Lorena: – Antonio, l'altro ieri per telefono ti ho detto che Francesca ha partorito un bel bambino e quindi non potrà esserci a questo incontro. Avevamo parlato dell'intervista sulle camicie mammillari e mi autorizza a fare anche la sua parte. Per prima cosa volevo chiederti: ma poi l'hai messo il pantalone figato dopo che non l'hai rammendato? E donne e maschi che ti hanno visto, cosa hanno detto?
Antonio: – Sì l'ho messo per altri due giorni di fila dopodiché l'ho lavato e di solito faccio fare la rotazione: è buona cosa, dopo aver lavato un panno, farlo riposare per almeno 15 giorni, il tempo che le fibre ritornino in forma. In quei due giorni sono stat sia euforizzato che timoroso delle conseguenze di vicine/i di casa che conoscenti o sconosciuti. Ma questo alla fine, ho notato, che è un falso problema perché nessuno l'ha notato. Avrei proprio dovuto mettermi a gambe divaricate... Tante volte mi faccio e credo ci facciamo tante paranoie su come ci guardano e giudicano gli altri. Ma soprattutto oggi e in questo caso nessuna/o si è accorto di niente.Per me ho avuto la conferma che l'abito parla al simbolico e all'anima, soprattutto e sono content di quest'altra piccola scoperta che mi apre mille finestre. D'altronde dopo tanti anni di ricerche e sperimentazioni clandestine prima o poi doveva accadere questo incontro con i vestiti e con me stess.
L: –Ma tu ti consideri un travestito?
A: – Il travestito, credo, non ho approfondito, desidera vestirsi come l’altro sesso ia invece, e qui sta il punto, non considero che ci sono due sessi, perché sono convint che c’è un solo sesso, quello femminile, di cui le donne sono il femminile giunto a maturazione, quello che invece viene chiamato il maschile (e di volta in volta chiamato il sesso opposto o il sesso complementare o il sesso differente, penso alle ricerche della libreria delle donne di Milano) è in realtà sempre il sesso femminile che per non si sa quali cause, non arriva a maturazione, quindi un femminile acerbo, squilibrato, disabile, mutilato. Ebbene la società partriarcale ha esaltato questo femminile acerbo-bloccato e lo ha chiamato: maschio, uomo, sesso forte sottolineando la forza fisica e la razionalità e la capacità di gestire il sociale e di agire nella produzione. Questa impostazione ha avuto delle conseguenze devastanti, per tutte e tutti. Il movimento progressista ha parlato di parità e di parità di diritti. Apparentemente è meno oppressivo verso le donne ma è sbagliato anch’esso alla radice.
L: – Su quali basi fai questa affermazione?
A: – Ti dico solo alcuni punti su cui, negli anni, ho continuato a fare scoperte e conferme. Ci sono voluti anni perché alla lettura dedico circa un’ora al giorno e quindi tutto va a rilento. Però questo mi ha permesso di essere più prudente e ritornare sui punti-tessere di un mosaico che solo se messi insieme formano il puzzle.
Per esempio ho dovuto confrontarmi con le scoperte scientifiche sulla biologia. Una di esse è che l’embrione nelle prime settimane di vita, dopo il concepimento è sempre femmina. Ma a un certo punto accade che quasi un 50 per cento continua a svilupparsi normalmente e nascerà femmina, i rimanenti hanno una specie di crescita deformata-bloccata e trasformerà il feto in quello che si dice maschio e che nella cultura patriarcale era il vanto del padre e di tutta la famiglia….un disastro….
Per la cultura patriarcale sia vetero che emancipazionista dire che un maschio è in realtà una femmina mal riuscita, acerba, fragile emotivamente e anche delicata (vedi per esempio che i “maschi” campano in media 7 anni in meno delle donne, nonostante i privilegi a tutti i livelli) è un’offesa tanto che si vuol chiudere gli occhi e le orecchie e la bocca e si preferisce continuare in questo modo con la lotta, a tutti i livelli tra maschi di destra e di sinistra, e anche eco-pacifisti, senza guardare e guardarsi dentro.
In questa situazione di femmine mancate, non sviluppate per esempio c’è tutta la questione del ciclo mestruale, che secondo alcune acute studiose è la vera differenza con i maschi. Il ciclo mestruale permette alle donne di essere in sintonia con i cicli della vita (chiaramente abbiamo una cultura che ignora-disprezza il ciclo e purtroppo ci sono tante donne che si annientano) e permette una sensibilità-sensitività-razionalità del tutto particolare. Ebbene le ricerche di Gianna Pomata sui maschi mestruanti, ricerca che parte dai tempi di Ippocrate (mi pare il 2° o 3° secolo avanti Cristo) dicono che potenzialmente anche “ i maschi” hanno- o possono avere- una forma di ciclo mestruale (e da un po’ di anni si parla di andropausa) appunto perché anche su questo ciclo, le donne lo hanno compiutamente sviluppato, il “maschio” invece è rimasto diciamo al primo stadio e ad alcuni “maschi” si è sviluppato, per una serie di motivi, di più tanto che hanno quelle che Gianna Pomata chiama le mestruazioni vicarie con tanto di perdite mensili cicliche più o meno irregolari. Questi “maschi” a detta della Pomata sono i maschi più longevi e allegri e non hanno paura, o meno, del sangue e della morte. In questa occasione non voglio dilungarmi, rimando alla dispensa che avevamo fatto, fotocopiando il saggio della Pomata. Tieni conto che lei non arriva alle conclusioni a cui sono giunt però ha fatto fare dei passi notevoli in questa direzione.
Un altro esempio ci viene dai Pigmei e dai pipistrelli e dalla esperienza degli ebrei che nei campi di concentramento, in alcuni casi, attaccarono ai loro capezzoli dei bambini, ebbene arrivò ad uscire del latte o un liquido comunque nutriente dell’anima tanto che tranquillizzava il bambino. Sia tra i Pigmei che tra i pipistrelli c’è la possibilità che attacchino i cuccioli ai capezzoli dei “maschi” da cui esce o può uscire del latte. Ebbene anche in questo caso il capezzolo “maschile” è indice di una mammella bloccata-non sviluppata ma che se per necessità (vedi ebrei nei campi di concentramento) oppure per desiderio o coscienza può arrivare a svolgere, anche se in modo limitato-limitatissimo la funzione della mammella sviluppata.
L: – Una volta parlavi delle iene, non ricordo per quale motivo….
A: – Da un po’ di anni gli studiosi che seguono le iene hanno notato che (apro parentesi per dire che, come tante altre femmine, tendono sempre più a vivere tra femmine, anche per proteggere i cuccioli) hanno sviluppato una clitoride che arriva ad essere simile ad un pene. E questo allarma questi studiosi perché può configurare un futuro in cui le femmine, animali o umane, potrebbero fare a meno dei “maschi”. Per esempio è di qualche anno fa l’esperimento di fecondazione di cellule di donne che hanno permesso la nascita, mi pare in vitro, e quindi ritorna d’attualità il mito della partenogenesi, a cui una studiosa, mi pare americana, ha dedicato un libro straordinario (ho letto solo la recensione). Voglio dire che con l’avvento delle società guerriere violente patriarcali, da circa 4-5000 anni le donne hanno dovuto vivere la resistenza e quasi la cancellazione di sé. Se si rompono queste catene le donne possono sbocciare a mille. Personalmente lo vedo in tutti i campi. E i “maschi” se non lo riconoscono sono e saranno distruttivi non solo verso le donne ma anche verso se stessi e tutta la società.
L: – Un’altra volta parlavi del cavalluccio marino, non ricordo bene…
A: – Il cavalluccio marino è forse il mammifero più evoluto perché è arrivato a sviluppare un marsupio in cui cova le uova depositatele dalla cavalluccia che poi lo lascia e lui vivrà da ragazzo-mammo. Nonostante la nomea è “un maschio” tranquillo e assennato.
L: – Insomma secondo te c’è un solo sesso, quello femminile e quelli che vengono chiamati maschi, in realtà sono delle donne acerbe-bloccate. E’ questo il motivo per cui agli inizi ti firmavi donn Antonio, a significare che sei una donna mancante?
A: – Sì è così. Ia non mi sento né maschio né donna, ma donn, una donna a metà, o tre quarti, e ciascuno può nascere con una percentuale più o meno alta di donnità così come grazie a una serie di pratiche e giochi ogni donn può avvicinarsi sempre più a una donnità completa e entrare nel dialogo profondo-giocoso con la-le donne. Non facendole coltivi quella che viene chiamata la mascolinità, più o meno nuova, che secondo me porta alla contrapposizione-opposizione-lotta con le donne.
L: – Qualche pratica-gioco, per esempio?
A: – La principale è quella di accudire una o più donne e bambini/e. E’ stato visto che chi accudisce non solo da e si da ma riceve, per osmosi si potrebbe dire, la potenza vitale-esistenziale dell’accudita. Ebbene quale migliore occasione per un donn di crescere, evolvere, maturare o meglio essere in crescita continua? E quindi dedicarsi anche alla cura di sé, una cura conviviale che in questi anni sono-siamo arrivate/i a formulare e promuovere le scuole di vivere con cura. Un altro esempio: tra gli indiani di america c’era la pratica della capanna sudatoria (e in occidente c’è la sauna o i bagni turchi ecc) che ha, tra le sue funzioni, quella di permettere al “maschio” che la vive, quella di espellere le tossine facendo una forma di morte e rinascita, insomma una specie di ciclo mestruale così come i donatori di sangue vivono una forma di “perdita” e rinnovo di sangue (però mi pare che ne danno tanto ogni sei mesi, invece sarebbe carino darne meno e tutti i mesi…). E così la pratica-gioco di indossare camicie mammillari, pantaloni figati ecc ecc va nella direzione di colmare un dislivello. Che i transessuali cercano di colmare una volta per tutte…
L: – Quindi vedi positivamente Vladimir Luxuria…
A: – In parte sì e in parte mi lascia perplesso. Sì perché è diventata quasi donna al cento per cento, almeno fisicamente (anche se secondo alcune ricercatrici è l’avere il ciclo mestruale, la caratteristica principale, non tanto la vulva-figa e non so se Vladimir ce l’ha il ciclo, vorrei approfondire…) quello che mi lascia perpless è che Vladimir porta i tacchi e cura il proprio aspetto psico-fisico come se volesse sedurre. Per quanto riguarda i tacchi c’è questo senso comune che una donna si deve valorizzare o essere più alta. Perché? E’ stato visto che i tacchi fanno tanto male alla colonna vertebrale, per cui l’uso rientra in quella visione della donna oggetto del desiderio. Mentre in generale sia tra gli animali che tra “i primitivi” sono i maschi che curano l’aspetto fisico, si mascherano si pavoneggiano, si mostrano seduttivi e sarà la femmina a sceglierli per una relazione-incontro (a cui chiaramente possono dire di no) più o meno duratura e lunga (e aggiungo senza tante tragedie quando finisce, c’era anche la saggezza nel vivere le relazioni, nelle società matriarcali). Per questo suo aspetto, Vladimir, è ancora rimasto maschio-uomo. Perché chiaramente non basta l’intervento chirurgico o un singolo atto in sé ( vedi anche i pantaloni figati) è chiaramente tutto un percorso che occorre intraprendere.
L: – E insomma, Antonio, sei arrivato ad affermare che i maschi e gli uomini non esistono? Che siamo tutte donne, che donne si nasce e uomini o maschi si diventa.
A: – Sì è così. Sono felicissim di essere arrivat a questa scoperta ringraziando mia madre Peppina, mia zia Elena, mia sorella Maria Bambina e tutti i movimenti femministi e le mille scoperte che ho fatto ma tutte queste donne in carne e ossa in fondo mi hanno fatto capire questa verità, anche se teoricamente non l’affermavano, ma di fatto era questo che mi facevano capire e mi dicevano. E l’arrivare a iniziare a fare-essere il casalingo, agire nella cura e non nella produzione per il mercato o un sociale impersonale, è andare in questa direzione. All’inizio avevo riscoperto il termine ragazzo che deriva dall’arabo “raqqas” che significa fattorino, messaggero e per estensione factotum e non mi riconoscevo nel termine uomo; maschio lo accettavo anche se mi dava fastidio, per la storia dei maschi il termine stesso e i suoi derivati, per esempio mascolinità mi suona estraneo. Per me è come dire nazismo, è un termine bruciato. Negli ultimi anni pian piano ho sviluppato alcune pratiche e messo insieme le tante tessere che hanno formato il puzzle. Per esempio quando devo definirmi non uso la o che simboleggia il maschile. D’altra parte sarebbe scorretto usare la a che connoterebbe un essere femminile completo che non sono e quindi semplicemente tolgo la a, come nel caso di donn. Così se devo dire :”Oggi sono andat al mercato” dico appunto sono andat e non andato cioè ci vado né da maschio-uomo né da donna ma da donn e quindi andat.
L: – E come la vivi?
A: – Da fiaba, finalmente sono me stess e continuare a giocare, vivere e amare, anzi da ora più che mai perché una volta in chiaro la mia identità in continua evoluzione posso anch’ia spiccare il volo, anche se con prudenza e saggezza.
L: – Scusa ma perché dici ia e non io?
A: – Perché ia è un neologismo, frutto del confronto con i femminismi. Ebbene con la coscienza delle relazioni mi è nata la consapevolezza -con pratica conseguente- di agire e pensare tenendo sempre contro dell’altra e delle/gli altri. Un io allargato in cui i miei desideri si possono trasformare in bisogni solo se c’è in contemporanea la soddisfazione e riconoscimento dei desideri altrui.
L: – E c’è stato un capo vestiario che ti ha particolarmente trasformato, credo che avrai messo la gonna e avrai gioito?
A: – In casa spesso indosso la gonna ma non è il capo che mi ha colpito più di tanto, perché rientrerebbe in quel clichè che la gonna è il capo delle donne e i pantaloni denotano virilità. A me piace indossare la gonna perché mi sento più fresco, arieggiato e giocoso. Ma forse il capo che più mi ha metamorfizzato fu un pantalone di jeans che trovai una quindicina di anni fa.
L: – Cosa aveva di particolare?
A: – Lo avevano buttato in un sacchetto ed era in ottimo stato, sembrava nuovo di zecca e appena lavato. Riuscii a lavarlo in lavatrice perché pensai che mia madre non se ne sarebbe accorta avendo un altro jeans quasi uguale. Ma quando lo indossai, e mi calzava alla perfezione come un guanto, notai che nella zona del cavallo era colorato di rosso. Ne dedussi che quella donna avrà avuto una espulsione di sangue mestruale imprevista o maggiore e lo avrà buttato dopo aver notato che il sangue non era andato via e purtroppo avrà avuto una percezione negativa del sangue delle donne. Ebbene quando l’ho indossat avevo la sensazione di aver-essesre in ciclo, troppo forte, con tutto lo spaesamento esistenziale da quella che chiamano mascolinità.
Purtroppo Peppina, mia madre, se ne accorse e lo fece sparire. E alla fine ho notato che ogni volta che faceva sparire i miei capi era sollevata e più accondiscendente alle mie piccole bizzarrie perché per lei nel vestito si giocava quasi tutto. E adesso mi dico: ecco perché si accanirono verso gli hippies che avevano capelli lunghi e vestiti fantasiosi e investivano nel coccolarsi e non nel fare la guerra.
Antonio D'Andrea