Un vecchio pastore di Capracotta - tanti e tanti anni fa - troppo vecchio per intraprendere un lungo viaggio verso la città, decise di andare a suonare con la sua zampogna nei paesi vicini. Allontanandosi di casa egli disse ai suoi figli e ai suoi nipoti che sarebbe tornato la notte di Natale. Abbracciò, un po’ invidioso, due dei suoi ragazzi più grandi i quali, con lo strumento a tracolla, sarebbero invece andati a Roma.
Il vecchio zampognaro compì il suo giro e quando venne la mattina del 24 dicembre prese la strada del ritorno. Per raggiungere la sua capanna avrebbe dovuto attraversare, sulle montagne, un gran canalone. Un’abbondante nevicata caduta proprio in quei giorni aveva ricoperto tutto di un candido manto e il povero vecchio, arrancando nella neve fresca, s’avvicinava sempre più alla sua casetta. Aveva la bisaccia ricolma di doni per i nipotini, e il suo cuore era pieno di gioia perché anche quell’anno aveva potuto portare il lieto suono della sua zampogna in alcuni paesi dove era conosciuto e stimato per le sue qualità di musico. Affaticato egli raggiunse il canalone: una gola lunga e stretta che si rinchiudeva in uno stretto imbuto. D’un tratto lo zampognaro udì l’ululato dei lupi e ne scorse in lontananza un branco che si dirigeva proprio verso di lui. Rimase inchiodato dalla paura. Le gambe ricoperte dei pellicciotti di agnello si rifiutavano di camminaree intanto le belve s’avvicinavano sempre più. Con un supremo sforzo il vecchio corse verso un albero distante pochi metri. Riuscì ad arrampicarsi fino al primo ramo, proprio in tempo per sfuggire alle zanne dei lupi. Badando bene a dove metteva i piedi lo zampognaro si mise al sicuro sui rami più alti e cominciò a valutare la sua tremenda situazione. I lupi erano cinque, tutti magrissimi, i peli irti, le lingue penzolanti e le gole rosse; s’erano accampati sotto l’albero e di tanto in tanto lanciavano i loro laceranti ululati, ingigantiti dall’eco che rimbalzava sulle pareti del canalone.
Cosa fare? Al calar della notte il vecchio sarebbe morto di freddo. Egli si mise a pregare. Poi ebbe un’idea. Posò le labbra sulle canne della sua zampogna e cominciò a suonare la “Leggenda di Natale”. Le note pareva che non fossero quelle solite: risuonarono con la stessa eco che aveva resto tanto potenti i latrati dei lupi e sembrò che non fosse una sola zampogna a suonare ma cento, mille. I lupi non ulularono più. Infilarono la coda fra le gambe e indietreggiarono, guardando in alto da dove veniva quella musica assordante. Così le belve fuggirono, nel fondo della gola donde erano venute.
Lo zampognaro scese dall’albero e s’incamminò verso casa suonando continuamente. Arrivò davanti alla sua capanna all’imbrunire e la porta s’aprì prima che lui giungesse: avevano sentito gli squilli del suo piffero. Era pallido. Sua moglie, i familiari e i nipotini non vi fecero caso e lui non disse niente. Dopo essersi asciugato un po’ egli sedette accanto al fuoco, imbracciò ancora la zampogna e suonò la leggenda di Natale. La sua vecchia gli si fece vicino e disse che mai lo aveva sentito suonare tanto bene.
La leggenda dello zampognaro di Capracotta finisce qui e riprendo il discorso sui pifferai che scendono di valle in valle, di paese in paese, nel percorrere il loro cammino verso le metropoli. Essi vanno a gruppetti di due o tre. Portano degli altri strumenti agresti d’accompagnamento: il “triangolo” e le “nacchere” e lo “scacciapensieri”. Hanno due tipi di repertorio: le sacre novene e le nenie d’augurio che eseguono nei paesi di campagna.
Per le sacre novene (che comprendono la “Leggenda di Natale”, il “Viaggio doloroso a Betlemme”, il “Dolce e biondo Bambino”, preghiere musicate ecc.) ricevono l’obolo in danaro: la moneta serve loro per sostentarsi durante il viaggio. Con le nenie d’augurio invece è d’uso che si facciano loro doni in natura da portare alle loro case: ciambelle, torroni di Montevergine fatti con il miele di montagna e le mandorle di bosco, grandi pagnotte, salami ecc. E in queste stornellate augurali gli zampognari rivelano tutta una poesia semplice e buona: «Sei sincero come il nostro vino e avrai la benedizione del Santo Bambino», «Bella la mamma, bella la figlia, buon Natale a tutta la famiglia», «Cresci sana e cresci bella e Gesù non ti farà restar zitella».
Bruno Barbicinti
Fonte: B. Barbicinti, I lupi indietreggiarono dinanzi ad una zampogna, in «Orizzonti», IV:1, Roma, 1° gennaio 1952.