Era ottobre quando la pecora Debora era arrivata nella fattoria a Capracotta.
Alla fiera di Agnone la moglie del pastore Sebastiano aveva notato la pecora e, non si sa perché, aveva deciso di accattarsela, tanto costava poco.
Giunta in fattoria la pecora si era ritrovata sola in un immenso ovile, che gregge e pastore erano partiti per la Puglia la settimana prima e sarebbero tornati in primavera.
Era rimasta la moglie del pastore con i suoi uagliunitti, il porchetto Ninetto e la pecora Debora. La solitudine era tanta e, dopo qualche giorno, Debora era andata a far visita a Ninetto. Il porchetto, bello lordo e tondo tondo, razzolava beato nella pozza di fango antistante la stalluccia.
– Quindi tu saresti Ninetto? – aveva chiesto Debora tappandosi il naso, tanto era il fetore.
Nessuna risposta.
– Quanto puzzi...
Ancora nessuna risposta.
– Va bene, se non vuoi parlare con me non importa, tanto tra un mese ti faranno a salsicce e prosciutti e non vedrò più la tua faccia lorda – aveva detto piccata Debora.
Ninetto, che aveva ascoltato immobile come una statua, d'improvviso scoppiò in una fragorosa risata e rideva talmente forte da rotolarsi nel fango a pancia all'aria. Infastidita dal comportamento del porchetto, che inspiegabilmente continuava a sbellicarsi dalle risate, la pecora era andata via.
Dopo qualche settimana la stalluccia del porchetto rimase vuota: il porcicidio si era compiuto anche quell'anno. Nell'ovile, adagiata su un mucchio di paglia, la pecora non faceva altro che pensare a Ninetto il porchetto e non capiva perché mai aveva riso a crepapelle dopo le cattiverie che lei gli aveva rivolto.
Pensa e ripensa, Debora era giunta alla conclusione che Ninetto il porchetto fosse matto, non v'era altra spiegazione.
Ma perché Ninetto rise? Voi lo avete capito?
Leo Giuliano