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Intervista a Maria Di Loreto Barrassi


Maria Di Loreto Barrassi
Maria Di Loreto con Giorgio Almirante (1914-1988) ad Agnone.

Agnone.

"Un voto di coraggio per una donna di coraggio", era lo slogan elettorale di Maria Di Loreto Barrassi, storica esponente della destra molisana, una donna tutta di un pezzo che ha pianto solo quando ha visto spegnersi, a Fiuggi, la fiamma del Movimento Sociale Italiano e che oggi, se vede Gianfranco Fini in televisione cambia canale.

 

Domanda: – Preside Barrassi, ci può parlare della sua formazione e della carriera scolastica?

Risposta: – Ho fatto le elementari ospitata da mia zia a Fossacesia. Mi alzavo alle cinque di mattina e percorrevo dodici chilometri a piedi fino a Lanciano. Erano strade molto pericolose. Mi nascondevo quando passavano i camion militari, le brigate marocchine erano temutissime, ma c'era anche il pericolo delle mine. Dopo la sospensione bellica ottenni il diploma di maturità classica, ma con quel titolo non si poteva insegnare, con grande sorpresa di mia madre. Dopo due anni il diploma magistrale.

D: – Ed ha cominciato ad insegnare.

R: – Ho guadagnato il mio primo stipendio insegnando al corso di scuole popolari per analfabeti di ritorno. Poi le scuole elementari di campagna, Collesente, le masserie Zarlenga. È stata quella la mia università. Poi le medie ed il liceo. Ricordo tra i primi allievi Maria Libera D'Aloise, le sorelle Lucci, l'ingegnere Mastronardi, Enzo Di Pasquo, Filippo Carnevale. Pur continuando a insegnare nel 1960 conseguii la laurea in Lettere moderne e più tardi, sfruttando un periodo di convalescenza, in Giurisprudenza, tutto da autodidatta.

D: – È stata insegnante di lettere e poi preside.

R: – Sì, sono stata preside ma mi ferì molto, dopo due anni, essere rimossa dalla presidenza dell'Itis di Agnone. Ma non ho mai mollato, ho chiuso la carriera scolastica come preside, per quindici anni, del Liceo scientifico Giovanni Paolo I, che ho lasciato per diventare giudice di pace.

D: – È stata preside nei tempi della contestazione, quando moltissimi giovani erano di sinistra.

R: – Non condividevo la strumentalizzazione politica che veniva fatta di quei giovani, o la pretestuosità di certi scioperi fatti solo per saltare le lezioni o evitare compiti in classe. Ero severa, è vero, ma quando occorreva difendevo i miei studenti.

D: – Come avvenne l'incontro con la politica attiva?

R: – Condividevo con persone come Ippolito Amicarelli, i Melloni, il maestro Vittorio Delli Quadri alcuni valori fondamentali: "Dio, Patria, Famiglia". Così quando nel 1970 l'avvocato Giovanni Marinelli suggerì all'onorevole Riccio di candidarmi alle elezioni provinciali accettai, a patto di non fare comizi. Venni eletta.

D: – Poi è diventata una grande oratrice.

R: – Col tempo si impara.

D: – Ricordo che preferiva chiudere le campagne elettorali parlando per ultima, anche rinunciando alla piazza principale.

R: – È vero. Tenemmo una chiusura a Maiella ed una alla Stazione, perché quando sentivo dire nei comizi degli altri cose che non andavano mi irritavo ed in quel modo potevo rispondere.

D: – Fu eletta alla Provincia e poi a lungo come consigliere comunale di Agnone.

R: – Sono stata anche candidata più volte alle elezioni politiche, sempre come capolista tranne quando si candidò il dott. Leandro Carile di Campobasso. Quando raggiungemmo il 16% dei voti Almirante, al teatro Petruzzelli di Bari, mi portò come esempio ed ebbi una autentica ovazione.

D: – Non erano molte all'epoca le donne in politica.

R: – Sono stata la prima donna molisana ad accettare un incarico politico e nel partito non ho avuto nessuna difficoltà. Piuttosto ho sacrificato tanto tempo alla famiglia, ma mio marito Mario, che pure era compaesano e molto amico del deputato Dc Sedati, ha sempre condiviso il mio impegno. Per non parlare di mio fratello Cenzino, assieme angelo custode e guardia del corpo. Ma dopo la morte di mia sorella ho scelto di abbandonare la politica attiva.

D: – Cosa pensa delle quote rosa?

R: – Credo che una persona debba essere valutata per le sue qualità per la sua intelligenza e non per il genere maschile o femminile.

D: – Quello della Dc era un regime?

R: – Tenevano tutto sotto controllo. Era un sistema clientelare che umiliava i giovani e li teneva avvinti a un potere esercitato a 360 gradi. Tanti giovani si avvicinavano a noi ma le famiglie, preoccupate del loro futuro, della loro sistemazione li allontanavano per tornare alla Dc. Un esempio: portammo con la nostra automobile delle persone vicine al patronato di Isernia per la pratica della pensione. Tutto bene, ma ci chiesero di farci scendere alle porte del paese, per non farci vedere insieme, al che Mario, mio marito, gli disse che avrebbero fatto molto meglio a dircelo a Staffoli. Quando riuscivamo poi a ottenere per loro quanto gli spettava, molti venivano da noi, che naturalmente rifiutavamo, offrendoci parte della pensione, in assegni o se necessario in contanti, perché a quanto pare "si usava così".

D: – Ma con la DC condividevate l'anticomunismo.

R: – Non so quale anticomunismo fosse il loro.

D: – Con i comunisti era scontro frontale ma vi accomunava l'opposizione alla Dc.

R: – Del comunismo non mi piaceva l'ateismo, il livellamento; non credevo in quel sistema economico e nella mancanza di libertà. Ricordo il deputato comunista Felice Carile che mi vendeva sempre il primo biglietto della sottoscrizione per la Festa de L'Unità. Era una persona di grande onestà intellettuale, che credeva in quello che faceva.

D: – Come visse gli anni di piombo, l'epoca del terrorismo rosso e nero?

R: – Ho sofferto moltissimo in quel periodo. Ricevetti minacce telefoniche ed i carabinieri mi assegnarono una scorta. Mi accompagnavano nel percorso tra casa e scuola, non potevo neanche fermarmi per fare la spesa. Dopo cinque giorni chiesi loro di smettere. Noi comunque eravamo assolutamente contro la violenza e l'estremismo, qualsiasi colore gli venisse attribuito.

D: – Conosceva bene Giorgio Almirante?

R: – Mi voleva bene, mi paragonava a Golda Meir, la statista israeliana, ma era molto severo. Quando venne ad Agnone lo accogliemmo con un ricco banchetto all'albergo Italia di Ilario Busico e ce facette brutte: «E voi credete di parlare alla gente con tutto quello che avete mangiato?». Infatti dovevamo fare altri comizi ed una riunione, a Isernia, dove un nostro iscritto, arrivato in ritardo, lo interruppe con un sonoro: «Viva il Duce» accompagnato dal saluto romano. Almirante lo gelò: «Nel Msi non c'è posto né per i pazzi né per gli ubriaconi».

D: – Un momento memorabile fu il comizio tenuto in Agnone da Almirante.

R: – Venne in Agnone nel '72 per inaugurare la sezione, ci fu una grande partecipazione da tutta la regione. Ci spostammo dalla Chiesa di Sant'Emidio a piazza Vittoria dove c'era il comizio ed in coda ci furono effettivamente degli scontri con militanti di sinistra che poi ci accusarono di avere svolto un corteo non autorizzato.

D: – È mai stata in pellegrinaggio a Predappio, per visitare la tomba di Benito Mussolini?

R: – Certamente, soprattutto per un sentimento di pietà umana per uno statista ucciso dopo aver goduto del consenso della stragrande maggioranza degli italiani, compresi tanti che poi sono diventati antifascisti. Fu appeso a testa in giù, ma dalle sue tasche non uscì neanche una moneta.

D: – Siete sempre rimasti all'opposizione. Con quali risultati?

R: – Non siamo mai stati sfiduciati. Anche un voto in più significava che gli italiani si svegliavano. Dal punto di vista pratico abbiamo aiutato tante persone. Anche con il concorso di Alfonsino Bartolomeo, socialista, riuscimmo a far costruire l'edificio dell'Istituto tecnico industriale. Mi infastidiva però il fatto che molti pensavano di utilizzarci per cavare le castagne dal fuoco, raccontandoci questa o quella malefatta della Dc senza avere il coraggio di esporsi pubblicamente.

D: – Che differenze trova tra la Prima e la Seconda Repubblica?

R: – Sono uguali. È tutto un sistema nato corrotto.

D: – Dell'abolizione delle Province?

R: – Io abolirei anche le Regioni, privilegiando lo Stato centrale e le piccole aggregazioni di Comuni.

D: – Un messaggio ai giovani.

R: – Non saprei cosa dire. Una volta li invitavo allo studio, alla cultura, all'onestà ed all'impegno ma mi sembra che oggi né le famiglie né la società né la stessa scuola riconoscano questi valori.


Italo Marinelli

 

Fonte: I. Marinelli, Gli anni di piombo e il rifiuto della scorta. Intervista a Maria Di Loreto Barrassi, in «L'Eco dell'Alto Molise», Agnone, 24 luglio 2015.

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