Comune molisano (circa 300 ab., m. 1.190) sovrastato da tre enormi roccioni (peschi) formati di arenaria, calcare compatto e argilla, oltre che di grafite e ocre gialle e rosse, Pescopennataro è uno dei "Borghi autentici d'Italia".
Fondato dai Longobardi nel 571, appartenne agli Ottoni (961-1024), agli Angioini (Pesclo Pignatario nel 1028) e poi al Regno delle Due Sicilie. Il 26 luglio 1805 ebbe gravi danni e morti dal terremoto del Matese, il 16 novembre 1943 fu distrutto da un incendio provocato dai nazisti.
È definito Il paese degli Abeti e dei Maestri della pietra per essere circondato da vasti e fitti boschi di abete bianco, cerro e faggio e per essere almeno dal 1700 patria di maestri scalpellini-artisti lapicidi. Alla lavorazione della pietra è dedicato il Museo della Pietra "Chiara Marinelli", che conserva una collezione preistorica di oltre 1.600 pezzi in selce e calcare, alcuni molto raffinati, segno che gli scheggiatori della pietra operavano nella zona già più di mezzo milione di anni fa.
La valenza naturalistica dei boschi di abete bianco del paese (che arrivano fino all'Abetina di Sant'Angelo del Pesco, all'Abetina di Rosello e alle Cascate del Rio Verde) è legata sia al fatto estetico sia al fatto che essi sono diventati ormai una rarità nell'Appennino: mentre un tempo rivestivano ampiamente tutta la penisola, oggi si limitano a poche aree. Il Bosco di Vallazzuna e il Bosco degli Abeti Soprani a Pescopennataro sono Siti di Interesse Comunitario (SIC).
La Chiesa madre di San Bartolomeo Apostolo, cui si accede per una porta arcuata medievale (Porta di sopra), è ubicata nella parte superiore del centro abitato, al culmine di una gradinata, in posizione invidiabile per le ampie vedute sulla valle del Sangro e sulle cime circostanti.
Fu edificata nel 1654 e totalmente restaurata nel 1950 dopo i danni bellici che distrussero l'intero paese; ha un tabernacolo e un pulpito in legno e sei altari laterali. Il patrono è san Rocco (16 agosto). Poco al di sopra di essa è il Belvedere del Guerriero Sannita.
Altre peculiarità del paese, tutto bianco per essere costruito con la pietra, sono le sorgenti del Rio Verde, il tratturo Ateleta-Biferno e un museo ambientale di prossima apertura. Interessante il Parco di Pinocchio, all'inizio della salita per Capracotta: nella pineta detta Bosco del Barone è stato allestito un sentiero pianeggiante lungo circa 500 metri, preceduto da una statua in bronzo del personaggio di Collodi e fiancheggiato da sculture della storia di Pinocchio realizzate da vari scultori nel corso di due simposi di scultura live tenutisi in paese nel 2008 e 2009; altre stanno lungo la pista ciclabile che dal parco conduce all'area La Pescara.
Con il sentiero 311 dell'Alto Molise si può andare dalla Colonia di Pescopennataro all'Eremo di San Luca, che lungo la via provinciale è quasi a metà strada con Capracotta. Il sentiero, abbastanza ripido (dislivello 300 m.) ma non particolarmente difficoltoso, attraversa un bosco misto di faggio e abete bianco che è parte di uno dei più bei boschi d'abete bianco del Molise e forse del centro sud-Italia, il Bosco degli Abeti Soprani. Segue una vecchia pista comunale ora riaperta che da Pescopennataro conduce all'Eremo di San Luca in circa 1 ora.
Da località Colonia (m. 1.251), a circa 1 km. a sud dall'abitato di Pescopennataro lungo la strada per Capracotta, c'è un grande residence estivo, l'ostello "Montagna Amica", dove una tabella segnavia, un pannello sulla strada e un grosso masso con i colori biancorossi del CAI segnano l’inizio del sentiero per l'eremo. Si costeggia posteriormente il confine della Colonia; già in lontananza verso sud si vede, ricoperto nel fantastico bosco di abeti e faggi, il Monte San Luca a forma di collina allungata con la vegetazione che nasconde pareti di roccia e strapiombi, meta finale dell'itinerario.
Seguendo i segni CAI su un albero il sentiero gira prima a destra per circa 50 m. e poi a sinistra proseguendo quasi rettilineo. Al lato vecchie pietre ottagonali indicano l'acquedotto.
Il primo tratto quasi pianeggiante si sviluppa in vicinanza del confine tra i comuni di Sant'Angelo del Pesco e di Pescopennataro, sotto grandi abeti bianchi che dominano la vallata.
Il sottobosco presenta poche specie poiché la luce non sempre riesce a penetrare nella fitta foresta. Si sale dolcemente e ogni tanto si notano ai margini del sentiero delle fascinate di legno utilizzate per evitare ruscellamenti d'acqua o movimenti di terra, poiché per buona parte dell'anno la zona è innevata.
Testimoniano la presenza d'acqua nell'area una serie numerosa di fossi e piccoli valloni già dall'inizio del sentiero e molte felci e piante tipiche delle zone umide.
Salendo sempre in direzione sud-ovest si incontrano alcune curve e il bosco diventa sempre più fitto e ombroso. Notevole la grandezza degli alberi, con lunghi tronchi e larghe chiome. Non capita spesso di osservare un bosco di abete bianco allo stato naturale; sono pochissimi in Molise e nel centro-sud Italia. Del resto Pescopennataro può essere chiamato Il paese delle abetine naturali e questo sentiero Il sentiero dell'abete bianco. Gli abeti qui hanno non solo un alto valore naturalistico e paesaggistico ma anche storico e la loro conservazione è necessaria. E questo è un bosco da seme che viene raccolto proprio per mantenere e conservare la specie.
Il sentiero, segnato ed evidente, s'inerpica lateralmente a un imponente costone di roccia con una vegetazione rupestre quasi verticale a quota circa 1.400 m. (0,30 h. dall'inizio del percorso). Si supera un ponticello fatto di traverse ferroviarie su un ampio vallone e si gira poi dietro il costone.
Dopo qualche curva si arriva in una zona quasi pianeggiante; oltre all'abete comincia a vedersi anche il faggio. La pista termina: se si continua dritti si incrocia la strada Pescopennataro-Capracotta; invece si gira a destra e si vede un pozzetto in cemento che è la presa dell'acquedotto. Si continua a sinistra del pozzetto verso nord-ovest per l'ultimo tratto del sentiero su un fondo brecciato lungo un versante in pendenza appena sotto l'alto muro della strada asfaltata. Con un ultimo sforzo e un po' a zig-zag sul sentiero c'è una scalinata. Si esce sulla strada a destra e appare l'Eremo di San Luca (m. 1.550) incastonato nella roccia.
L'Eremo di San Luca (m. 1.550), dice un cartellone in loco, «è di origine antichissima; secondo la tradizione popolare, fu luogo di sosta e rifugio per San Luca nei viaggi - intorno al 60 d.C. - da Roma al Medio Oriente per portare le lettere dell'apostolo Paolo ai primi nuclei cristiani ivi sorti. Qui si sono succeduti nel tempo diversi eremiti fino ai primi anni del 1900; le ossa di alcuni riposano alla base dell'altare della cappella più antica. Nell'anno 1943 l'eremo fu utilizzato come rifugio da soldati neozelandesi fuggiti dal carcere di Sulmona; ad essi non mancò la solidarietà di alcuni cittadini dei paesi vicini, solidarietà pagata con la vita dai fratelli Fiadino di Capracotta, catturati e fucilati dai soldati tedeschi».
L'eremo si trova in mezzo al bosco in territorio comunale di S. Angelo del Pesco, nella parrocchia di Pescopennataro e a circa 4 km. sulla strada per Capracotta, a destra di un tornante nel punto di confine tra i due comuni, circa 1 km. prima di Prato Gentile e del suo rifugio (m. 1.567). È formato da un riparo, dalla grotta e dalla chiesetta dedicata all'Evangelista. Il riparo, ottenuto in parte dalla sporgenza della roccia e in parte da assi di legno, serve come abitazione di eremiti o rifugio di viandanti ed è dotato di un braciere e di un altarino.
La grotta appena accanto è costituita dall'incavo della roccia naturale che la sovrasta, con pareti esterne artefatte in pietra; serviva da cappella e ha il quadro del santo.
La chiesetta di San Luca, poco oltre, anch'essa sotto lo sperone roccioso della montagna, è moderna; sulla porta una lapide dice:
Templum hoc populus
emigratis adiuvantibus
restauravit.
Pescopennataro 18.10.1959
La gente di Pescopennataro viene qui devotamente ogni anno il 10 settembre (quando in paese festeggiano il santo), a piedi o per la provinciale, prende il quadro di san Luca e lo porta processionalmente in paese, nella parrocchiale di San Bartolomeo, per riportarlo nell'eremo, sempre a piedi o con l'auto, il 18 ottobre, festa liturgica di san Luca. In tutto questo periodo la chiesa dell'eremo, privata del santo titolare, resta chiusa.
L'aggiunta al fascino dell'eremo è data dal sentierino tracciato a destra della cappella principale fin dietro la chiesetta, che percorre il tratto finale della base concava dell'alta parete di pietra, protetto solo da questa parte, fino a un punto precipite oltre il quale si apre un'ampia e sorprendente vista panoramica che spazia sulla Maiella, sulla valle del fiume Sangro e sulla sottostante verde foresta di abeti da cui emerge con i suoi aspri picchi rocciosi il rilievo su cui si distende il bianco abitato di Pescopennataro, come una nave in un mare verde scuro, con all'orizzonte il mare Adriatico.
Stanislao Fioramonti
Fonte: S. Fioramonti, Il sacro intorno a noi, in «Ecclesia in Cammino», XVI:10, Velletri, ottobre 2019.