Abbiamo dato notizia della morte per assideramento di due coniugi capracottesi avvenuta il 3 corr.
Diamo maggiori e più esatti particolari, tanto più che su altri quoditiani il luttuoso avvenimento non è apparso nella sua verità ed interezza, per le stesse tradizioni del popolo molisano e più semplicemente per il buon nome dei montanari di Capracotta, che hanno una non interrotta e mai smentita tradizione di generosità e di coraggio nel recare aiuto ai disgraziati, che nell'inverno quassù, a 1.421 metri s. m., dovessero essere travolti dalla bufera, sento il dovere di comunicare l'esatta versione dei fatti.
Due medaglie d'argento al valore civile fregiano il petto di un nostro animoso montanaro per salvataggi operati in terribili condizioni. Molte altre dovrebbero fregiare il petto di decine di nostri concittadini che, mai segnalati, hanno sempre compiuto, con continuo rischio della vita, il loro dovere in simili frangenti invernali, oscuri, purissimi e modesti eroi del più santo altruismo.
Sebastiano Di Luozzo con la moglie Sinfarosa Casciato, rispettivamente di anni 72 e 63, si recarono col loro asinello in Agnone per la compera di un maiale. A sera, sulla via del ritorno, essendosi fatto notte, pernottarono in una casa colonica in contrada Guastre, che è a circa metà strada fra Capracotta e Agnone. Al mattino seguente, facendo assegnamento sulle ancora valide forze della loro sana vecchiaia, ripresero il cammino con la sicurezza di rientrare nella loro casa sul mezzogiorno. Che successe allora? Da molti indizi risulta che, iniziata la marcia di ritorno, essi poco dopo furono sorpresi da un violento acquazzone, che man mano che si avvicinavano al paese si tramutava in nevischio acciecante, che divenne sempre più turbinoso quando furono a circa due chilometri da Capracotta, su di un falsopiano, nel quale la violentissima bora gelata si fa, di solito, sentire più gagliarda, mozzando il respiro. Con molta probabilità, i due vecchi, già inzuppati di acqua, ebbero le vesti congelate e fecero sosta per ripararsi dalla tormenta dietro un muricciolo. Fu la loro fine. Fra la neve, col nevischio che accieca e rende la respirazione faticosissima, i due vecchi, stanchi, furono presi lentamente dal caratteristico torpore che inizia l'assideramento e si addormentarono nella visione del loro tiepido focolare crepitante di fuoco.
Torna alla memoria la cavallina storna che, in condizioni differenti, assistette alla tragica fine del padre di Giovanni Pascoli. L'asino, fedele e paziente, si fermò a pochi metri, rimanendo a guardare la tragica scena sulla piana bianca e desolata. Solo nelle sue miti pupille è impresso il tremendo mistero. Esso fu trovato coperto di ghiaccioli, imperterrito e fermo presso i padroni, da due robusti e giovani contadini, Costantino Paglione e Domenico Sozio, cognati, che rientravano nella loro casa colonica, dove avevano lasciato solo il loro vecchio padre e suocero. E questa impellente necessità filiale li spinse ad affrontare la bufera, altrimenti avrebbero abbandonata l'impresa. Impressionati dalla vista di quell'asino abbandonato, intuirono che qualche disgrazia era accaduta e fra la tormenta si dettero a far ricerche. A pochi metri, sotto un muro, trovarono i due disgraziati stretti in un gelido misero fardello. La donna era morta, l'uomo si lamentava fisicamente. Mentre il Sozio tornava immediatamente in paese per chiedere aiuto, l'altro rimase a guardia dei due disgraziati, cercando di rianimare il morente.
Dopo poco le campane di Capracotta suonavano a stormo ed un gruppo di animosi accorreva. L'ottimo maresciallo Carlini, l'appuntato Nerico, i carabinieri Napoleone e Pompilio sugli sci, il manipolo sciatori della milizia comandato dal sig. Ciccorelli, raggiunsero i due disgraziati, che furono trasportati prima in una casetta presso il Serbatoio, dove dai militi sciatori Venditti e Ciccorelli si fece ogni sforzo con massaggi e respirazione artificiale per rianimare i due poveretti. Visto vano ogni tentativo, li trasportarono in paese, nella casa di Monaco Angeluccio, dove poco dopo arrivò il medico, che praticò iniezioni eccitanti ed ogni altra opportuna cura. Tutto fu vano. La donna era già morta e l'uomo si addormentò nel sonno eterno senza aver presa conoscenza.
L'inchiesta sollecita e minuziosa condotta dal maresciallo Carlini e dal comandante del manipolo sciatori, nulla ebbe a rilevare. Ogni aiuto fu portato ai due disgraziati, ogni umano sforzo fu fatto per salvarli. Per il contegno coraggioso vanno encomiati i carabinieri, i militi e i molti concittadini, che fecero intero il loro dovere. È quasi sempre la fatalità che in montagna bisogna ricercare nei sinistri. Fra le tormenta, la voce di aiuti si perde nel nulla. Se i due fossero stati giovani, forse avrebbero potuto resistere; ma a quella età la vigoria è sempre più apparente che sostanziale.
Inchiniamoci dunque davanti alla maestà della morte, ma ammoniamo anche che a 1.421 metri sopra il mare, in Capracotta, ogni insensato azzardo va bandito e ricordiamo che la prudenza deve essere il viatico di ogni viandante.
Fonte: Dopo la sciagura di Capracotta il mistero di due morti per assideramento, in «Il Popolo di Roma», Roma, 11 dicembre 1931.