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Passeggiata a Pratogentile


Capracotta ski
Skiatori al "Cuandóne Gruósse" della Guardata (foto: G. Paglione).

Noi ci faremo un po' di compagnia

se voi vorrete con il nostro cuore;

poiché solo significa l'amore

essere in due per una stessa via.


E voi sorridete. Mi ascoltate attentamente mentre io dico i versi di Giuseppe Valentini, del giovane poeta romagnolo e sorridete. Non è certo propizio questo momento per recitare dei versi, col respiro spezzato dalla salita e con una neve ghiacciata come questa.

Da ieri sera, da quando è caduto lo scirocco umido e nebbioso, ha cominciato a soffiare il maiellese. Così chiamano la tramontana quassù e difatti viene dalla Maiella questo vento gelido, che spazza le nuvole e fa ghiacciare la neve. Si cammina male. Gli sci sfuggono di lato e non vogliono seguire la direzione che ad essi imprime il piede. Voi faticate molto: puntate i bastoni e colpi di anca e si va a spina, a scaletta, su per la costa. Vi siete sbarazzata del giubbetto e, nonostante il freddo, avete il viso accaldato: siete quasi rossa. Così il vento vi brucerà la pelle...

– No, Lia, non è lontano Pratogentile.

 

Per la seconda volta vi rispondo così e poi ho quasi timore che ancora mi chiediate quanto è lontana la meta. Ho paura che da un momento all'altro voi abbiate a decidere di rinunziare alla gita e di tornare indietro.

– Fermiamoci un poco.

Voi accogliete l'invito ed un ciuffo di alberi, prima sentinella avanzata di un bosco imminente, ci ripara dal vento. Siamo alle Salere e qui la salita finisce.

Ma prima di lanciarci nella discesa noi c'indugiamo ad ammirare lo scenario di questi meravigliosi monti d'Abruzzo: la Maiella è un enorme groppone, che s'alza da una linea di mare lontano. Di qua la cortina più bassa dei monti Lupari e poi l'ampia, solenne vallata del Sangro. Vicinissimi sovrastano i dirupi di Monte Campo, da cui un giorno si sgretolarono i macigni, rotolando per i declivi della Guardata.

Ora sui declivi e sui macigni è caduta la neve. Che bella cosa la neve! Senza di essa voi non avreste mai pensato di andare in mia compagnia a Pratogentile.

Ha fruscii di seta e di ala lo sci sulla neve farinosa del pendio; s'alzano ai lati del legno sottili orlature di bianco e la traccia lunga, diritta rimane. Ai lati della pista gli argini di terra si alzano ammantati di bianco. Voi scivolate leggera, felice, ridente sotto i rami protesi sul vostro cammino.

I rami sono nudi: appena qualche foglia ingiallita, tenace è restata. Però tutti i rami hanno una riga di neve. I più sottili sono stanchi e si curvano al peso. Che cosa strana un peso di neve!

Ricordate: quando vi siete arrestata (gli sci non volevano saperne proprio) c'era un ramo che vi sfiorava quasi la spalla ed in punta aveva delle foglie patinate di bianco. Voi le avete staccate perché vi piacevano molto. Ma presto la vernice di neve è sparita; soltanto è restata quella tristezza cartacea di giallo.

 

Pratogentile.

Levigata radura nel folto del bosco. Faggi ed abeti intorno, vicinissimi tra loro, intreccianti i lunghi rami protesi. Immota, estatica folla messa in giro a quel prato rotondo, in attesa di chi sa qualche cosa.

Ora c'è il sole sul prato e sul bosco, un sole velato, discreto, invernale. Ma a notte, quando la luna vestirà d'argento le cose di questa scena ed i silenzi ovattati di neve sentiranno le canzoni dei lupi e del vento, che cosa accadrà a Pratogentile?

Forse davvero da questi alberi «le ninfe usciran fuori». Chi lo sa?

Ma voi l'avete notata, Lia, quell'aria di attesa che c'è a Pratogentile. Io ho visto nelle vostre iridi assorte il colore di un sogno lontano.

Ora passano, a tratti, folate di vento. Il sole si vela di più, si lascia quasi guardare: è una grande moneta di luce. Il vento reca dei granelli minuti, una polvere bianca: nevischio.

Quanta cipria sui vostri capelli!

Per un attimo vi vedo in crinolina ed in parrucca bianca. Perché non danzate in minuetto?

Ma voi avete i calzoni e siete qui per sciare. Altro che languida fragilità del Settecento! Del resto: mutatis mutanda. E voi siete intonata all'ambiente.

Torniamo.

Dal bosco ai declivi squallidi delle Salere. Il vento c'investe in pieno ora e gli orli della giacca svettano nella discesa difficile tra i macigni. Bisogna fare lo slalom.

– Piano, Lia! Per carità fate piano.

Voi ridete ed io invece ho paura per voi.

Dalla cuffia sono sfuggiti i capelli e vi ricadono ogni tanto sugli occhi: allora voi non vedete la pista. Vi fermate a rimetterli dentro, ma per i guanti un po' grosso non vi riesce di farlo ed io allora vi aiuto. S'indugia appena la mia mano nella dovizia dei capelli neri e già il volto par che scolori...

Ora che la pista va verso il muro delle Cese e si mette accanto a quella linea dritta di pietre che, si dice, i montanari costruirono in una notte per segnare la via ad un re, che volle salire a Monte Campo.

– Ma perché non avete voluto appoggiarvi? Due volte v'ho offerto il mio braccio per questa ultima discesa ghiacciata. Non avete voluto. Eppure mi sareste piaciuta di più un po' stanca, bisognosa d'aiuto. Invece...

 

Su, via, confessatelo, un po' stanca siete. Coraggio, ci ristoreremo arrivando. Capracotta è vicina ed io vi condurrò nella casa che m'ospita.

È una grande casa all'antica, dove ogni tanto ritorno: ci sono nato quasi (forse in un vecchio solaio c'è ancora una culla di legno che mi accolse marmocchio). La casa ha una vasta cucina. Non ci sono fiammelle di gas o radiatori di termosifone. C'è un grande camino coi ciocchi di legno che ardono ed una catena nera di ferro che regge una pentola. Oh, umile poesia! Oh, infinita potenza dei focolari domestici!

Il mio cuore è un po' catenato al passato! Io amo, per esempio, quelle figure di donne, che vivono sane nella grande pace casalinga dei paesi d'Abruzzo e la domenica si vestono a festa e vanno ad ascoltare la Messa e dormono nei letti che hanno spalliere di ferro o d'ottone e non sono sepolti sotto tanti molli cuscini e lavorano nelle madie di legno con la bianca farina il buon pane col sale. Ogni canto di gallo le sveglia al mattino per le sante fatiche da compiere nella vasta cucina.

Venite. Basterà una gonna per intonarvi all'ambiente.

Venite. Lì dentro può darsi che io mi innamori di voi.


Franco Ciampitti

 

Fonte: F. Ciampitti, Passeggiata a Pratogentile, in G. Titta Rosa e F. Ciampitti, Prima antologia degli scrittori sportivi, Carabba, Lanciano 1934.

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