso, con sovrastante timpano in vetri colorati ideati dall'artista locale Roberto Di Iullo. In una semplice struttura metallica venne installata una campana d i circa 30 cm. di diametro, fusa dalla millenaria Pontificia Fonderia Marinelli.
«La vita della chiesetta scorre serena, armonica e molto sentita». Il 14 ottobre 2019 con una liturgia viva e partecipazione emotiva, celebrata da mons. Santo Marcianò, arcivescovo ordinario militare per l'Italia, da don Claudio Recchiuti, cappellano militare dei Carabinieri per l'Abruzzo e il Molise e da alcuni canonici, ha avuto luogo «il rito di dedicazione della Cappella a san Giovanni Gualperto, patrono dei Carabinieri Forestali». «Non nobis sed soli Deo honor et gloria» (non a noi ma solo a Dio ogni onore e gloria): con questo semplice auspicio di fede e di gioia si chiude il testo di Giovanni Potena. Chiesa eretta in onore della Madonna della Vita, «confermando, anzi riaffermando la comune fede nella Incarnazione del Signore Gesù, per il tramite della Vergine Maria». Una indicazione stradale, che precisa il luogo della Cappella suggerisce: «praetereunde cave, ne sileatur ave» (passeggero che prosegui oltre, non tacere di invocare ave Maria). Il saluto, la sobrietà delle parole, la fiducia che non cerca la gratificazione psicologica del «fare una bella preghiera», indicano l’abbandono alla Madonna della vita, «che intercede per i credenti secondo i disegni di Dio» (Rm. 8,27). È luce ai nostri passi, guida nel cammino che, oltre ogni nostra resistenza, ha il potere di santificarci e vivere nella gioia. Maria, Madre della pietà, Regina della preghiera, Patrona della vita interiore, prega per noi.
Il libro del dott. Giovanni Potena ha una dedica iniziale: «Al mio don Ninotto che ha un posto di rilievo nel mio cuore e nei miei ricordi. Giugno 2023». Avere un posto di rilievo nel cuore e nei ricordi sottolinea l'amicizia e la stima, la scoperta di un'affinità interiore, puramente gratuita, ma sufficientemente forte, per "far durare nel tempo" l'affetto e la relazione profonda. Non relazione fugace e passeggera, ma stabile e salda, che matura nel tempo e porta a sentire il bene dell'amico con intimità, che si condivide in sincerità e fiducia.
La chiesetta eretta alla Madonna della Vita tesse insieme due temi, la mamma, e la vita. Combina a fin di bene tutte le realtà umane e divine. Nel manto della Madonna di Guadalupe Dio ha tessuto, con il filo delle impronte meticce della sua gente, il volto della sua manifestazione nella Madonna. Ogni filo trasfigurato assume le sfumature che risaltano il loro posto intessuto con altri fili. La misericordia fa la stessa cosa con noi: ci dipinge dall'esterno con una faccia buona, con i fili delle nostre miserie, e ci tesse in modo tale che l'anima si rinnova, ricuperando la sua vera immagine, quella del Figlio Gesù. La misericordia sa vedere la totalità e intuisce ciò che è più necessario.
Congratulazioni e complimenti a Giovanni Potena che, in sintesi armonica e con linguaggio chiaro, ha ripercorso i tempi e i luoghi del Feudozzo, con particolare riferimento alla Madonna della Vita, nel cui manto Dio, come nel manto della Madonna di Guadalupe, ha tessuto il filo delle impronte del suo popolo e della sua gente molisana e abruzzese, nel suo volto di Madre della vita e della misericordia.
Osman Antonio Di Lorenzo