Una passeggiata di studi al Monte S. Nicola di Capracotta, anni fa... giovani altosangrini e il gruppo speleologico de L'Aquila... una gita avventurosa su quel monte e... tre cose interessanti:
le mura ciclopiche;
la cava di rocce a strati, tagliate naturalmente;
la grotta di San Nicola.
Iniziammo la ricerca della grotta; per questo motivo ci si sparse alla ricerca della sua entrata, su per il monte, ma, per un bel po' la ricerca fu vana. Sali e scendi su crinali rocciosi, gira di qua, gira di là, ma l'ingresso alla grotta restava introvabile. Oramai ci si andava convincendo che la giornata sarebbe stata infruttuosa, sprecata. Le mura ciclopiche, intanto, stavano lì, immote e salde, su uno sperone di strati di roccia tagliate e spezzate naturalmente, tipo basi di strade antiche, tanto che le scambiammo per una antica strada dismessa, disastrata, sconquassata. Dovemmo ricrederci quando potemmo notare che le rocce erano tagliate tutte con precisione, tutte eguali, ed erano posizionate in strati sovrapposti tanto da sembrare una casa di pietre. È molto probabile che molte di quelle rocce furono, nei secoli successivi, utilizzate per lastricare le strade romane o medioevali.
La grotta restava introvabile.
In lontananza, in basso, notammo un vecchio pastore che pascolava le sue pecore. A lui ci rivolgemmo, inviandogli un messaggero, per ottenere informazioni sulla benedetta grotta. Intanto, in attesa di risposta, ben pensammo di sbracarci tra le rocce, sull'erba per riposare, per riprendere fiato, per rifocillarci e dissetarci con le scorte alimentari con noi portate.
Il pastore risalì, venne da noi con l'amico e, tra un sorso di acqua e un panino abbondante, ci indicò a monte il punto esatto tra rocce e alberi dove, a suo dire, era l'ingresso. Per non fare, di nuovo, una risalita infruttuosa alla ricerca dell'ingresso esatto (per nostra esperienza, sei sicuro di aver trovata una grotta se... ci caschi dentro!), invitammo il buon pastore a seguirci e accompagnarci... ma rifiutò nettamente. Non volle affatto, anzi, tanto era timoroso di proseguire oltre un certo punto: la grotta, per lui, era un luogo pericoloso, abitato da streghe e diavoli; era meglio starne, quanto più possibile, alla larga.
Fiduciosi, salimmo fino al punto indicato con tutta l'attrezzatura necessaria alla bisogna: corde, funi, scalette, caschi e tute. Arrivati, tra la vegetazione apparve un roccione con una vistosa spaccatura che si allargava in uno squarcio di antro nero, nero come il carbone. Chissà quale buon diavolo aveva mandato quel pastore; fu la nostra fortuna. Un'aria gelida, umida, ma pura e salubre, ristorò presto le nostre fatiche; nel nostro animo subentrò presto la voglia di visitare quella grotta, penetrarla ed esplorarla con gioia.
Il più intraprendente degli esploratori, con coraggio da vendere, si infilò subito dentro il pertugio nero della grotta e iniziò a scendere nel corridoio angusto e serpeggiante che si calava verso il basso, snodandosi sempre in discesa. Era un budello di roccia spaccata e stretta e alta abbastanza da essere percorribile dal primo e dagli altri che seguivano in fila indiana, al lume della luce dei caschi. Si scese parecchio, senza sorprese; mancavano all'appello streghe e diavoli... così ci riferiva il primo, capocordata punta di diamante, che, andato avanti, non si faceva raggiungere: ai nostri ansiosi richiami, la sua voce si faceva sempre più fioca. Si giunse a un punto in cui l'apertura della grotta si restringeva molto, rendendo difficile il proseguimento; l'amico apri-strada, spericolato in ogni azione di ricerca e visita di grotte, smilzo ma energico, incurante, era andato oltre senza aspettarci. Era andato avanti, nella strettoia, per verificare se la grotta avesse una fine, se la spaccatura terminasse o potesse aprirsi verso qualche altro antro aperto, grande.
Da lontano sentivamo la sua voce rassicurante ma sempre più flebile. Le nostre preoccupazioni salirono alle stelle e il pensiero che potesse accadergli qualcosa si impossessò di noi: poteva ferirsi, poteva rimanere incastrato fra le rocce e non riuscire a tornare indietro mentre nessuno di noi avrebbe avuto la possibilità di soccorrerlo o raggiungerlo per salvarlo: avevamo, tutti, un fisico più grande e grosso, tale da non permetterci di proseguire per raggiungerlo. La situazione era diventata difficile ma non avevamo altra possibilità che restare calmi, sperare che niente di brutto fosse successo e che si decidesse a tornare indietro sano e salvo, per la nostra pace e la sua e la nostra salute.
Passò tanto, troppo tempo, ma pian piano, al nostro richiamo, cominciò a rispondere e a farsi sentire sempre più forte. Finalmente si appalesò, stanco e affaticato ma vivo e sano...
Riferì che la grotta continuava ma la spaccatura era impercorribile, si restringeva sempre di più e che nel percorso fatto, contorcendosi come un'anguilla per andare avanti, non aveva trovato né streghe, né diavoli. La grotta, con la sua spaccatura, proseguiva nelle viscere della montagna, inesorabilmente sempre più in basso, viscida, bagnata e fredda ma con una aria respirabile, buona.
Uscimmo dalla grotta e tornammo alla luce, tutti sudati, stanchi e bagnati dallo stillicidio delle acque, ma anche adirati per il comportamento del nostro amico sventato. D'altra parte non potemmo non elogiarlo, perché era stato l'unico a penetrare, fin dov'era possibile, la grotta, a calcolarne la distanza dall'ingresso fino alla sua profondità. La grotta era stata studiata e censita e le rilevazioni effettuate furono messe a disposizione del gruppo speleologico de L'Aquila.
Tornammo alla luce...
Il pastore non se ne era andato; aspettava i profanatori della grotta e voleva il responso; voleva sapere cosa nascondesse la grotta e, in particolare, voleva sapere se in essa ballassero streghe e diavoli. Rimase sollevato dal nostro racconto e mise da parte le preoccupazioni e le paure: un sorriso apparve sul suo viso bruciato dal sole e dalle intemperie. Lo lasciammo contento...
Raffaele Buzzelli
Fonte: https://www.altosannio.it/, 17 marzo 2018.