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L'organo ligneo di Capracotta


Organo Principalone Capracotta
L'organo della Chiesa Madre di Capracotta (foto: A. Mendozzi).

L'antico organo della Chiesa Collegiata di Capracotta è collocato al di sopra del coro, in fondo all'abside al di sopra dell'altare maggiore ed è, certamente, la più ricca e preziosa opera d'arte presente sul suolo capracottese.

La sua imponente mole corona e completa la visione architettonica della navata centrale e la stella intagliata nel legno al di sopra dell'armadio, diviso in tre fornici da due paraste  simmetriche, guarda idealmente verso il nord come una piccola Stella Polare.

Due finestroni danno luce alla bella cantoria lignea decorata a foglie di acanto e oro zecchino.

La stessa mano tuttora ignota intagliò e decorò la cassa ingentilendola con due cherubini  posti a sostegno della stella e due angioletti musicanti siti ai lati dei fornici piccoli raffigurati nell'atto di suonare la tromba e celanti il registro di cornamusa. La parte fonica fu realizzata tra il 1750 ed il 1780 da Francesco D'Onofrio, valente organaro di Poggio Sannita la cui firma appare sulla tavola delle riduzioni della catenacciatura, che realizzò numerosi strumenti di fattura analoga negli Abruzzi, nel Molise, nelle Puglie ed in Campania ponendosi tra i capiscuola della tecnica organaria del Centro e del Sud.

Una tradizione locale vuole invece che lo strumento sia stato costruito da Luca D'Onofrio autore anche di altri due strumenti simili a Trivento e a Poggio Sannita di dimensioni più ridotte; curiosamente anche il suo nome appare inciso sulla base delle paraste che sorreggono il somiere maestro.

Non è da escludere che entrambi gli organari abbiano collaborato, nell'ambito della stessa famiglia, alla costruzione di questo grande e pregevole strumento.

Lo schema costruttivo, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non appartiene alla scuola organara napoletana.

Le misure delle canne, la pressione del vento, la fattura dello stagno e la accuratissima  finitura dei legni del somiere maestro nonché la ripartizione dei registri fanno pensare ad una enorme  influenza delle scuole organare venete con cui gli organari molisani ed abruzzesi ebbero notevoli scambi.

Il nome imposto a questo strumento è "Principalone" per la presenza del registro di Principale 16' a base della fonica, cosa rara negli strumenti coevi, le cui canne fanno bella mostra di sè sulla facciata.

Il "Principalone" dispone di ben dodici registri, azionati a pomello di ottone, contrabassi e due cornamuse per il periodo natalizio, azionati da tirante ad incastro, per un totale di 700 canne forse in parte mutuate dal vecchio organo della chiesa rinascimentale poste su somiere maestro a tiro, un manuale di 45 tasti e pedaliera a leggìo "corta" costantentemente unita al manuale.

Anticamente erano presenti due "uccelliere", ora scomparse, azionate da tirante ad incastro. La pressione del vento, fornito anticamente da tre mantici a cuneo azionati da stanghe ed attualmente erogato da moderno elettroventilatore, è di 45 mm. di acqua. Sono presenti i registri:

  • Principale (16');

  • Ottava (8');

  • Decimaquinta (4');

  • Decimanona (2-2/3');

  • Vigesimaseconda (2');

  • Vigesimasesta ( 1-1/3');

  • Vigesimanona (1');

  • Trigesimaterza;

  • Trigesimasesta;

  • Voce Umana;

  • Flauto XV (4');

  • Flauto XIX (2-2/3');

  • Tiratutti (da ottava);

  • Contrabassi;

  • Tiratutti a pedaletto con bilanciere.

La fattura e la precisione delle finiture meccaniche e tecniche ne fanno uno dei più belli e grandi strumenti del Centro Italia del XVII sec.

Riguardo lo stemma sul frontone, una leggenda vuole che il costruttore della cassa lignea appartenesse alla famiglia Campanelli, tant'è che nello stemma si vede una colomba portare un campanello. Qualora non fosse lo stemma del costruttore, quantomeno può esser quello dell'arciprete committente, ovvero Giuseppe o Liborio Campanelli. Inoltre nell'archivio della Chiesa Madre è conservata una lettera dell'organaro, figlio o nipote di Francesco D'Onofrio, che rammenta al Capitolo la sua disponibilità alla manutenzione dello strumento.


Francesco Di Nardo

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