Per quanto attiene alla seguente leggenda, così si dovrebbe chiamare Capracotta che, posta ai confini della terra del Molise, è uno dei paesi più alti della nostra Penisola, certamente il più elevato dell'Appennino, e stando alla storia, il Comune più alto dell'antico Reame dele Due Sicilie e rimasto all'epoca normanna.
Sorge su di una vasta e tortuosa montagna a metri 1.421 dal mare e domina, a forma di un grande loggiato, le due vallate del Sangro e del Trigno, la prima ad occidente, coronata da una chiostra pittoresca di monti, tra cui spicca gigante e superba la Maiella, e l'altra ad oriente che si perde all'infinito, sino alle Puglie, in un trionfo di luce, di colori e di paesaggi.
Nei suoi pressi si elevano due maestosi monti, a circa metri 1.800 dal mare, il Capraro e il Montecampo, che le fanno buona guardia, quali degni e gelosi custodi della sua semplice ma austera bellezza, e sulla vetta di quest'ultimo, portandovisi di buon mattino d'estate, si scopre un vasto e meraviglioso panorama, che comprende tutta la zona dell'Adriatico e si estende fino alle lontane coste della Dalmazia.
Ai piedi di Montecampo, trovasi lo stupendo e suggestivo pianoro di Prato Gentile, che con i suoi meravigliosi stazzi e, circondato da foltissime faggete, è meta di turisti bramosi di un angolo di pace e che, sfuggendo all'accecante calura estiva, vanno a ricrearsi lo spirito nel godersi l'eccellente frescura che questo grande naturale verde tappeto offre.
Situata su di un altopiano, Capracotta offre anche delle lunghe e comode passeggiate e, avuto all'eccessiva altitudine in cui si trova, ha strade pianeggianti ed un discreto corso. Fra i suoi edifici notevoli spiccano la monumentale Chiesa Matrice di S. Maria Assunta in Cielo e lo scolastico.
Circa le sue origini nulla sappiamo di certo, se non quanto si può desumere da un documento consacrato nelle "Memorie Capracottesi" raccolte e scritte dal dott. Nicola Mosca (antenato dell'autore del presente opuscolo), che Capracotta rimonta al Medioevo e che, secondo una leggenda, questo nome significa "Caprasalva", perché raffigurante una capra fuggente tra le fiamme restandone illesa a seguito della "prova del fuoco", giudizio estremo famoso nei costumi dell'epoca longobarda (secolo X), ed è proprio lo stemma del Comune che conforta tale congettura. Probabilmente deve avere attinenza da vicende e leggende peculiari della vita pastorale di quei tempi.
Alcuni uomini illustri che ebbero occasione di visitare Capracotta così scrissero in un libro che si conservava nel Palazzo Comunale e che è andato distrutto a causa degli eventi bellici del 1943:
Francesco Fede (professore in Pediatria): «Con ammirazione per la civile Capracotta, le sue filantropiche istituzioni, la gentilezza dei suoi cittadini, il bel paese, il vastissimo orizzonte, l'aria saluberrima, esprimo il mio alto compiacimento».
Antonio Cardarelli (clinico di fama mondiale): «Vorrei poter trasmettere, scrivendo in questo libro, la graditissima e commovente impressione provata dall'animo mio per le accoglienze sorprendentemente nobili e cordiali avute in questo paese. Pur venendo da un viaggio in parti civilissime d'Europa, ho provata la più bella impressione, che non è stata inferiore a quella avuta in città civili e decantate per il loro splendore».
Francesco Tedesco (ministro del Tesoro dell'epoca): «Fra i ricordi della mia vita ministeriale rimarrà particolarmente grato quello del lieto soggiorno in questa cittadina che i meridionali dovrebbero conoscere per trarne esempio di civile progresso».
Emanuele Gianturco (più volte ministro e cittadino onorario di Capracotta): «Voglio anch'io, che mi onoro di essere cittadino onorario di Capracotta, scrivere in questo libro tutta la profonda incancellabile gratitudine mia verso la civile e colta cittadina. Qui dove l'altezza delle montagne pare rispecchi l'altezza dei sentimenti, il mio pensiero si ritempra nelle pure gioie di amicizie costanti e nella rispondenza di vivissimi affetti con una popolazione schietta, cordiale e forte. Dovunque le sorti di Capracotta, la tutela dei suoi diritti mi chiamino, là, cari concittadini, accorrerò sempre volenteroso e pieno di fede».
Attilio Mosca
Fonte: A. Mosca, Monografia su Caprasalva (Capracotta), Tip. Lampo, Campobasso 1966.