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L'ustrino di Monte San Nicola


Torre San Nicola
La torre su Monte S. Nicola (foto: A. Mendozzi).

Lo scorso 31 luglio ho organizzato la terza escursione sui luoghi meno conosciuti e più remoti di Capracotta: è stata la volta di Monte S. Nicola (1.517 m.), raggiunto dopo aver oltrepassato le Cese, il Procoio e l'Orto Janiro. L'escursione era necessaria non solo perché sulla vetta di Monte S. Nicola insisteva, almeno fino al XVII secolo - il feudo di Maccla Strinata - l'abitato altomolisano più popoloso dopo la città d'Agnone, ma anche perché quell'abitato nasceva nei pressi di un precedente ustrinum (da cui l'aggettivo strinata), l'area sacra che nella religione romana conteneva il cimitero.

Fino agli scriteriati lavori di posa in opera del metanodotto nazionale avvenuti nei primi anni '90, Monte S. Nicola presentava infatti una ricca stratificazione archeologica di oltre 2.700 anni. Oggi quel che è nettamente visibile sta nei resti di una torre medievale a base quadrangolare - architettonicamente eccezionale - che probabilmente si allineava a quella della Parchesana (qui) e a quella di Monte Miglio in territorio di San Pietro Avellana. Assieme alla torre si scorgono le piante delle abitazioni e dell'antico oratorio di S. Nicola della Macchia (qui). Probabilmente la chiesa benedettina di S. Nicola, edificata attorno all'anno Mille, sorgeva lì dove un tempo stava l'ustrinum principale, il luogo in cui i cadaveri venivano cremati.

In epoca romana, infatti, il rito funebre col quale i parenti, assistiti dagli ustores, bruciavano i corpi dei loro cari, prevedeva che al termine potessero raccoglierne i resti in urne di marmo. Il rito della crematio cominciava con la dispersione di fiori sulla catasta di legno, prima di darle fuoco fra i legittimi lamenti; durante il rogus si versavano sulle fiamme essenze profumate. Spenta la brace, poi, si raccoglievano le ossa combuste del caro estinto e talvolta le si aspergevano con vino. Accuratamente asciugate, venivano infine conservate nell'urna funeraria, a sua volta deposta nel sepolcro assieme a vasetti d'olio e d'unguenti.

Gli ustrina più monumentali erano formati da un recinto quadrato a pilastri di travertino, con inferriata, di circa 30 m. di lato, seguito da un secondo recinto di 23 m., al cui interno vi era una base quadrata di 13 m. per lato. L'ustrinum di Monte S. Nicola era sicuramente più piccolo ed è impensabile che superasse i 10 m. di lato.

Tuttora i nostri anziani ricordano che sulla sommità di Monte S. Nicola, quando c'era da zappare, venivano spesso alla luce ossa umane, a dimostrazione del fatto che quella montagna era adibita a cimitero da tempo incalcolabile. Rispetto agli altri monti capracottesi, utilizzati per il pascolo o per l'eremitaggio, Monte S. Nicola ha dunque ricoperto una funzione diversa, pienamente religiosa, in quanto rappresentava la montagna sacra per antonomasia.

Stando alle prospezioni archeologiche effettuate alle falde del monte da Ivan Rainini sappiamo che a valle (dove nel 1848 fu rinvenuta la Tavola Osca) vi erano strutture in opera cementizia che vanno dal tardo IV sec. a.C. alla metà del I sec. d.C. L'archeologo Bruno Sardella ci ricorda invece che all'interno del centro fortificato di Monte S. Nicola è stata recuperata anche una moneta in bronzo della Roma repubblicana successiva all'89 a.C., sulla quale vi è l'effigie di Saturno, di una prora di nave e, in basso, la scritta "Roma."


Monte San Nicola
La cima di Monte S. Nicola dove passa il metanodotto (foto: F. Mendozzi).

A dispetto di chi, ridisegnando forzatamente i tratti principali della storia antica, ha spostato l'attenzione su Monte Cavallerizzo - dove i resti di mura poligonali testimoniano una struttura militare e non religiosa -, bisogna ribadire con forza che, da un punto di vista storico, la montagna più importante dell'Alto Molise è il S. Nicola, dove Sanniti e Romani andarono assieme a riposare per l'eternità.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • L. Campanelli, Il territorio di Capracotta. Note, memorie, spigolature, Scuola Tip. Antoniana, Ferentino 1931;

  • A. Livarda, R. Madgwick e S. Riera Mora, The Bioarcheology of Ritual and Religion, Oxbow, Oxford 2017;

  • G. Mancini, Le recenti scoperte di antichità a Monte Citorio, in «Studi Romani», I:1, Roma 1913;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;

  • L. Quilici e S. Quilici Gigli, Fortificazioni antiche in Italia. Età repubblicana, Bretschneider, Roma 2001;

  • I. Rainini, Capracotta. L'abitato sannitico di Fonte del Romito, Gangemi, Roma 1996;

  • B. Sardella, Archeologia di Agnone, Scienze e Lettere, Roma 2021.

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