È "il personaggio". Colui che si distingue per personalità, aneddoti, spirito d'avventura. Negli anni ha saputo coniugare le ricette e i sapori dei paesi del mondo in cui ha lavorato con la tradizione gastronomica contadina tipica della sua terra di origine.
Pietro Di Tanna, originario di Capracotta, è il proprietario di "Papok", ristorante raffinato e accogliente che dall'angolo tra largo Angelicum e la salita del Grillo si affaccia sul foro romano.
Il nome "Papok" è il ricordo di un suono o il rimando al papocchio. La storia del nome "Papok" risale a venticinque anni fa quando il piatto forte di un ristorante a Liscia di Vacca, sulla Costa Smeralda, in Sardegna, che aveva per cliente l'Aga Khan, erano appunto le penne alla papok, condite con pesto, pomodorini e pinoli.
«Ho deciso di riprendere quel nome, Papok, non tanto per la ricetta quanto per ricordare quel posto incantevole, quando la Sardegna era ancora una terra incontaminata e lontana da quel turismo di massa che oggi ne ha in parte violentato la natura» ci spiega Di Tanna.
La storia del ristorante iniziata nel 1985 è passata attraverso tre location: la prima in via Teatina, la seconda in via Sora angolo via del Pellegrino (Campo dei Fiori) e l'ultima qui, con vista mozzafiato sul foro romano.
La sua storia di chef inizia da bambino nelle cucine dell'ambasciata australiana, poi nelle case patrizie romane e qui il "sor Pietro" si siede per raccontarci che alla fine dell'Ottocento molti abruzzesi di Rosello e di Villa Santa Maria e molti molisani venivano a Roma per andare a lavorare nelle case dei "signori". C'è stata una migrazione di massa verso la Capitale alimentata anche dal passaparola. Un fenomeno che ha interessato generazioni e generazioni di molisani, spinti da motivazioni diverse (per necessità ieri, per scelta oggi), ma che ha avuto un'unica direzione: Roma.
Anche Parigi e Antibes spiccano nella movimentata vita di sor Pietro. Sono gli anni Sessanta. Pietro s'invaghisce di una giovane ragazza francese, complice la romantica cornice di Capri, e la segue a Parigi.
Gli anni sessanta sono anche gli anni in cui Di Tanno conosce Perrone, l'allora proprietario del Messaggero. Poi l'esperienza con la famiglia Michelin, fino al 1973, quando viene chiamato alla corte dell'ambasciatore italiano a Mosca. Anche di Mosca ha un aneddoto da raccontare. Era appena arrivato dopo un viaggio lungo tre giorni quando è stato fermato e arrestato per aver portato con sé gli strumenti del mestiere (coltelli e altri arnesi).
Pur avendo girato il mondo, Di Tanna conserva ancora i tratti caratteriali tipici dei molisani. Apparentemente timido, si scioglie e si cimenta in piccole gag quando entrano ed escono i clienti dal ristorante. Sfodera un buon inglese, mastica un buon francese e con il giapponese se la cava concedendo un lungo inchino di ringraziamento ad una numerosa tavolata di turisti divertiti. Ma pur con una vena di internazionalità, sor Pietro conserva ancora un legame con Capracotta e la sua tradizione pastorale e così ogni tanto sulla tavola arriva la "Pezzata", a base di carne di pecora, quello che era il piatto d'emergenza dei pastori durante la transumanza tra le montagne dell'Alto Molise ed il tavoliere delle Puglie.
Oggi tra i piatti forti: cavatelli con calamari e spinaci, orecchiette con vongole e funghi porcini, trofie con spinaci e pesce spada. Tra i secondi da provare: la pescatrice al forno con patate, olive e pomodorini. Anche se la sua specialità è il pesce, c'è anche la carne: filetto al lardo, carpaccio di manzo al parmigiano. Deliziosi i dolci della casa, dalla coreografica creme brulèe al sorbetto alla mela verde. Ma qual è il segreto del suo successo?
«L'esperienza, – ci risponde – la mia cucina si è evoluta, è maturata grazie alla possibilità che ho avuto di girare». Una cucina molinternazionale?
"Papok" è stato sulla salita del Grillo, al civico 6/b, fino al 2007.
Ida Santilli
Fonte: https://www.forchecaudine.com/, 30 maggio 2008.