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Il culto della Madonna di Loreto


Carmelo Sciullo
Don Carmelo Sciullo e la "sua" Madonna.

Il mio speciale e personale contributo si riferisce soprattutto al ricordo dei miei quindici anni di vita trascorsi completamente nell'amata Capracotta.

Affermo subito che la "Madonna" era di casa in ogni nostra famiglia, perché era nella mente, nei cuori di tutti noi, piccoli e grandi. Se si parlava della Madonna, o si invocava il Suo aiuto e la Sua materna protezione ci si riferiva alla nostra Mamma celeste, invocata proprio "Madonna di Loreto". Essa, era ed è, per antonomasia, la Madonna, pur sapendo che sono molti i nomi ed i titoli attribuiti giustamente a Maria Santissima, Madre di Gesù e di noi tutti.

Dai nostri genitori eravamo affidati alla Madonna; stava a noi impegnarci a perseverare nell'amore filiale verso la celeste Madre, vivendo in armonia con la nostra crescita fisica, intellettuale e morale. L'ambiente capracottese era abbastanza favorevole per andare avanti con fiduciosa speranza nella buona riuscita della nostra vita.

Come la vòria, il vento favorevole che riempiva le spighe di grano, così, per noi, erano i gesti tradizionali di vero culto verso la Madonna, che ci premiava con la sua benedizione, invitandoci a riviverli con impegno di amore.

Ecco alcuni "segni di culto" della Madonna.

Ricordo l'offerta dei fiori nel giorno della Prima comunione. Le suore del Preziosissimo Sangue, con molta cura, ci preparavano a ricevere con fede Gesù Sacramentato. Gran festa in chiesa ed in famiglia, qualche fotoricordo senza distrazioni fuorvianti in quel momento di gioia spirituale. Nel pomeriggio tutti noi della prima comunione tornavamo all'Asilo ed insieme alle suore e parenti, in processione, cantando e pregando arrivavamo ai piedi della Madonna per offrire i fiori e rinnovare il nostro amore filiale per Lei.

Altro segno di culto, che "toccava" tutto il paese, era la "questua". A suon di campanello per le strade di Capracotta.

In tutti i primi sabati del mese, ed in particolari occasioni, il custode del Santuario, l'ottimo signor Vincenzo (che da tutti era chiamato "Vincenzo della Madonna") usciva, tempo permettendo, di buon mattino e, camminando con una certa difficoltà, aiutandosi con il bastone (aveva una gamba di legno), col "tocco" del grande campanello che pendeva dal suo polso invitava i fedeli a dare liberamente una offerta. E lo facevano volentieri, baciando con amore l'immagine della Madonna fissata sulla cassetta delle offerte. Camminava senza parlare, salutando tutti ed offrendo a tutti l'immagine da baciare. Frequentavo la quinta elementare e ricordo che il mio maestro era Ottorino Conti, molto devoto della Madonna. Quando sentiva il suono del campanello, metteva la mano nel taschino della giacca e dava alcune monete ad uno di noi alunni per portarle alla Madonna. Per noi queste erano testimonianze di fede che ci aiutavano a crescere nell'amore verso la Madonna. Nel Santuario vicino all'altare c'era la lampada votiva che ardeva giorno e notte. Quando il signor Vincenzo notava che l'olio stava per finire, portava con sé, per la questua, anche un recipiente che man mano si riempiva d'olio: la lampada votiva era il segno del costante pensiero delle famiglie verso la Mamma celeste che vegliava su di esse (come premio, per intercessione della Madonna, Dio donò alla famiglia di Vincenzo Di Nucci un figlio sacerdote, don Gennarino).

Durante il giorno, fino alla tarda ora della sera, la casa della Madonna era aperta e c'erano sempre fedeli a pregare, mentre i passanti vi entravano almeno per un saluto filiale. La festa solenne dell'8 settembre veniva ogni anno preparata con una novena. Ad una certa ora del pomeriggio il parroco, don Leopoldo, in cotta e stola usciva dalla Chiesa Madre, preceduto dalla croce portata da un uomo o dal sagrestano e con al lato il signor Michelangelo e il signor Vincenzo, l'organista. Questo piccolo gruppo andava verso il Santuario pregando e cantando "Dio ti salvi o Maria". Man mano i fedeli si univano formando una ordinata processione, insieme ai devoti che venivano dall'altro capo del paese, partecipando numerosi alla "novena". Ora ogni tre anni si celebra la festa dell'8 settembre, prima ogni anno, e i capracottesi sparsi dappertutto, in Italia e fuori, tornano felici.

Negli anni della mia fanciullezza prima della solenne processione e dell'omaggio dei cavalli alla Madonna ferma sulla gradinata, c'era anche il saluto dell'Angelo che uscendo dalla finestra, quasi venisse dal cielo, si avvicinava alla Madonna in segno di omaggio. Tutti battevano le mani, glorificandola Madre celeste.

La devozione alla Madonna ha suggerito ai vari genitori di chiamare Loreto il figlio e Maria Loreta la figlia. Per le famiglie emigrate, come quella di mio zio Antonio, il motivo era di rimanere per mezzo della devozione o ricordo della Madonna uniti spiritualmente a noi parenti o paesani ed alle sane tradizioni. L'ultima mia cugina nata in Argentina nel 1915 si chiama Maria Loreta. Ci vorrebbe un capitolo a parte per ricordare la devozione dei nostri sfollati in Puglia che pregavano la Madonna per ottenere la grazia di un pronto ritorno a Capracotta.

A Fasano (Brindisi) la Madonna, invocata da me e dagli sfollati presenti, fece ad un bambina di nome Raffaella la grazia di riunirsi ai genitori, che io trovai a Castellaneta, provincia di Taranto. Ciò è annotato in un quadernetto, depositato ora, con altri miei documenti, nell'archivio comunale. Dopo vent'anni circa a Capracotta mi si avvicina una signora e mi dice: «Io sono Raffaella Sozio».

Anche se molto ancora si potrebbe dire, questi sono più o meno i poveri ricordi e pensieri riguardanti il culto dei carissimi compaesani verso la nostra Madonna.

Mia mamma quando non poteva recarsi al Santuario, si avvicinava alla finestra e guardando verso il "Monte" cantava: "Andrò a vederla un dì"...

Non dimentichiamo che la Madonna ci presenta Gesù, che è la Via, la Verità e la Vita. Essa intercede perché ciascuno di noi non perda la via e se, sfortunatamente, l'ha persa la ritrovi tornando a Capracotta avvicinandosi con amore filiale e fiducioso alla Piena Grazia.

Beneaugurando di rivederci ancora qui e poi in Paradiso sempre con la Madonna.


Carmelo Sciullo

 

Fonte: C. Sciullo, Il culto della Madonna di Loreto, in «Voria», II:4, Capracotta, settembre 2008.

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