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Organizzazione della comunità capracottese fra il 1700 e il 1800


Costume femminile di Capracotta
Donna di Capracotta, litografia conservata alla National Gallery of Victoria.

Carne

Fra il 1700 e il 1800 la carne di pecora veniva venduta a quattro grana (17 centesimi) il rotolo (875 grammi), quella di castrato a cinque grana (21 centesimi) e a nove tornesi (19 centesimi) quella di agnello. Colui che vendeva la carne si obbligava ad ammazzare almeno due strati terzigni (di tre mesi) per settimana: uno la domenica, l'altro il giovedì, e altri ancora «per servizio delli infermi», qualora ve ne fossero stati. La carne doveva essere esposta al pubblico ad evitare che il macellaio «ne separasse le parti migliori per i privilegiati del paese». Le carni, prima di essere portate alla macelleria, dovevano essere accuratamente esaminate dai grassieri (ufficiali sanitari). Era assolutamente proibito «macellar carne di capra».

 

Pane

Chi prendeva l'appalto del pane, si obbligava a venderlo «a giusto peso e ben cotto», per nove grana (37 centesimi) la decima; a non farlo mai mancare e a non permettere ad altri di panezzare. Il grano doveva essere prelevato, col permesso del Governatore, «nei luoghi convicini, dove sogliono pratticare li vitturini di questa terra».

 

Vino

Il vino veniva venduto al prezzo di dodici cavalli (4 centesimi e mezzo) la carrafa (due terzi di litro), dal giorno in cui veniva preso l'appalto fino alla futura vendemmia, e doveva essere senz'acqua, di buona qualità e non di «mal odore e savore».

 

Sale

Il sale arrivava da Vastaimone (attuale Vasto, in provincia di Chieti). Veniva venduto a sei soldi il chilo. L'Università (il Comune) spendeva per il trasporto cinque carlini (due lire e 12 centesimi) al tomolo.

 

Tabacco

La comunità consumava 40 libbre di tabacco fiore, 66 di brasile, 32 di corda, 55 di fronna e 15 di grosso.

 

Sanità pubblica

Era affidata a due medici, un chirurgo ed un insagnatore (flebotomo). I primi due percepivano ciascuno 120 ducati (520 lire) l'anno; il chirurgo 40 (170 lire) e l'insagnatore 20 carlini (8 lire e 50 centesimi).

 

Acqua

Per il mantenimento della Fontana Nuova, l'unica esistente in paese, si spendevano 34 carlini (14 lire e 45 centesimi) l'anno.

 

Forestieri

Quelli che venivano a Capracotta per affari, erano obbligati ad alloggiare presso l'affittatore, sotto pena di 30 carlini di multa in caso di trasgressione, multa che pagava anche «chi ricettava» abusivamente.

 

Ragazze da marito

In occasione delle nozze, le ragazze avevano in dote «un letto compito, consistente in una cortina di panno del paese a scacchi, un matarazzo ripieno di lana moscia, un saccone e la paglia, tre coperte di panno paesano, un paio di lenzuola di tela d'Andria, due cuscini ripieni di lana con l'investitura di tela sottile e venti carlini di signacoli d'oro».

 

Fabbriche

In Capracotta esisteva «un'ottima fabbrica di panni che venivano valicati al Mulino del Signore».

 

Illuminazione

Non c'era illuminazione pubblica. I nottambuli erano obbligati a portare un «tizzone acceso». I contravventori venivano arrestati e rinchiusi nella torre dell'orologio. Il mattino dopo venivano rilasciati «senz'altre formalità».

 

Liti

Quelle in famiglia, causate da interessi, venivano risolte da arbitri. Ognuno di questi era nominato da ciascuna parte. Le parti dovevano stare al giudizio degli arbitri «perché tra parenti era proibito il litigare, ed anche per togliere li rancori, passioni e dispendi».

 

Vita di relazione

Verso il 1840 i Capracottesi si riunivano nella Farmacia Conti, nelle case private - specialmente da Don Michelangelo Conti o da Bernardo Falconi. Spesso facevano cenette da Giovanni Antenucci o da Pizzella. Dopo il 1852, quando in paese fu portato il primo bigliardo, si aprì il Caffè di Carmine Antonio Comegna e l'altro di Giovanni Antenucci, dove si discuteva di affari, si giocava a bigliardo o a tombola.

 

Emigrazione

Si andava in Puglia a cavallo. Il viaggio durava da quattro a sette giorni se il tempo lo permetteva e se i fiumi da «guatare rendessero agevole o meno la via». Quando il fiume Biferno o il Fortore erano in piena «bisognava andare prima a Napoli, prendendo la rotabile a Isernia, e di lì, per Avellino, in Puglia». Ai Capracottesi, frugali ed economici, quel viaggio non costava molto: portavano ogni ben di Dio: abbondanti cibarie, sacco da notte e due cappotti, uno da indossare e l'altro, legato all'arcione, per ricambio. Indossavano fra l'altro calzettoni di lana grezza, il cappello a cilindro rivestito di stoffa impermeabile (impeciata). Erano in uso anche cappelli da butteri (scorsette). I cappelli a cencio erano vietati perché la polizia vedeva in essi «segni di liberalismo».

 

Stampa

In paese giungevano due giornali: "Il Nomade", liberaleggiante, e "Verità e Bugie". Il Governo, pur permettendone la pubblicazione, teneva d'occhio i lettori.

 

Posta

La prima valigia postale arrivò a Capracotta il 13 novembre 1799, condotta da Giovanni Carfagna, il quale si era impegnato a portare ogni settimana la «valigia delle lettere» a Castel di Sangro ed a riportarla, «col pagamento assegenato dalli cittadini di ducata 124 l'anno» (102 lire). Il Carfagna, inoltre, si era impegnato a fare quattro viaggi l'anno: due a Campobasso, uno a Lucera e l'altro a Napoli «con pagarseli le sole spese».

Dopo la calata dei Francesi, Capracotta ebbe l'ufficio postale, a cui era addetto il segretario comunale. Dopo il 1848, la posta arrivava da Isernia, una volta la settimana, portata da tale Antonio d'Isernia. Le lettere non erano affrancate. Poiché i Capracottesi che andavano in Puglia erano numerosi, si istituì un servizio postale privato, affidato a tale «Cicco di S. Angelo del Pesco, fidatissimo ed onesto, che andava e veniva da quelle lontane terre, anche con tempo da lupi, portando lettere, e ricevendo in cambio pochi soldi».

 

Economia

Le famiglie allora erano più agiate, e perché prive di smodati desideri e perché, non essendovi istituti di credito, rovina poi di tante case, non avevano possibilità di contrarre debiti. Costrettivi dal bisogno, ottenevano prestiti graziosi (senza interessi) da qualche parente o intimo amico.

 

Incremento demografico

Dal 1861 al 1900 in Capracotta si ebbe il seguente aumento di popolazione: nel 1861 gli abitanti erano 2.838; nel 1871, 3.238; nel 1881, 3.902; nel 1891, 4.533; al 31 dicembre 1900, 5.241. Nel primo decennio si ha quindi un aumento di 400 unità; nel secondo di 664; nel terzo di 631; nel quarto di 700. E questo anche se gli uomini emigravano...


Oreste Conti

 

Fonte: G. Carfagna, Note di vita capracottese, Capracotta 1977.

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