L'identità culturale di un popolo è l'insieme degli elementi genetici, fisiologici, che quel popolo ha e, insieme, i mutamenti prodotti dalle scelte fatte o subite, dalle stratificazioni culturali che, nel corso dei secoli, si sono disposte una sull'altra nella storia di quel popolo. Le due cose non sono mai disgiunte. Io, per esempio, mi mangio la pezzata come mio zio di Capracotta ma poi, quando sono stato in Argentina, ho imparato anche a mangiare il vitello al brodo come a Miguel, il mio compagno di stanza a Rosario. La pezzata l'ho avuta geneticamente, il brodo di vitello è stato un fatto culturale.
Alcuni movimenti di lavoro del corpo dei contadini meridionali, impegnati nella cura della vite, sono identici a quelli dei contadini greci. Ruzzone sarchia come a Kalamarata, un amico mio di Lucito che viene da Salonicco. Partendo da un momento di convidisione del lavoro, quei gesti si sono trasmessi per via culturale, insegnati dai padri ai figli, passando di generazione in generazione.
Altri movimento del corpo - gesti propriamente fisici che possono essere considerati addirittura elementi caratteriali, di stile (muovere la mani, sedersi, camminare ecc.) - vengono invece trasmessi geneticamente.
L'identità (naturale e culturale) del Molise del 1963 era una cosa. Quella del 2004 è la somma di quella del 1963 e dei quarant'anni di Democrazia Cristiana che hanno modificato in maniera importante il DNA del popolo molisano.
IM2004 = IM1963 + DC40
Le scelte politiche e culturali, nel lungo periodo, producono modificazioni genetiche. Ruzzone era figlio di un ramaio di Agnone: attonnava attonnava finché non usciva la forma che diceva lui. Da quando sta con me, e ci sta da quarant'anni, dice pure qualche endecasillabo. Una volta il critico Strippone, al premio di poesia di Petrella, disse che Ruzzone scriveva versi tondi e morbidi. Ecco: Ruzzone è un poco poeta perché è stato con me e un poco attonnatore perché il padre faceva il ramaio. Se l'Università del Molise diventasse uno "stipendificio" - considerato e resto tale da docenti che partono da Roma Termini alle tre del pomeriggio, fanno lezione alle sei del pomeriggio e ripartono con il treno delle otto - ci ritroveremmo da cinquant'anni a parlare di una certa identità molisana:
IM2054(1) = IM1963 + DC40 + UMST50
dove UMST50 sta per "Università del Molise 50 anni di stipendificio".
Se invece l'Università del Molise diventasse un luogo importante di cultura, con i docenti disposti a vivere la nostra realtà, a rimanere fisicamente in Molise, a partecipare alle scelte culturali e politiche, a dare il proprio contributo di scienza e di idee anche in dibattiti come questo, ci ritroveremmo, tra cinquant'anni, un Molise diverso e una diversa identità:
IM2054(2) = IM1963 + DC40 + UMCUL50
dove UMCUL50 sta per "Università del Molise 50 anni di cultura".
Ecco perché è tanto importante il ruolo del politico: perché dipende da lui se l'Università del Molise, nei prossimi anni, sarà un luogo di cultura o uno stipendificio. E se me ne frega di una qualche identità, quella che mi interessa di più è proprio quella del 2054 che la possiamo costruire e non quella di oggi che sta già bell'e fatta.
L'identità della Toscana ai tempi di Dante era una cosa; dopo l'esperienza di Lorenzo il Magnifico è diventata un'altra cosa.
Noi abbiamo Michele Iorio che, prima di fare il politico, faceva parte de' Medici, nel senso che faceva il medico. E di Magnifico teniamo il rettore Cannata.
«Frekate», direbbe Ruzzone che tiene un cugino a Pescara. Io dico solamente: tanti auguri Molise.
Giovanni Petta
Fonte: G. Petta, Turzo Ten. Dieci anni di Molise nella cantina Iammacone, Il Bene Comune, Campobasso 2011.