Millecentotrentatré pezzi: 558 personaggi, 14 cavalli, 42 asini, 113 pecore, 110 volatili e così via. Nei dodici metri quadrati di presepe di Enzo Mosca, esposto nel museo diocesano di Santa Chiara, è racchiuso un lavoro di quattro anni minuzioso e attento al particolare. Ogni pezzo è un lavoro a sé: profilo e ritaglio della sagoma, poi delle braccia, la colorazione, gli accessori. Uno sforzo di pazienza e memoria che l'artigiano e artista del legno sulmonese ha fatto richiamando i suoi ricordi di bambino e i racconti. E così mestieri e usanze del passato sono stati sottratti all'oblio: l'arrotino, il bastaio, il funaio, il seggiolaio. Tutti recuperati e rappresentati, intenti, in una dovizia di particolari millesimali, che curano gli arredi degli interni e le scene di vita quotidiana, a formare un quadro d'insieme: una comunità che fu. Operosa e solidale. Con i bambini che giocano, gli scalpellini che sagomano le pietre estratte dalle rocce, i manovali che costruiscono case in pietra, le donne che impastano il pane.
Ci vorrebbe la pazienza di Enzo Mosca, per rimettere insieme quella di oggi di comunità, in carne, ossa e mascherina. Perché il 2021, che ci siamo lasciati alle spalle, è stato un anno divisivo e devastante dal punto di vista sociale, prima ancora che sanitario.
La pandemia, superata la paura, si è trasformata in un terreno di scontro: vax e no vax, buoni e cattivi, con e senza green pass, lavoratori e "mantenuti". Abbiamo rovinato relazioni personali e amicizie d'infanzia per una diversa visione di un insieme che, però, sfugge in realtà a tutti. Ognuno aggrappato alle proprie certezze, irrobustite dallo scibile dei contrari della Rete, conditi dall'arroganza di un modello di società che ci vuole tutti primi della classe e non parte della classe.
Nell'evento dell'Annuario del Germe tenutosi lunedì scorso al cinema Pacifico, il Premio innovazione, lo scienziato e ricercatore Vito Di Cioccio, ci ha dato, con una umiltà e una chiarezza che è merce rara oggi, una lezione umana e di scienza: «La scienza è fatta principalmente di fallimenti – ha spiegato – e da questi si impara più che dai successi». Ci ha spiegato, uno che alla scienza e ai vaccini ha dedicato la sua vita, che la lotta al Covid è in continua evoluzione e che bisogna adattare le risposte alle minacce, bilanciare i rischi, partecipare tutti a trovare una via d'uscita.
La pandemia, d'altronde, non dà tregua e ieri, per chiudere con il botto, si è avuto il record assoluto dei contagi: 220 solo nel Centro Abruzzo, 4.773 nella nostra regione, 144.243 in Italia. Di contro i vaccini hanno ridotto considerevolmente i ricoveri in ospedale e gli effetti più gravi della malattia, mentre il virus sembra finalmente essersi indebolito nella sua ultima variante, nella speranza che presto diventi endemico e, se non innocuo, almeno non letale.
Non ne siamo fuori e di questo dobbiamo esserne consapevoli, ma oltre al Covid abbiamo, nel 2022, da combattere un'altra battaglia: rimettere insieme i pezzi della comunità che si è disgregata, fare pace con i nostri simili, ritrovare le ragioni e gli strumenti del dialogo e del confronto sereno. Prima che i ricordi di quel che eravamo e l'idea di quel che dovremmo essere cadano nell'oblio e prima di ritrovarci come pezzi spaiati di un presepe al quale non apparteniamo più.
Ci vorrebbe la pazienza di Enzo.
Patrizio Iavarone
Fonte: https://www.ilgerme.it/, 1 gennaio 2022.