Quando ero adolescente gli zampognari arrivavano in paese a fine novembre per fare la novena. Questa consisteva nel girare ogni giorno per le strade di Capracotta e durava fino al termine delle festività natalizie.
Prima della novena c'erano le cosiddette "iscrizioni", per cui ogni famiglia che si prenotava riceveva una "G" sul portone di casa scritta col carbone. Quella lettera era il segnale che indicava agli zampognari davanti a quali abitazioni fermarsi ed entrare. Inutile dire che noi bambini li accompagnavamo durante tutto il percorso.
Gli zampognari che suonavano allora a Capracotta, provenivano da Castelnuovo al Volturno (oggi frazione di Rocchetta a Volturno) ed erano Giovanni (da qui la G dell'iniziale) e Michele Maniscalco, padre e figlio. Ricordo che alla morte del padre subentrò il secondo figlio Bruno.
Per quanto riguarda l'albero di Natale, anch'esso veniva preparato a fine novembre, usando come pianta la veschiàra (agrifoglio), a quei tempi abbondante soprattutto alla Guardata. Ai rametti di questo striminzito albero appendevamo non le odierne palle ornamentali, bensì frutti (mele, cachi, fichi secchi, arance ecc.) e piccoli torroni.
Il 24 dicembre l'albero veniva smontato e i prelibati doni prelevati per esser portati in Chiesa Madre dove, al termine delle celebrazioni liturgiche della Santa Messa di Natale, noi ragazzini ci riunivamo per mangiarli sul presbiterio.
Giuseppe Paglione