Ben prima delle Pagine Gialle esisteva l'Annuario generale d'Italia, ovvero l'«unica guida generale amministrativa, professionale, commerciale e industriale del Regno e delle colonie, autorizzata e compilata col concorso degli organi dello Stato». Pubblicato fin dal 1886, ho avuto modo di dare uno sguardo all'annuario del 1933 e intendo condividere le tantissime informazioni contenute su Capracotta (comune n. 5177), che restituiscono un quadro dell'intero tessuto sociale della nostra cittadina negli anni di massimo consenso del regime fascista, un tessuto fatto di numeri, persone ed esercizi commerciali. Passiamo dunque alla disamina vera e propria dei dati dell'anno 1933, a partire da quelli corografici, forniti agli uffici dell'Annuario dal corrispondente Ubaldo Di Nardo.
Capracotta conta 3.067 abitanti ed è capoluogo di mandamento giudiziario con una superficie di 4.232 ettari. Il paese «è sull'alto di un monte al settentrione di Isernia ed è stazione climatica estiva e di sport invernali con campi sciatori». Tra le industrie figura soltanto «la pastorizia [che] vi è stata sempre fiorentissima: i suoi armenti svernano nel Tavoliere di Puglia, dove i capracottesi hanno vasti possedimenti. Sono rinomate le sue carni pecorine e i suoi latticini». In ambito amministrativo leggiamo che il podestà è il cav. Gregorio Conti (1871-1943), il segretario Felice Liscia. Le tasse vengono esatte direttamente dalla Banca di Capracotta, le carceri mandamentali sono dirette dal pretore (nome non pervenuto) e il ricevitore dell'ufficio del Registro è il rag. Aldo Galli. Le scuole elementari sono dirette da Ottorino Conti, le biblioteche stanno al Circolo d'Unione in corso S. Antonio e l'unico teatro è rappresentato dalla sala Goldoni interna all'asilo infantile di via S. Maria delle Grazie.
Per quanto concerne le tipologie di attività commerciali, merceologiche e imprenditoriali, ne vengono contate ben 60, dai negozi di acque gassose agli assicuratori, passando per caffettieri, commissionari, frantoi, mediatori, ramai e tabaccai. Non mi sorprende leggere tra gli agronomi il nome di Agostino Santilli (1871-1962), visto che possiedo una copia del suo "Manuale dell'agricoltore" del 1898. Non mi sorprende leggere tra gli apicoltori il nome di Alessandro Campanelli - di cui ho riportato un contributo nella mia Guida - né mi sorprendono Filiberto Castiglione (1889-1973) tra i farmacisti, visto che era il proprietario della farmacia della Terra Vecchia, o Leonardo Falconi (1862-1932) tra gli impresari di autotrasporti, visto che nel 1912 aveva inaugurato il servizio automobilistico per la stazione di Carovilli. Tuttavia, i nomi fin qui proposti erano tutti notabili del paese, signorotti, persone benestanti che a volte si facevano la guerra a vicenda.
I nomi che più mi colpiscono sono invece quelli della minuscola borghesia, semplici cittadini che avevano un'attività in paese che garantiva loro accettabili standard di vita. Parlo ad esempio degli albergatori Elisabetta Giuliano, Giovanni Grifa e Carmela Di Nucci; parlo di Alessandro Di Rienzo tra gli «apparecchiatori di tessuti»; parlo di Vincenzo Vizzoca che vendeva «vini di lusso»; parlo dei bastai, tutti appartenenti alla famiglia Monaco (Franco, Primiano, Achille e Antonio); parlo dei calzolai, tra cui Quintiliano Mosca, Errico Di Rienzo ed Erasmo Iacovone (il nonno del calciatore?); parlo degli elettricisti Costantino Giuliano e Domenico Potena; parlo della latteria di Luigi Di Nucci; parlo dei falegnami Giacomo Casciero, Giovanni D'Andrea, Celestino Monaco e Sebastiano Evangelista; parlo della levatrice Concetta Battista; parlo della maestra di musica Lisetta Falconi; parlo del panettiere Santino D'Onofrio; parlo dei fabbri Michele Trotta, Vincenzo Casciero e Agostino Giuliano; parlo dei parrucchieri Ercole Trotta e Sebastiano Sammarone; parlo dei venditori di vernice Giangregorio Carnevale e Galileo Conti; parlo della Società Monaco che riparava le automobili e si occupava di trebbiatrici.
Se poi mi soffermo sui miei familiari, vedo il nome del pizzicagnolo Saverio Ianiro ma, soprattutto, leggo straordinariamente quello di una vedova, Carmela Sciullo (1868-1940), la mia bisnonna - colei che ha istituito la festa di S. Anna - annoverata tra i venditori di cemento e gesso, attività che fino ad oggi tutti i miei parenti ignoravano.
Mi ha sempre affascinato il passato più del futuro: considero ciò che è stato più misterioso di ciò che sarà. Il futuro ha sempre qualcosa di deludente, mentre il passato lo si può immaginare ricco di novità, di rivoluzioni, di stravolgimenti. E con questo piccolo poliorama capracottese che ho offerto ai miei lettori, spero di aver regalato la stessa emozione che provo io quando leggo di persone a me vicinissime nel sangue eppur sconosciute, perché, come afferma suor Maria nel film "La grande bellezza": «Sa perché mangio solo radici? Perché le radici sono importanti».
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
AA.VV., Annuario generale d'Italia, vol. II, Soc. Anonima Ed., Genova 1933;
A. Campanelli, Risposta all'articolo del sig. ing. Marrè sul grande telaio italiano, in «L'Apicoltore», XXVII:37, Catania 1904;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, voll. I e II, Youcanprint, Tricase 2016-17;
A. Santilli, Manuale dell'agricoltore, Casanova, Torino 1898.