Anni fa, in Australia, dopo aver visto che, a Sidney e nelle città maggiori, i ristoranti di qualità erano tutti gestiti da italiani, francesi e greci (in un caso eclatante da un italiano che si fingeva francese per dar più lustro al locale, ma che poi si è rivelato di Capracotta e, detto per inciso, anche simpatico, oltre che bravo a far da mangiare) ho iniziato a sospettare che ci fosse qualcosa di diverso nel rapporto che le popolazioni mediterranee hanno con il cibo, rispetto a quelle delle regioni che non si affacciano sul nostro mare. Un giorno, poi, mentre guardavo una trasmissione di cucina (una trasmissione australiana di cucina, almeno una volta nella vita, va vista), mi sono reso conto che gli australiani applicano, in cucina, le seguenti regole:
se non uccide e nutre è buono;
tutto ciò che deve essere cotto può essere cotto assieme;
non ha senso impiegare tempo per cucinare;
con un po' di birra (un bel po') si manda giù quasi tutto;
nel caso la birra non basti c'è sempre il vino;
non ci si alza mai da tavola sobri se non per andare a bere da qualche altra parte.
La trasmissione, in particolare, suggeriva delle preparazioni per un banchetto che, in Italia, non sarebbero state prese in considerazione neanche per la mensa dei poveri e, del resto, spiegava che, quando si deve preparare un banchetto, un po' di tempo in cucina bisogna rassegnarsi ad investirlo, magari persino venti minuti. Mi è venuto, allora, spontaneo domandarmi perchè gli australiani avessero un rapporto simile con la cucina e, riflettendoci, mi sono reso conto che non sono solo loro, ma anche gli inglesi e molti americani, anche se l'America un po' si salva per l'alta percentuale di italiani e di ispanici presenti sul territorio, che hanno mitigato queste tendenze. Insomma, pare che gli Inglesi abbiano contaminato due continenti con la loro abitudine a mangiar male. Ma è vero o si tratta di una leggenda metropolitana? Cosa mangiano veramente gli inglesi? Gli inglesi mangiano tantissimo a colazione e questa abitudine, probabilmente derivata dalla necessità di difendersi dal freddo, essendo che la maggior parte di loro, invece che pascolare pecore all'aperto, si limita a muovere le dita sulla tastiera di un PC in un ufficio al caldo, fa sì che a pranzo la maggior parte di loro non abbia fame. Di conseguenza a pranzo mangiano un panino, o simili, ed a cena, di solito, mangiano carne con verdura o, più spesso, con patate. Insomma, una vera schifezza. L'unica cosa sulla quale si difendono sono le torte. Gli inglesi hanno la mania delle torte, proprio come gli americani, solo che le torte le fanno col burro. Tanto burro, giusto per non rischiare di rimanere a secco di colesterolo. Poi, intendiamoci, l'Inghilterra è grande, e ci sono anche inglesi che mangiano bene. Pochi, ma ci sono. Tuttavia, parlando per grandi numeri, i popoli anglosassoni mangiano male, anzi, malissimo, e non solo dal punto di vista del gusto (ma dico, voi, avete mai mangiato un porridge?) ma anche da quello nutrizionistico. La loro alimentazione è ricca di grassi animali e povera di grassi vegetali. Mangiano troppa carne e, le patate, le mangiano con la buccia, cosa abbastanza rischiosa perchè, nella buccia delle patate, si trova la massima concentrazione di solanina, una sostanza tossica dannosa per l'uomo. Ecco, siccome queste cose le so, proprio non riesco a capire perchè l'altra sera, per accompagnare un coniglio cotto nel tegame, ho scelto di preparare le patate al forno seguendo una ricetta trovata sul web (consigliata da una signora di origini napoletane) di provenienza inglese. Insomma, cercavo su internet se, oltre ai già noti sistemi di lavaggio dell'amido, ci fossero dei trucchi per una doratura perfetta anche con le patate orribili che vendono al supermercato, quando mi sono imbattuto in questa curiosa ricetta di patate tagliate a fette sottilissime e messe in piedi, impaccate l'una contro l'altra, per poi essere cotte in forno a 190 °C per più di due ore. Curioso, questo modo di prepararle, ed io, scemo, ci ho creduto. Scemo e doppiamente scemo perchè so benissimo cosa rende un piatto gustoso, e sicuramente cuocere una patata praticamente intera (perchè se impacchiamo le fettine, sostanzialmente torna intera) a 190 gradi non ha senso, è ovvio che si brucierà fuori e resterà cruda dentro. Così, per la prima volta in vita mia, ho fatto delle patate che, malgrado la buona volontà dei commensali, non sono andate finite, anzi, mi vergogno a dirlo, perchè mi vanto di non sprecare mai niente ma, quando ho sparecchiato, ho buttato nell'organico tutte quelle rimaste. Peccato per le patate, per quanto del supermercato, non meritavano una fine simile. Allora, visto che le patate all'inglese proprio non mi sono piaciute, ecco qualche regola per la cottura delle patate al forno:
dopo aver tagliato le patate a pezzi lasciarle in ammollo in acqua fredda per un'oretta e quindi lavarle bene, in modo da togliere l'amido dalla superficie e facilitare la formazione della crosticina;
cuocerle preventivamente in acqua salata (non completamente) in modo da evitare di produrre patate cotte fuori e crude dentro;
mettere in forno le patate, condite con un filo d'olio e le spezie preferite, disposte su di una teglia in modo che non si tocchino (per quanto possibile, ovviamente);
non aggiungere sale fino a che la cottura non è quasi terminata.
Paolo Rozzi
Fonte: http://sarmaivero.blogspot.com/, 30 gennaio 2012.