Sul giornale "L'Istrice" di Campobasso del 29 novembre 1891 apparve una corrispondenza da Capracotta firmata Papè Satan. Questi, senza mezzi termini, così esordiva: «Ebbene sì... ci presenteremo con lo stomaco di struzzo, pronti ad affrontare l'ira di tutti e cercheremo di scuotere l'apatia e il generale torpore che ci va di anno in anno assalendo, con discapito dei veri onesti e col trionfo della ciurmaglia, resa ormai insopportabile e oltracontante!».
Dopo aver definito Capracotta «paesello guasto e corrotto», e biasimato i giovani «senza principi di libertà, senza impulsi generosi e senza ideali», Papè Satan formulava il suo programma: «Stigmatizzeremo e loderemo quanto si verifica nei vari rami della pubblica amministrazione. Dalla Pretura alla Conciliazione, ove il buon Gaetano Mendozzi redige le citazioni meglio di qualche avvocatucolo in diciassettesimo; dal Municipio all'esattore Di Tella, alla Congregazione di Carità; dall'Ufficio postale al Telegrafo e a quello del Registro e bollo; dall'Asilo Infantile alle Scuole Elementari; dal samoiedico statuto del Circolo dell'Unione a quello del Cinegetico, tutto sarà passato a rassegna per illuminare il "povero popolo" e rendere inefficaci i morsi così dei lupi, come dei parassiti e dei serpentelli».
Papè Satan continuava imperterrito: «All'inclito Municipio diremo quali sono i suoi diritti e quali i suoi doveri, e faremo istituire un regolamento per disciplinare tutti gli impiegati comunali, peste del paese!».
L'implacabile mattatore concludeva: «A quanti dunque bevete il sangue spremuto del povero popolo, a voi dico: attenti al dies irae: l'alba del nuovo dì è giunta per Dio e a questi miei concittadini non si dirà capre di nome e di fatto!».
Tanto per cominciare Papè Satan definiva "medioevale" lo statuto del Circolo dell'Unione, e deplorava la consuetudine «di un lauto regalo che il Comune fa all'impiegato telegrafico, mentre si lasciano in completo abbandono la nettezza e la salute pubblica!».
La prosa graffiante ed aggressiva di Papè Satan dovette suscitare non poche reazioni se il Direttore de "L'Istrice", in data 6 dicembre 1891, riferiva che telegrammi si erano succeduti a telegrammi chiedenti con insistenza il nome del corrispondente, che, naturalmente, non venne svelato.
Aggiungeva ancora il Direttore di non aver esitato a pubblicare quella corrispondenza sia perché veniva «da persona stimabilissima», sia perché il contenuto di essa, sebbene di forma vivace, non aveva nulla di offensivo.
E Papè Satan sullo stesso giornale del 22 dicembre 1891 aggiungeva: «Non si lambicchino il cervello i miei bravi compaesani, dopo il carnevaletto (e sentiranno di che specie!) ci toglieremo la mascherina». Ribadiva che non dovevano temere «gli onesti» ma solo quelli che «cullandosi nel dolce far nulla» vivevano «alla greppia del povero Comune».
Papè Satan, fra un digrignare di denti e un azzannare, sapeva diventare quasi poetico: «Pare impossibile che in questo mese, su questi monti, si siano potute avere giornate bellissime, cosa che niente meno, da oltre quarant'anni non s'era mai vista». Riferiva che il giorno 8 dicembre, «dopo otto lustri», si era fatta «una bella processione ad onore e gloria di Maria Santissima» e quelli che avevano seguito la processione (ed ecco che diventa sarcastico) si erano guadagnata «un'indulgenza plenaria» anche se nella buona stagione (e qui diventa maligno) qualche bigotta era stata, di sera, «sorpresa dietro i muri della Fonte Giù» o si era data per i campi «a diradar le messi». Indi, il nostro, passava a parlare del Comm. Nicola Falconi - Consigliere di Cassazione - definendolo «uomo dalla proverbiale bontà, franchezza ed integrità», il quale si presentava come candidato alla Camera dei Deputati. Le elezioni erano fissate per il 27 dicembre 1891 e Papè Satan esortava i Capracottesi a votare per il compaesano.
La prima corrispondenza di Papè Satan, intanto, continuava a bruciare, se perfino il dott. Luciano Conti, noto per calma e serenità, scrisse una lettera al Direttore de "L'Istrice". Egli considerava lo scritto di Papè Satan «quanto di più inesatto e fantastico si possa immaginare»; rimase trasecolato per l'affermazione che il paese, cioè Capracotta, «da tutti reputato colto, civile e buono, sia diventato guasto e corrotto», come asseriva Papè Satan. «Non vi si risparmia alcun ordine di cittadini», aggiungeva il dottore, e con spirito classificatore osservava che si omettevano «solo i preti, i carabinieri, le quattro società operaie e, con molto coraggio, il vero e proprio nome». Il dott. Conti illustrava le virtù dei giovani bistrattati da Papè Satan, riferendo che una quindicina di essi erano laureati da circa dieci anni in varie facoltà; che non erano corrotti né corruttori e che tutti nutrivano sentimenti di libertà e generosità. Infine, Luciano Conti, punto sul vivo da Papè Satan quando questi aveva affermato che in Capracotta la nettezza urbana e la salute pubblica erano in abbandono, chiedeva in che consisteva tale abbandono, e prometteva che in qualità di ufficiale sanitario avrebbe saputo rendere ragione.
Concludeva rivolgendosi al Direttore del giornale: «Voi con molta onestà promettete di rettificare... Ma vi è tutto da rettificare, da cima a fondo!».
La pacata lettera del dott. Conti venne seguita da un'altra lettera di Costantino Castiglione - tutt'altro che pacata - pubblicata sul medesimo giornale il 24 dicembre 1891.
Il redattore scriveva che Papè Satan aveva indignato tutti quelli «su cui, con parola bugiarda e provocante», aveva voluto gettare fango. Aggiungeva: «Siamo in un paese tutta pace, tutta amicizia... Rifuggiamo dal chiasso, dagli intrighi, dai pettegolezzi... Onestà, famiglia e dovere sono la prerogativa che tutti si vantano di possedere». E incalzava: «Eppure il bravo corrispondente ha saputo, forse per assecondare un'indole malvagia e snaturata, trovare in questo stato normale, certi difettucci, bagattelle!».
Il Castiglione chiedeva che venisse appagata la curiosità sua e degli altri: voleva che si dicesse chi era Papè Satan, il quale aveva dovuto certo «temere che le sue false assertive» gli potessero «essere ricacciate e strozzate nella gola in modo brusco e pari alla sua insolenza». Ironizzando sul vasto programma annunziato da Papè Satan, non ancora avviato, il Castiglione era sorpreso «di vedere il povero corrispondente, dai paroloni di fuoco, nell'imbarazzo, e rimpicciolito a raccomandarsi di non essere svelato». Ed infine, infiammandosi, passava finalmente al contrattacco: «Stolto! Giù la machera e l'ipocrisia, di' pure, se veramente hai lo stomaco di struzzo, dove c'è fradicio; perché il paese è corrotto... Calunniatore, tu hai attaccato coloro che formano il lustro del paese; hai attaccato persone che non hai la capacità di apprezzare».
E licenziava Papè Satan con questo viatico: «Ma va, che - a giudizio del paese - sei un vero mattoide».
La battaglia giornalistica continuava. Comparve su "L'Istrice" un altro articolo di Papè Satan, il quale però non lanciava i fulmini preannunziati; faceva solo delle accuse generiche e per niente circostanziate.
Ciò naturalmente suscitò l'ilarità degli attaccati. Salvatore Castiglione, ad esempio, qualificava Papè Satan Don Chisciotte, Narciso, Fannullone. Tito Conti, definito da Pepè Satan «impiegatucolo telegrafico», ribatteva che le 400 lire annue che riceveva dal Comune non erano un regalo, ma l'assegno che lo stesso Comune si era impegnato a versare all'impiegato in base ad una convenzione stipulata con la Direzione delle Poste nel 1877, quando era stato istituito l'ufficio telegrafico a Capracotta.
Di Papè Satan non si sentì più parlare, né si seppe il nome. E la vita politica capracottese continuò il suo corso tormentato.
Giambattista Carfagna
Fonte: G. Carfagna, Note di vita capracottese, Capracotta 1977.