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Il petrolio di Capracotta


Capracotta Montedison
Un fotomontaggio sulla campagna d'esplorazione Montedison in territorio di Capracotta.

Il tartufo? La neve? L'aria purissima? La natura incontaminata?

No. Quando parlo del petrolio di Capracotta mi riferisco espressamente ai combustibili fossili, liquidi e gassosi, presenti nel sottosuolo della nostra cittadina, che furono oggetto di esplorazione da parte della Montedison S.p.A. - uno dei più grandi gruppi industriali italiani - nei primi anni '70, al termine dell'attività di ricerca lungo il margine appenninico inaugurata nel 1955 dal giacimento petrolifero del Cigno, in provincia di Pescara.

Era infatti il 26 maggio 1970 quando la public company meneghina chiese al Comune di Capracotta il permesso di sondare il territorio per «la valorizzazione dei giacimenti». Le indagini geologiche preliminari avevano infatti rilevato calcari e dolomie del Giurassico, calcari detritici, argilliti rossastre, calciruditi organogeni del Miocene medio, marne e calcari marnosi biancastri, tutti timidamente sintomatici della presenza di gas naturale, anche se «è evidente che informazioni strutturali profonde potranno essere ottenute mediante rilievi geofisici».

Con una spesa complessiva di 280 milioni di lire, la Montedison intendeva capire se Capracotta poggiasse su un giacimento petrolifero e, in caso positivo, assicurava che «la produzione verrà offerta a Società distributrici che posseggono una rete più vicina all'area oggetto della ricerca», fermo restando che la raffinazione sarebbe stata prerogativa di Montecatini Edison «e comunque in impianti nazionali e destinati al mercato italiano».

Il 21 maggio 1971 arrivò l'ok alle esplorazioni che, precedute dai rilievi geofisici eseguiti dall'AGIP Mineraria, toccarono i 2.000 metri di profondità e furono realizzate in ottobre dalla Western, poi, nel luglio 1972, dalla tedesca Prakla.

L'11 giugno 1973, tuttavia, la Montedison presentò istanza di rinuncia perché i risultati della prima campagna furono «purtroppo deludenti» e quelli della seconda «di qualità scarsa e molto povera». L'Azienda concluse il proprio rapporto sostenendo che «l'area non presenta [...], dopo l'effettuazione dei lavori geologici e geofisici sopra accennati, ulteriori prospettive, tali da suggerire una prosecuzione dell'attività esplorativa».

Col senno di poi tiriamo un sospiro di sollievo.

Un paese d'alta montagna, per sua natura vocato agli sport invernali, alla cura delle malattie respiratorie, alla produzione casearia e al cosiddetto slow living, non poteva esser deturpato dalle attività di perforazione legate ai combustibili fossili. Ma va ribadito che i capracottesi non si tirano mai indietro quando c'è da esplorare, ed è stato giusto averci provato.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:

  • S. Ciafani, G. Zampetti e A. Di Matteo, Texas Italia. L'estrazione di petrolio e l'ipoteca sul futuro del mare e del territorio italiano, Atti del convegno, Legambiente, Monopoli, 12 luglio 2010;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. II, Youcanprint, Tricase 2017;

  • Montecatini, Permesso di ricerca "Capracotta" 1970-1973, Documentazione tecnica dei titoli minerari cessati;

  • F. Orlando, Un esperimento per il Mezzogiorno: Borgo a Mozzano, in «Prospettive Meridionali», VII, Centro democratico di Cultura e di Documentazione, Roma 1961.

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