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La partita a lu cafè



Zermolo D'Orfeo era un mio carissimo compare, onesto, gentile, affettuoso, ma, come tutti ne abbiamo, aveva qualche difetto, il più grave era quello di bere molto vino; in tal modo trascorreva tutto il giorno in uno stato di ubriachezza; amava giocare a tresette, ma, ubriaco, combinava tanti errori e, quasi sempre, la partita se ne andava a monte.

Ora vi racconto un ultimo fatto accaduto, giocando, al caffè. Mi si presentò un giorno, traballante, mi strizzò l'occhio e poi mi disse:

– Andiamo, compare mio, facciamo una bella partita, ma, mi raccomando, non fare il ciampóne (pessimo giocatore). Che tu lo sia, lo sappiamo tutti, è cosa certa!...

Gli risposi:

– Che offesa, io sono ciampóne?!... Ma, come te, non ce n'è a questo mondo!... Il fiascone di vino, che consumi ogni giorno, ti ha gonfiato la trippa come una botte a tal punto che, del tuo cervello, ormai vuoto, c'è rimasto solo l'osso. Siént'a mmé, vàtte a jettà déndr'a nu fuósse. Vedremo ora cosa combinerai, seduto a tavolino, giocando come mio compagno!...

Infatti tra le coppe e i danari, tra le spade e i bastoni, me z'è mpicciàte lu cumpàre e la partita ze n'è jùta in alto mare!

Lentamente, piano, piano, il compare si avviò verso il bancone, per pagare l'importo della partita persa, mentre io gridavo ad alta voce:

Paga mó, ca sié d'Agnóne!

Poi, anziano depresso, il povero compare mio se ne andò all'altro mondo!...

Una notte lo sognai che giocava a tresette con san Pietro, come compagno, custode della porta del Paradiso, il quale ridendo a crepapelle, gli disse:

– Questa porta, amico mio, te l'aprirò solo quando avrai imparato a giocare, con me, il tresette, cioè solo quando avrai imparato a portarlo a termine, senza commettere nessun errore.


Umberto Colacelli

 

Fonte: U. Colacelli, Voci del cuore, Tip. S. Giorgio, Agnone 2001.

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