Quando i pastori abruzzesi e molisani percorrevano i tratturi con il loro bestiame, potevano portare con sé solo poche cose. Erano essenziali gli indumenti e gli strumenti di lavoro. Di cibo non ne avevano, ma "viaggiava" con loro. Era infatti per lo più costituito dal latte, dai suoi derivati e dagli stessi animali che portavano verso i pascoli di pianura e, di ritorno, in montagna.
Una pecora azzoppata o comunque malandata, seppure a malincuore, veniva macellata e cucinata con pochi ingredienti: una cipolla, un po' d'acqua, qualche erba aromatica, un recipiente di rame, il fuoco e un panno di lino, la pezza, che nelle molte ore di cottura serviva ad assorbire il grasso in eccesso. E fu "La Pezzata". Un piatto povero ma gustosissimo e carico di storia che Capracotta, terra di pastori transumanti da oltre due millenni, celebra ogni prima domenica d'agosto nella splendida radura di Prato Gentile, a quasi 1.600 metri di quota.
In questa occasione, turisti provenienti da tutto il centro-sud gustano l'agnello locale, il vino, l'aria fresca e la famosa pecora bollita. Ma pochi pensano ai pastori, alla transumanza e allo spessore culturale, economico, sociale e storico della Pezzata.
A questo proposito per la prossima edizione sono già in vista novità: ripensare l'intera manifestazione portandola a tre giorni, introducendo una mostra, rievocando dal vivo scene di vita pastorale. Si vuole inoltre creare un museo stabile della transumanza.
Allora soddisfacendo il palato, sarà anche possibile ricordare o scoprire da dove viene la Pezzata e dare un senso più ampio e profondo alla voglia di svago e di cose genuine, nel ricordo dell'antico.
Francesco Romagnuolo
Fonte: F. Romagnuolo, Piccoli musei d'Italia, Lalli, Poggibonsi 1994.