Nel luglio del 1942 prestavo servizio con la Divisione Nuova Zelanda nella parte ovest del deserto. Allora cercavamo di contenere l'avanzata di Rommel in Egitto. Il 17 luglio 1942 sono stato preso dalle truppe della 21ª Panzer Division e della 190ª Divisione di Fanteria Leggera. Fui portato alla prigione del campo di El Daba e successivamente alla prigione del campo di Mersa Matruh dove sono stato consegnato al Comando italiano. Fui portato da Matruh a Tobruk e da Tobruk a Benghazi. A Benghazi sono stato imbarcato per l'Italia attraverso la Grecia ed il Canale di Corinto. Attraccammo a Taranto e da lì fummo portati ad Altamura vicino Bari. Dopo aver passato lì diversi mesi tra i disagi fummo mandati in treno a Turturano dove siamo rimasti fino a Natale. Da lì fummo mandati al campo di lavoro PG 78/1 di Acquafredda. Il campo da cui dipendevamo era il 78 di Sulmona.
Al momento dell'Armistizio le guardie del nostro campo erano molto in ansia e incerte sul da farsi. Otto di noi approfittarono della loro incertezza e decisero di cercare di arrivare al campo di Sulmona. Per arrivare a Sulmona dovevamo scendere nella vallata al di sotto del nostro campo ed attraversare una catena di alture. Sulmona era dall'altra parte. Lasciai i compagni nella vallata e attraversai le alture. Quando raggiunsi una posizione vicina alla recinzione del campo potei vedere che i Tedeschi avevano preso il controllo del campo. Tornai indietro dai miei compagni che aspettavano. Decidemmo di dirigerci, attraverso le alture, verso Foggia dove si trovavano le nostre truppe e dopo esserci messi d'accordo sul da farsi ci muovemmo. Ci sembrava sempre di attraversare valli e scalare alture ed in una sola tappa attraversammo una parte della catena degli Appennini. Nel fare ciò eravamo ben al di sopra dell'altitudine alla quale abitualmente nevica e lì su incontrammo dei guardiani di greggi di capre.
Dovunque andassimo incontravamo sempre italiani in posti inaspettati ed era impossibile andare lontano senza incontrare qualcuno.
Una mattina mentre eravamo sul pendio di un'altura fummo avvicinati da due civili che parlavano un ottimo inglese. Chiacchierarono con noi per un po' ed erano d'accordo sul nostro proposito di dirigerci verso Foggia tenendoci sulle alture. Al di là della valle potevamo vedere un'altura sulla cui sommità c'era una grande croce. Attorno all'altura c'era una strada che portava ad un paese in cima. Giù nella valle c'era un ruscello. Proseguimmo sulle rive del ruscello nella valle per tenerci lontano dalla strada nel caso in cui i Tedeschi la usassero.
Vicino la strada vedemmo un cavallo ed un carretto con un civile Italiano a cui chiesi nel mio italiano davvero stentato se ci fossero i Tedeschi nel paese. Avendomi detto di no gli chiesi istruzioni per raggiungere Foggia ed anche cibo per il nostro gruppo. All'inizio, credo, ci prese per tedeschi ma dopo avergli parlato un po' volle sapere se ero inglese. Dopo avergli detto che eravamo tutti neozelandesi ci portò a casa sua sotto il paese e ci diede del cibo. Questa era la casa dei fratelli Fiadino. C'erano tre fratelli tutti sposati e con figli. Non ricordo i loro nomi di battesimo.
Più tardi uno dei fratelli ci portò su a Capracotta nella casa della signora Pia Jaselli. La signora Jaselli, dopo aver ascoltato i nostri progetti suggerì di rimanere in zona e di aspettare le nostre truppe che, allora, stavano risalendo rapidamente l'Italia. Dopo aver camminato su e giù per le montagne dell'Italia per tutta la settimana pensammo davvero che questa fosse una buona idea.
Nel pomeriggio tornammo presso la casa dei fratelli Fiadino e ci passammo la notte. Il giorno dopo ci portarono nella boscaglia dietro la loro casa. Dopo circa un'ora di cammino arrivammo ad una chiesa costruita sul fianco di un precipizio. Mi sembra che fosse chiamata la Chiesa di San Luca. Dietro la chiesa, sempre ricavati nella roccia a strapiombo c'erano degli ambienti molto primitivi. Appena sotto era stata costruita un'altra chiesa in blocchi di cemento e nella vallata al di sotto si poteva vedere un paese. Credo fosse il paese di Sant'Angelo.
Eravamo di notte in quei piccoli ambienti dietro la chiesa mentre di giorno generalmente esploravamo la boscaglia per orientarci.
Facevamo visita a Sant'Angelo per tenere sotto controllo gli spostamenti dei tedeschi in quella zona e due volte a settimana andavamo dalla signora Jaselli per le notizie e le provviste. Lì ho conosciuto alcuni degli amici della signora Jaselli, uno dei quali era un insegnante.
Due del nostro gruppo decisero di stare nella casa dei fratelli Fiadino per lavorare nella loro masseria. Alcuni giorni più tardi uno dei fratelli Fiadino venne fin sulla Chiesa di San Luca per dirci che eravamo stati denunciati ai Tedeschi da qualcuno a Sant'Angelo. Mettemmo insieme le poche cose che avevamo e andammo con lui fino ad un casotto in pietra usato dai pastori sul pendio della montagna sopra la casa dei Fiadino. Durante il giorno andammo nella boscaglia e all'imbrunire le donne dei Fiadino ci portarono un pasto caldo che è stata la cosa migliore che avessi mai assaggiato. Non so esprimere la nostra gratitudine per il cibo che queste donne ci davano.
Dopo alcuni giorni nella nostra nuova posizione tornai alla chiesa per dare un'occhiata. Lì dove eravamo stati trovammo giornali tedeschi che dimostravano che una pattuglia tedesca era stata mandata per trovarci.
Da questo momento in poi vedemmo aumentare l'attività dei Tedeschi che cominciavano ad essere in numero sempre maggiore nella zona. Fortunatamente potevamo ancora andare dalla signora Jaselli che ci teneva informati sull'avanzata delle forze alleate e che ci dava anche da mangiare. Si facevano saltare in aria i cunicoli e veniva posizionata della contraerea leggera.
A questo punto si decise che sarebbe stato più sicuro per tutti se i due compagni che lavoravano presso la masseria dei Fiadino si fossero riuniti a noi. Ciò fu fatto e da quel momento fino a quando fummo ricatturati le donne dei Fiadino ci diedero un pasto caldo ogni sera.
Una sera all'imbrunire andai a Capracotta e come al solito feci visita alla signora Jaselli sotto la cui casa c'era un garage. Una porta conduceva dal garage fino alla casa e questa era la strada che normalmente facevamo quando andavamo là. Nell'arrivare, trovai la signora Jaselli che aspettava sulla porta del garage. Mi disse che i Tedeschi avevano occupato il paese e che aveva gli ufficiali tedeschi alloggiati in casa sua. Questa fu l'ultima volta che andammo liberamente a casa sua. Comunque ci mandò ancora cibo e sigari che le erano dati dai Tedeschi.
Tornando al casotto dei pastori avvertii il resto del gruppo e dissi loro di essere molto attenti a non farsi vedere di giorno dai Tedeschi o dai simpatizzanti fascisti. Durante il giorno andavamo su nella boscaglia ed avevamo un occhio attento alla strada lungo la quale ora si muovevano i Tedeschi.
Le nostre truppe si avvicinavano sempre di più ed ora potevamo sentire i bombardamenti.
Un pomeriggio mentre eravamo nella boscaglia uno dei fratelli Fiadino portò alcuni soldati alleati, un aviatore americano ed anche una guida siciliana. Questa guida era uno zoppo ed aveva il "piede equino". Ci fu detto che questa guida stava conducendo l'altro gruppo dalle truppe alleate attraverso le linee tedesche. A questo punto non avevamo alcuna ragione di sospettare e così ci accordammo che dopo che avesse portato questo gruppo in salvo sarebbe tornato indietro per noi e ci avrebbe portati oltre le linee tedesche per il compenso di 10 lire ciascuno. Stettero con noi nel casotto quella notte e partirono verso le linee tedesche, ad Agnone, il giorno dopo. Tutto ciò che potevamo fare ora era aspettare.
Come al solito, due o tre notti dopo, scendemmo per il nostro pasto caldo e poi tornammo nel nostro casotto per la notte. Ci addormentammo verso le 8 perché non potendo avere una luce o il fuoco ci coricammo appena si fece scuro.
Fummo svegliati da alcuni colpi che furono sparati nel casotto e non potemmo fare altro che uscire dalla porta perché il casotto aveva solo una porta e nessuna finestra. All'esterno c'era una pattuglia di Tedeschi e con loro uno dei fratelli Fiadino. Più tardi scoprimmo che il siciliano zoppo aveva portato la pattuglia tedesca alla casa dei Fiadino e i Tedeschi avevano costretto uno dei fratelli a portarli al nostro nascondiglio. Sembra che questo zoppo fosse pagato dai Tedeschi per raccogliere gruppi di prigionieri di guerra. Si spacciava per una guida e portava i gruppi di prigionieri dai Tedeschi.
I tre fratelli Fiadino furono trattati brutalmente dai Tedeschi e portati con noi a Capracotta al Comando tedesco che era nella casa della signora Jaselli. Fummo tenuti per il resto della notte in questa casa dai Tedeschi. Il mattino seguente fummo caricati su un camion tedesco e scaricati poi sul ciglio di una strada. Il più anziano dei Fiadino fu un po' lento nello scendere dal camion e così un tedesco gli diede una spinta mandandolo oltre il bordo della strada su una scarpata. L'italiano riuscì a mantenersi in equilibrio e continuò a correre sebbene i tedeschi gli spararono con qualsiasi cosa avessero, ma lui riuscì a scappare e dopo avemmo notizia che era riuscito a mettersi in salvo.
Gli altri fratelli Fiadino furono separati da noi che fummo rinchiusi in un altro edificio dove trovammo l'altro gruppo che ci aveva lasciati accompagnati dallo zoppo.
Da qui fummo mandati nelle prigioni di guerra di Chieti e L'Aquila. Poi fummo messi su un treno diretto in Germania attraverso il Brennero al campo di prigionia Moosburg Stalag VII-A l'otto novembre 1943.
Per caso, successivamente, sapemmo che i due fratelli Fiadino rimasti prigionieri dei Tedeschi furono processati e fucilati.
Francis Parker
(trad. di Fernando Di Nucci)
Fonte: http://www.capracotta.com/, novembre 1999.