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Gli operai di Capracotta e la Cassa Nazionale di Previdenza


Falegnami D'Andrea Capracotta
Falegnami e apprendisti in una bottega di Capracotta (foto: G. Paglione).

Più che riferire la cronaca cittadina, la quale nei piccoli paesi si riduce a ben magra cosa, e parlare delle feste che ci hanno allietati, feste che si somigliano tutte e consistono nel solito concerto musicale, nella solita processione e nel solito sparo, e che sarebbe meglio limitare ad una o due durante l'anno, purché fatte per bene, tratterò, o meglio accennerò ad alcune quistioni di maggiore importanza, le quali, se risolute, accrescerebbero il benessere dei cittadini e darebbero lustro e decoro del paese, che mi piacerebbe fosse iniziatore di ogni opera civile e di progresso.

Pur tuttavia non posso trattenermi dal riferire una scenetta avvenuta vicino al Circolo sociale la sera del 2 luglio, festa della Visitazione. Il Concerto musicale di Bomba aveva allora allora terminato di sonare, quando ad un rappresentante del nostro Consiglio Comunale piacque di dire al maestro che intuonasse l'inno di Garibaldi. Al che, avendo taluno dei presenti fatto osservare la inopportunità in quel momento di tale inno, il detto consigliere riprese:

Eh! D. M... bisogna ricordare i patriarchi!

Fatta questa breve digressione, la quale però ho voluto riferire per dimostrare come nel nostro consiglio siedano persone, le quali o per ignoranza o per incapacità, pare non abbiano alcun diritto al titolo di consigliere, entro subito in argomento.

Vi è qui, costituita fin dal 1877 ed eretta ad ente morale nel marzo 1896, una società artigiana, la quale, se ne togli qualche soccorso in caso di sventura, di malattia, di funerali, quale altro benefizio apporta ai soci? È sufficiente al giorno di oggi la funzione che esercita? Perché non si fa essa, cui è affidata la tutela degli operai, iniziatrice della loro iscrizione alla Cassa Nazionale delle pensioni, alla provvida istituzione andata fin dall'anno scorso in attività? Perché, e con conferenze ai soci, e nominando un comitato di patronato, e, iscrivendo cogli stessi fondi sociali alla detta cassa i soci, non li persuade, non li incoraggia a sacrificare annualmente una piccola somma, che nell'avvenire frutterà una discreta pensione o preparerà l'aiuto in caso di invalidità al lavoro? Ecco la prima quistione. Valga quest'accenno a scuotere i dormienti, e vadano gli operai ad iscriversi tutti alla Cassa, malgrado le proteste dell'Ufficiale postale, il quale, con vero spavento, vede di giorno in giorno aumentare le sue incombenze.


Donatantonio Amicone

 

Fonte: D. Amicone, Echi molisani, in «Eco del Sannio», VII:13, Agnone, 10 luglio 1900.

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