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Paese mio


Capracotta inverno
Panorama di Capracotta da S. Lucia (foto: A. Mendozzi).

Il freddo dell'inverno si fa sentire. Fuori sta nevicando, fiocchi di neve che si legano ai miei ricordi di un'infanzia remota. Da queste sbarre ghiacciate si nota un panorama suggestivo pennellato dallo scorcio delle campagne, con l'orizzonte che completa questo quadro con l'immenso mare Adriatico. Mi rendo conto della fortuna della vista che ho dalla mia cella, che occupo ormai da un anno e mezzo. Non passa giorno che non pensi che oltre questo muro c'è il mondo di fuori, che non si ferma mai. Per noi invece il tempo si è fermato, qui solo i nostri ricordi mantengono viva la nostra esistenza.

È arrivato il Natale, di questo magico periodo sento il calore del fuoco del camino della casa di montagna dell'Alto Molise, Capracotta, il paese dei pastori e dei sarti. Quanta nostalgia provo per le miei tradizioni e per il mio paese… «non c'è paese più bello del creato, del paese di dove sei nato». Avevamo l'inverno che ci salutava con bufere di neve, fino ad accatastare metri e metri dentro il paese… fino a sei metri. E i vecchi giravano con indosso il famoso cappotto di lana nero, con il collo di pelliccia, che veniva abbottonato con una catenella dorata. Questo era il cappotto delle bufere di neve. Il paese spesso era isolato per moltissimi giorni, nei lontani anni '60 anche per un mese, finché gli emigrati in America, da New York fecero una colletta e mandarono via nave un gigantesco spazzaneve… attraversò l'oceano arrivando al porto di Napoli, e così Capracotta poté essere liberata dall'abbondante neve. Finalmente non c'era bisogno dell'elicottero per portare i viveri.

I caminetti erano sempre accesi in ogni casa, il fuoco trasformava i ciocchi di legna che ardevano in brace ardente e si usava mettere la brace nei bracieri per riscaldare le stanze. Mentre fuori finiva la tempesta di neve, la quiete arrivava, il panorama diventava magico. Da quell'altezza sembrava di poter toccare le stelle. Essendo il comune più in alto del Sud, 1.500 metri sul livello del mare, si poteva avere l'impressione di stare sopra le nuvole. Dal belvedere della Chiesa Madre si vedono le luci e le forme dei 13 paesi sotto di noi, si confondono con le costellazioni. La Maiella e le sue montagne ci salutano. Tutto totalmente imbiancato proprio per Natale, dà l'impressione di vedere la forma di un pandoro, era il nostro pandoro di Natale. Nelle vie i paesani iniziavano l'infrenabile lavoro con le pale, per spalare la neve e scolpire le scale del paese. Per ritrovare la porta di casa si formavano delle gallerie di neve, tutto era così immensamente bello, era il nostro paese di pastori, il nostro presepe vivente. Ricordo Rivisondoli, un suggestivo spettacolo del presepio vivente della vigilia del Santo Natale.


Elisabetta Sozio

 

Fonte: E. Sozio, Paese mio, in «Voci di Dentro», VIII:20, Chieti, dicembre 2013.

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