Avevo sempre visto la Madonna come una creatura a metà tra cielo e terra, un qualcosa che non sapevo fino a che punto fosse in cielo e fino a quale punto fosse in terra. Qualcosa di svolazzante, di aereo e poco reale. Eppure mi sono domandato: "Se la Madonna è stata posta da Dio sulla strada della nostra salvezza, sulla strada della promessa, sulla strada della nostra sofferenza, della nostra ricerca, non deve essere distante la sua vicenda umana dalla nostra e allora possiamo dire, quasi con orgoglio, Maria di Nazaret è una di noi".
Maria, la figlia di Anna e di Gioacchino, è persona storica ed insieme mistero. È piccolezza ma ha radici nell'Infinito. È sofferenza, ma vive nella beatitudine.
Non è comprensibile se la isoliamo dal Cristo, e dalla storia della salvezza, ma contemporaneamente la perdiamo, se la recidiamo dalla concretezza della sua vita di donna vissuta a Nazaret 2008 anni fa.
È importante comprendere la personalità storica della Vergine, perché essa sia radicata nell'umanità adamitica. Concretamente se vogliamo parlare della donna vestita di sole, coronata di stelle, bisogna anche studiare l'umile fanciulla di Nazaret modesta, nascosta, piena di fervore attento e silenzioso.
Dobbiamo guardarci dal presentare solo ed unicamente i privilegi, trascurando la sua umanità storica.
La Madonna è e resta una creatura e come tale ebbe un progresso nella vita dello spirito, ebbe un cammino duro e difficile, ebbe una progressiva comprensione dei misteri che in essa si realizzavano.
È vero che per Lei parlare col Figlio era parlare con Dio.
Ebbe i suoi dubbi, insomma essa come noi, camminò nella fede.
Servire il Figlio era servire Dio, amare il Figlio era amare Dio, ma è pur vero che questo suo Figlio manifestò il suo piano di salvezza nel tempo, attraverso circostanze e fatti, talora imprevisti, attraverso sofferenze talora sconcertanti, attraverso avvenimenti che non sempre per Maria furono chiari.
Questa realtà terrena, questa ricerca del mistero di Dio ci viene indicata nell'espressione, così scarna, ma anche così lapidaria di san Luca: «Maria non comprese e conservava tutto nel suo cuore». Conservava per capire, conservava per approfondire, conservava per scoprire il velo del mistero.
Questo suo conservare la parola di Dio, tradotto in termini più chiari vuol dire: meditava la parola, pregava la parola, era questo l'unico modo per penetrare il mistero del Figlio.
Attraverso la preghiera Lei si rendeva solidale con Dio, ma anche con tutta la realtà terrena, che di Dio ne porta il segno. Credere in Dio presente nella mia preghiera significa far entrare in me tutto il suo pensiero, la sua volontà che si realizza nella creazione. Ma non basta fare entrare in me il disegno di Dio, bisogna desiderare di metterlo in pratica. E non sempre l'attuazione è facile, così come non fu facile per Maria.
Non è facile perché questo disegno esige il dono di sé, solo chi è in posizione di dono è nella perfezione, è luce. Oggi si ama dire: essere disponibili; non basta, bisogna andare più avanti.
Bisogna diventare dono, anche se è terribilmente difficile ed impegnativo.
Il dono è espressione di amore incondizionato, mentre noi siamo più attratti della verità perché è più facile.
Dobbiamo imparare da Maria: "Sia fatto di me secondo la tua volontà" e Dio divenne in Lei uno di noi.
Lei accettò globalmente il piano della salvezza:
accettò la sofferenza,
come l'essere madre di un Figlio crocifisso,
la solitudine come il rifiuto.
In poche parole: non condizionò, non pose i se ed i ma...
Fratelli non dobbiamo aver paura quando Dio chiama, ma non temere neppure quando tace.
Non temiamo Dio che ci dà la gioia ma neppure quando ci chiama alla sofferenza.
Dio è più grande della sua chiamata.
Dio è più grande delle sue opere.
Dio è più grande del bene che facciamo.
Ciò che conta è camminare alla sua presenza ed essere certi che è Lui che ci conduce.
Orlando Di Tella
Fonte: O. Di Tella, Maria, Una di noi, in «Voria», II:4, Capracotta, settembre 2008.