Il Maresciallo Osman Carugno, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Bellaria dal 1938 al 1944, fu il principale protagonista, assieme a Ezio Giorgetti, albergatore di Bellaria, del salvataggio di un gruppo di 38 ebrei provenienti dalla Jugoslavia, fuggiti dal campo di concentramento di Asolo, in provincia di Treviso. Per questo gesto di coraggio spontaneo e disinteressato per il quale Carugno, per oltre un anno, espose a rischio la propria vita e quella dei suoi familiari, nell'aprile del 1985 fu insignito dalla commissione dello Yad Vashem, l'Istituto per la memoria della Shoah dello Stato di Israele, del titolo di "Giusto tra le Nazioni".
I 38 profughi ebrei, tra i quali numerosi bambini, donne e anziani, quasi tutti di Zagabria, arrivarono a Bellaria il 13 settembre 1943 per attraversare le linee del fronte, nel tentativo di raggiungere il Sud e guadagnare la libertà. In quei giorni l'Italia stava vivendo i primi momenti dello sfacelo generale che seguì l'armistizio dell'otto settembre e i tedeschi stavano impadronendosi di tutti i luoghi chiave della Penisola.
Il progetto dei profughi sembrava impossibile, ma le loro sorti miracolosamente cambiarono grazie a questi due italiani che, davanti alla loro tragedia, non si tirarono indietro: li nascosero per oltre un anno, prima a Bellaria, in Romagna, e poi a Pugliano, nel Montefeltro, fino all'arrivo degli Alleati e alla liberazione il 24 settembre 1944, provvedendo a tutte le loro necessità.
Osman Carugno non rivendicò mai nulla per sé e si mostrò persino restio a parlarne in famiglia, pago solo della convinzione di aver fatto quello che riteneva giusto.
Osman Carugno nacque nel 1903 a Capracotta, in Molise, dove il padre si era trasferito per assumere l'incarico di segretario generale del Comune. Carugno apparteneva a una famiglia napoletana di antichi sentimenti liberali. Sia il nonno, notaio, che il padre, avvocato, erano esponenti della nuova borghesia risorgimentale. Secondo la tradizione familiare lui e il fratello maggiore, Oscar, avrebbero probabilmente dovuto seguire la stessa "carriera" del padre e del nonno, intraprendendo gli studi di giurisprudenza. Ma quando Osman aveva poco più di dieci anni, suo padre morì e la famiglia subì una serie di traversie. Così i due ragazzi, qualche anno dopo, ormai adolescenti, decisero entrambi di arruolarsi nell'Arma dei Carabinieri: Oscar divenne ufficiale e Osman si arruolò nella scuola sottufficiali divenendo maresciallo comandante di stazione, prima nelle Marche e poi in Romagna. Un incarico che, fin dalla prima nomina, svolse con grande senso di autonomia, cercando di contrastare l'invadenza e le pressioni dell'apparato fascista.
Osman Carugno fu trasferito a Bellaria nel 1938 da Savignano sul Rubicone dove aveva prestato servizio per quattro anni. Era sposato con Linda Zazzarini, insegnante, ed era padre di due figli, allora ancora piccoli: Omar e Maria Diomira.
Dopo lo sbandamento generale dell'8 settembre Carugno decise di restare al suo posto e continuare a comandare la caserma anche durante la Repubblica Sociale Italiana. Mentre la Wehrmacht aveva occupato tutti i luoghi chiave anche in Romagna, egli scelse di porsi come punto di riferimento per il paese, iniziando un pericoloso doppio gioco che lo portò ad affiancare subito i gruppi di resistenza che si andavano formando a Bellaria come in tutto il Riminese: un Gap nato dalla cellula comunista della Cagnona e un forte nucleo di giovani partigiani guidato da Illaro Pagliarani, un ex tenente del Regio Esercito.
Nei giorni in cui arrivò il gruppo di ebrei a Bellaria stava già organizzandosi per aiutare i militari italiani sbandati e i soldati alleati evasi dai campi di concentramento, per sottrarli alla cattura da parte dei tedeschi. Fu perciò "naturale" proteggere quegli ex internati ebrei fuggiti da Asolo.
Poco dopo il loro arrivo a Bellaria Carugno incontrò in caserma un loro rappresentante, Joseph Konforti, rassicurandolo che era pronto ad aiutarli, pretendendo però di avere tutte le informazioni su di loro e di essere informato e consultato su qualsiasi decisione.
A partire da questo momento Carugno iniziò a collaborare con Ezio Giorgetti mettendo a disposizione tutte le sue informazioni e prerogative per la risoluzione dei loro problemi quotidiani: ospitalità, trasferimenti, documenti.
Dopo l'avanzata del fronte il maresciallo Carugno non tornò a Bellaria. La Compagnia Carabinieri di Rimini gli assegnò il comando della stazione di Viserba, dove rimase in servizio per l'immediato dopoguerra, prima di essere richiamato alla "Centrale" come capo della squadra di polizia giudiziaria a disposizione della Procura. Poco dopo essere arrivato a Viserba, però, dovette affrontare un grave problema del tutto inaspettato: proprio lui, che già all'indomani dell'armistizio e dello sfaldamento dell'esercito e delle istituzioni aveva preso contatto con la resistenza, collaborando attivamente alla lotta clandestina, rischiò di essere accusato e processato per collaborazionismo con i tedeschi e i fascisti della Repubblica di Salò. Il Comando generale dell'Arma gli chiese un rapporto su tutta l'attività svolta tra l'8 settembre del 1943 e la tarda estate del 1944, quando Bellaria venne liberata.
La sua relazione e le testimonianze dei responsabili del CLN e della resistenza bellariese fugarono ogni dubbio. E, forse, contribuì a chiudere l'inchiesta anche la lunga lettera che Joseph Konforti, non essendo riuscito a trovare il suo "amico maresciallo" prima di lasciare Bellaria e la Romagna, scrisse al Comando centrale dei carabinieri, a Roma, nel maggio del 1945, un mese dopo essere arrivato in Palestina.
Negli anni successivi, dopo che Ezio Giorgetti ricevette nel 1964 l'onorificenza di "Giusto fra le Nazioni", sulla base della documentazione che Konforti riuscì in seguito a mettere insieme contattando tutti i più anziani del gruppo di ebrei ancora viventi, la Commissione dell'Istituto per la memoria della Shoah iniziò una "inchiesta" anche su Carugno. Il maresciallo non fece però in tempo a ricevere di persona il titolo di Giusto poichè morì nel 1975. Il riconoscimento arrivò dieci anni dopo, il 14 aprile del 1985. Lo Yad Vashem invitò i familiari a Gerusalemme per la cerimonia ufficiale.
Gualtiero Gori