L'Elogio de' Re non è sempre la espressione sincera del cuore e della mente. Quando l'adulazione si è impadronita dell'altrui anima, e quando si è vile per sostituire alla verità la menzogna, il vizio si nasconde all'ombra della virtù, né si rileva la debole barriera che gli divide, e separa. Ed ahi! quante volte la durezza si confonde con l'amor di giustizia, pingesi per liberalità lo sciupìo, e col manto si covre di santa religione l’aspra sete di sangue, e di vendetta. Semplice, e bella al paro di astro notturno la verità si oscura sovente al fulgore del trono, ed ai suoi raggi scambiasi l'ingenuità in lusinga, carezzansi le umane passioni, né vi ha vizio che non sia elogiato, né vile parlare che non meriti comento.
Ma il tempio di Dio, o Signori, non è il palagio de' Re, e la tetra face di un'urna è lume mai sempre potente di quella verità che fugge non rade volte dalle politiche adunanze, ed ha ivi soltanto immutabile, e costante soggiorno. Sdegna un freddo cenere, e lagrime ed elogi; né la mia anima è sì bassa per prestare i suoi omaggi all'adulazione; né ardì mai la mia penna di avvivare virtù mute di esistenza fuorché nella poetica altrui immaginativa.
Le virtù dell'augusta donna che celebriamo brillano per proprio splendore come il sole che vivifica, e feconda; e più che col prestigio di eloquenza ne basta il novero con istorica locuzione per diradare le tenebre che quì ci circondano, servire a tutti di ammirazione e di esempio, e dar tregua alle lagrime che male scioglie duro il dolore. E se Maria Cristina morì; se morì la nostra adorata Regina la buona compagna del Re, Ella visse, e morì qual fiore che schiudesi e passa; ma per le sue virtù viv'Ella ognora, e vivrà mai sempre in ogni cuore scolpita.
A che dunque tornare sulla gloria degli Avi, e leggere nella Storia di Savoja la grandezza degli Amedei e degli Emmanuelli? Sentì, e ciò ne basta, l'ornatissima Nipote tutto il debito d'imitarli e ben si assise su quel trono di morale che vie più innalzò sulle smaltate colonne di una religione nella sua purità, di una carità senza ostentazione, di una modestia che non ha esempio.
A che riandare i primi albori di sua vita, e le utili ricordare non meno che le necessarie cognizioni di oggidì non vive al certo alla Reggia d'Itaca per non signoreggiare con le sue idee le idee del secolo. Collocata dalla Provvidenza al di sopra di coloro che le vanno soggetti, le belle arti le ricordano le bellezze di natura, la musica che un tempo ascrivevasi a politica le sviluppa la sensibilità, la conoscenza di sé le preserva la mente dagli errori come il cuore dalle sregolate tendenze, la patria favella e la straniera la mette al caso di comunicare i suoi bisogni le sue voglie i suoi desiderj, la storia le presenta ad un tempo la culla del mondo, e le buone o triste vicende de' Re, e degli Stati, ed in fine il vasto teatro dell'universo, e della natura l'è spettacolo parlante della esistenza del divino suo Facitore.
No, miei cari Uditori, non è cotal treno di cognizione che il merito innalza dell'Augusta Cristina per renderla ai posteri la donna immortale. La Natura la fè bella avvenente vezzosa, perché si ammirasse la perfezione del creato; la fè nascere figlia di Re per sedere a fianco di Re; ma la fè sensibile, religiosa, caritatevole, modesta per isfolgorare dal trono le virtù ond'era la sua bell'anima adorna, e renderne la memoria incancellabile, eterna.
Ed oh! felice il bel paese che sposa la vide dell'augusto discendente di S. Luigi sul trono di Ruggiero, e di Carlo. Tra la gioja dell'universale sedé Ella a fianco di Monarca clemente qual novella Rachele che le virtù ne rafforza, l'uno, e l'altra prodigandole per la felicità de' popoli: che le private virtù sono germe fecondo delle virtù politiche per far rifulgere sul soglio le virtù di famiglia.
Spegne in fatti il Re la face della discordia, ed obliterando le sciagure de' tempi andati, rannoda in tutti il legame di figli. La Regina domina d'altra banda le passioni private, e disdegnosa degl'iniqui artifizj di corte, plaude alla clemenza dello sposo, ed in cuore ne prova per quanto cape sincera consolazione. Visita il Re le Provincie per toccare da vicino la sorgente della prosperità pubblica, e proteggere le arti, e l'industria; e l'Augusta donna soccorre chi geme sotto il peso dell'infortunio, e lagrime calde agli afflitti tergendo, un ricovero prepara ad orfane infelici onde il pudore non si aduggi, e le loro mani rendansi ad un tempo utili ed industri. Quegli ravviva le speranze spente di chi fu trascinato all'errore, e questa la famiglia solleva cui il bisogno è tanto più grave per quanto non si è mai conosciuto. Quegli in fine sforzasi di riaccendere nel suo popolo la gloria avita, e promuove con le leggi l'amor di giustizia; e questa studiasi d'insinuarvi con l'esempio il sentimento di religione, quel santo Nume che soggiogando la crudeltà e la barbarie, oppresse il vizio, sollevò la virtù, e l'atro desio proscrisse di vendetta, e di strage. Grande Iddio! Quanto tremendo non è stato il tuo decreto di morte per separare due cuori sì bene, sì tenacemente avvinti!
Né il vizio de' Grandi è soltanlo tignuola che un cuore rode, e consuma, né pe' risultamenti alla virtù si adegua di uomo qualsia la virtù di colui che è preposto al reggimento de' popoli. Pari a raggio di luce che riverbera nelle onde azzurre del mare il costume di Corte è altrui modello di condotta e di esempio; e se quanto è quivi scandalo o colpa non rare volte diventa pulitezza, o moda, felice è lo stato Monarcale dove una virtuosa Regina incatena il lusso l'ambizione la vanità, e le basse passioni proscrivendo, si fa esempio di ritiratezza e moderazione, ed a tutti ispira religione, e beneficenza. Schiudansi i volumi della storia, ed apprendasi in quella maestra di vita la verità che il giro de' secoli depura dall'adulazione, e dalla menzogna. Tu vi vedrai Troni diroccati dalla bellezza che lo scaltrito ha saputo vagheggiare e sedurre; furore di popolo, e sangue che la stolta ambizione ha con arte sollecitati; ira e vendetta cui natura rifugge, che la leggerezza ha sospinte; ed un guatar sospettoso, un andazzo smodesto che la virtù di tutti mette ad ischerno, un male dire, un frizzar di continuo che prende in tutti la figura di tratto spiritoso, e gentile. E d'altro lato vedraivi una Regina Esterre nella di cui pudicizia, bellezza, e grazia Iddio prepara e ad Assuero, e al popolo innocente diletto; una Teodolinda, una Ingonda, una Clotilde che sanno infondere negl'indurati Longobardi, Goti, e Franchi il sentimento di vera religione; ed in fine un'Artemisia, una Sulpizia, una Chilonide che sacre per la vita all'amor de' Consorti ad altre apparano la forza del conjugale amore.
Stanislao Falconi
Fonte: G. Suppa, Scelta di componimenti per l'esequie di S. M. Maria Cristina di Savoja, Borel & Bompard, Napoli 1836.