Il maggior risultato raggiunto nel Regno di Napoli in merito alla pubblicazione di libri elementari di matematica fu il Saggio di un Corso di matematica per uso della Reale Scuola Politecnica Militare, pubblicato in dodici tomi tra il 1813 e il 1815 nella Stamperia Sangiacomo della stessa scuola.
Il tomo I Aritmetica e il tomo II Algebra sono dovuti a Giovanni Rodriguez, professore primario ed esaminatore della scuola. Il tomo III Planimetria (Geometria piana) e il VI Planimetria (Trigonometria piana) sono opere di Ferdinando De Luca (insieme al tomo V che contiene la geometria analitica del piano). I tomi VII e VIII, che riguardano la geometria analitica in tre dimensioni e il calcolo differenziale e integrale, sono dovuti a ottavio Colecchi. Il tomo IV (Stereometria o geometria solida) e il tomo IX (Geometria descrittiva) sono opere di Gaetano Alfaro; il X (Meccanica) e l'XI (Idrodinamica) sono di Nicola Massa. Infine, il XII e il XIII (Trigonometria sferica, Astronomia, Geografia matematica) sono di Tommaso Farias.
L'Aritmetica (Rodriguez) tratta le operazioni tra numeri interi, le frazioni, le frazioni decimali, i numeri complessi ossia le grandezze non decimali (come i gradi, le misure del tempo, la monetazione non decimale), la regola del tre, i sistemi di misura.
L'esposizione della geometria piana (De Luca) non segue il modello euclideo e nemmeno procede con un ordine rigoroso come il Legendre. Si ha piuttosto un'esposizione per problemi come il settecentesco manuale di Clairaut. Il capitolo II è dedicato all'incontro di tre rette «ossia de' triangoli rettilinei», il capitolo III agli incontri di più rette, cioè ai poligoni e in particolare ai parallelogrammi. Il capitolo IV tratta dei cerchi, delle tangenti ad essi, dei poligoni regolari iscritti. Il capitolo V della teoria delle proporzioni. Uno degli ultimi teoremi stabilisce che i cerchi stanno tra loro come i quadrati dei raggi (similitudine). Il volume che riguarda l'algebra (Rodriguez) contiene un'esposizione assai più estesa di quella dell'aritmetica e della geometria: operazioni su monomi, polinomi, equazioni algebriche in una indeterminata, sistemi di equazioni lineari, radici reali di un'equazione comprese tra due numeri dati, serie, serie ricorrenti.
Napoli, che restava la più grande città d'Italia, continuò ad essere una delle sedi maggiori dell'editoria scolastica. Diversi libri di matematica vi furono pubblicati nel primo Ottocento.
Tra questi: Istituzioni di Aritmetica (Napoli, 1811) e Algebra di Domenico Angeloni, Elementi dell'Agrimensura (Napoli, 1802) di Giuseppe Rosati, Elementi di Aritmetica (Napoli, 1813) di Giovanni Gaeta, Trattato di numeri e corso elementare di Aritmetica e Algebra (Napoli, 1814) di Antonio Benci, Elementi di matematica (Napoli, 1816) di Anselmo di Ciò.
Un altro trattatista fu Carlo d'Andrea, professore di algebra superiore al Collegio Militare, che tradusse anche il Riassunto delle lezioni date alle Scuole di Ponti e Strade su l'applicazione della Meccanica di Navier (Napoli, 1836). D'Andrea pubblicò anche diverse opere didattiche tra le quali gli Elementi d'Algebra (Napoli, Reale Tipografia Militare, 1848), dove svolse un'estesa trattazione dei numeri complessi. Sempre un professore del Collegio, Tommaso Mandoi, aveva tradotto gli Elementi di trigonometria piana e sferica di Legendre (Napoli, 1831).
Napoli ospitò anche una ben nota scuola matematica di geometria sintetica, il cui capofila nell'Ottocento fu un allievo di Nicola Fergola: Vincenzo Flauti. Nel 1810 Flauti pubblicò in due volumi il Corso di Geometria elementare costituito per il primo volume dai libri I-VI degli Elementi di Euclide e per il secondo dai libri XI e XII degli Elementi, dal primo libro di Archimede sulla sfera e il cilindro e dall'altro sulla misura del Cerchio. L'Euclide del Flauti, molto curato nella redazione, fu introdotto come libro di testo nei Licei del Regno di Napoli ed ebbe numerose edizioni (nel 1832 si stampava la ventunesima). In tal modo, nel Regno di Napoli, si precedette il ritorno ad Euclide operato da Betti e Brioschi nel 1867. Se non che l'insegnamento pubblico nel Regno era solo una parte (e non sempre la maggiore dell'insegnamento). Fiorivano molte scuole private e in essa si usavano il Legendre e gli altri più moderni testi. Per l'algebra, che non era in Euclide e per l'aritmetica, che era cosa molto diversa dai libri aritmetici euclidei, si ricorreva ad altre opere.
Un testo interessante da esaminare sono le Istituzioni di matematiche pure di Michele Gagliani (due volumi, Napoli, Sangiacomo, 1818). L'autore era professore di analisi sublime e fisica matematica nel Liceo del Salvatore a Napoli, uno storico collegio nel quale nel secolo precedente aveva insegnato anche Nicola Fergola. I due volumi riguardano l'algebra ed erano preceduti da un trattato di aritmetica dello stesso autore. Questi prende le norme da manuali della fine del Settecento (Bossut e Marie), dagli Elementi d'Algebra di Pietro Paoli (un'opera tutt'altro che elementare) e dai libri elementari di Lacroix.
«L'algebra è la scienza che tratta del calcolo, e dei rapporti delle quantità per mezzo di caratteri generali» è la definizione da cui parte. In nota commenta «L'algebra è un'aritmetica di segni, per cui viene chiamata aritmetica speciosa o universale». L'opera contiene il calcolo algebrico, la teoria delle equazioni algebriche (con la risoluzione delle equazioni di terzo e quarto grado), la risoluzione approssimata delle equazioni, elementi di teoria algebrica dei numeri, proporzioni, serie, logaritmi, frazioni continue, applicazioni dell'algebra alla geometria: argomenti che si ritrovano nei corsi universitari di introduzione al calcolo sublime. L'autore spesso introduce note storiche che consentono l'individuazione delle fonti: oltre ai trattati citati, opere di Eulero, Lagrange, Newton, Clairaut, l'Hospital. Il riferimento principale è probabilmente costituito dai complementi d'algebra di Lacroix.
Se è già difficile seguire le scuole pubbliche lo è ancora di più esaminare gli insegnamenti matematici nelle scuole private che dopo la parentesi "statalista" dei governi napoleonici rinacquero a Napoli fiorenti in quasi tutte le discipline. Un'opera predisposta «da un professore di matematica e di filosofia per uso della sua scuola privata» sono Gli elementi di Geometria piana composti da Vito Caravelli, edizione seconda, Napoli, Sangiacomo, 1815.
Il professore privato voleva evitare agli allievi i difficili volumi del Flauti e voleva stare sul sicuro. Di qui il riferimento ad uno dei maggiori trattatisti napoletani di fine Settecento. Se non che ormai gli Elementi di Vito Caravelli (1724-1800) mostravano tutti i loro difetti: esposizione acritica degli assiomi, scarsa precisione. L'operazione astuta di recupero proponeva di fatto agli allievi un'opera superata.
Durante la permanenza dei Borboni in Sicilia i libri elementari di matematica (pochi) sembrano ancorati a modelli tardo settecenteschi. Si veda ad esempio Raccolta di teorie diverse esposte sotto l'enunciazione di quei problemi che sono dati a risolvere nelle lezioni di Matematiche dell'ab. Marie, del cav. Sammartino, tomi I-II, Catania, Bisogni, 1808.
Luigi Pepe
Fonte: L. Pepe, Insegnare matematica. Storia degli insegnamenti matematici in Italia, Clueb, Bologna 2016.