Al termine della Seconda guerra mondiale, il conflitto che stravolse la storia dell'umanità, tutti gli artisti si ritrovarono di fronte un mondo diverso da rappresentare, non più abitato da bellezze rinascimentali, da trionfali battaglie o da paesaggi bucolici: dall'immane tragedia dell'ultima guerra, l'uomo, oggetto e soggetto di ogni forma d'arte, ne era fuoriuscito amorfo, complicato, incomprensibile, ed allora gli artisti cominciarono ad astrarlo, a destrutturarlo, a scarabocchiarlo. È stata questa la causa che ha dato vita all'eterogeneo contenitore dell'arte contemporanea, la quale, ripartendo dalle sperimentazioni prebelliche del cubismo, del surrealismo, del futurismo e del dada, prese a rappresentare, nel secondo dopoguerra, un mondo nuovo, più profondo, e, ciò facendo, generò un nuovo immaginario del bello, slegato dal mero aspetto estetico e apparentemente indecifrabile.
In quel grande contenitore c'è anche lo scultore Pietro De Laurentiis, figlio del razionalismo di Luigi Moretti, un artista di tutto rispetto nel panorama italiano contemporaneo, nonché un validissimo professore universitario. Nato a Roccascalegna - a meno di 50 chilometri da Capracotta - De Laurentiis frequentò l'ambiente artistico romano che ruotava intorno al celebre "Tridente": i caffè Rosati e Canova a piazza del Popolo e l'osteria del Bottaro nella vicina via Ripetta, dove venne su la crema dell'arte e della letteratura italiane. Fu così che De Laurentiis strinse amicizie particolari con Sandro Penna, con Francesco Coccia e Nazareno Gattamelata. Le sue opere si spostarono, da un iniziale astrattismo totemico, verso forme neoespressioniste, giungendo a maturità nel progetto de "Le città illuminate" (1959-62), i due splendidi pannelli che si possono ammirare di fronte alla sede centrale dell'Acea in piazzale Ostiense 2.
A partire dagli anni '70 Pietro De Laurentiis abbracciò invece la causa ecologista, proponendosi come uno degli artisti più attivi nella salvaguardia del patrimonio ambientale. Con Fulco Pratesi e Antonio Cederna è stato protagonista delle battaglie per il verde urbano a Roma, contribuendo con la sua opera a valorizzare parchi e strutture minacciate dalla speculazione edilizia. Al nome di De Laurentiis sono legate soprattutto le lotte in difesa di Villa Blanc (all'interno della quale fissò la sua casa-atelier nel 1959), Villa Carpegna, Villa Torlonia e le Mura aureliane.
Ho scoperto che questo poliedrico scultore aveva sposato una donna di Capracotta: Antonina Di Rienzo, detta Nina, anch'essa coinvolta nelle battaglie a salvaguardia della natura, minacciata dall'urbanizzazione selvaggia. I coniugi De Laurentiis trasportarono «il problema teorico dello spazio artistico ed architettonico nel campo dell'impegno civile e nella salvaguardia del patrimonio artistico e ambientale». La nostra Antonina, classe 1935, oltre a collaborare col marito, fu, tra gli anni '70 e '80, particolarmente attiva nella decorazione di foulard di seta e sciarpe pregiate, attività con la quale partecipò a varie manifestazioni, tra le quali la Mostra Internazionale dell'Artigianato di Firenze.
Il matrimonio con Pietro era avvenuto nel 1956, pochi anni dopo che l'artista, coi genitori e una sorella, si era stabilito a Roma. Rossano De Laurentiis sostiene che «probabilmente l'origine affine dei luoghi di provenienza della coppia fu importante nel cementare un'intesa di vita che avrebbe dato i suoi frutti nel campo artistico e dell'artigianato, da parte di entrambi». I due si erano conosciuti una domenica di maggio del '53 a Villa Adriana: lei 18 anni, lui 33. Nel 1957 nacque il primo figlio Aurelio, poi gli altri, Pierfranco e Gianluca.
Nel 1993 Liliana Rosi, giornalista dell'Unità, intervistò la signora Nina, la quale si abbandonò ai ricordi del marito, scomparso un anno e mezzo prima. Nel rievocare le vicissitudini del complesso liberty di Villa Blanc, Antonina Di Rienzo si mostrò sul piede di guerra «contro amministratori sonnolenti, speculatori, vandali, ladri»; tuttavia la Rosi scrisse:
Una piccola crocchia raccoglie sulla nuca i capelli ancora neri, mentre il viso a tratti si illumina di un sorriso la cui freschezza contrasta le piccole rughe che si irradiano dagli occhi. L'anagrafe le attribuisce 58 anni, ma il timbro della voce, l'entusiasmo e i modi di Antonina Di Rienzo potrebbero appartenere ad una giovane donna a cui è capitato di vivere una grande storia d'amore.
Francesco Mendozzi
Bibliografia di riferimento:
R. De Laurentiis, Un artista e il suo paese, in «Insula Europea», Perugia, 2021;
A. Di Rienzo, Siamo tornati indietro di vent'anni, in «L'Unità», LXX:174, Roma, 6 agosto 1993;
F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. II, Youcanprint, Tricase 2017;
L. Rosi, Amore e arte, una vita a Villa Blanc. I ricordi di Nina Di Rienzo, moglie di Pietro De Laurentiis, in «L'Unità», LXX:174, Roma, 27 luglio 1993.