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Polvere di cantoria... sulla neve (I)


Sai che sarà per sempre

anche se non sarà mai più...

[F. Özpetek, "Mine vaganti", 2010]


Casa Di Nardo.

Per una curiosa combinazione astronomica, nei giorni del tempo di Natale il sole dell'alba inondava dalla finestra il tinello di casa riempiendo l'atmosfera di una soffusa e suggestiva luce rosa-arancio. La neve nella via Nova aumentava questo riflesso. Oggi è un piacevole fenomeno che mi fa compagnia mentre studio o scrivo ma tanto tempo fa era il segnale che, libero dagli impegni scolastici, potevo volar giù per le scale e correre a sciare.

Il massimo della perfezione si otteneva quando era nevicato da poco e si rendeva possibile partire direttamente con gli sci ai piedi: in questo caso lo scorrere per la strada conduceva al Prato di Conti. Il pendio, grazie al suo orientamento verso il sole del mattino, era l'ideale per delle belle discese: sì, ero uno dei pochi discesisti nella patria dello sci di fondo... nessuno è perfetto!

Prima, però, se la neve era fresca, occorreva battere la pista e questa operazione, condotta tramite passaggi su e giù "a scaletta", portava via molto tempo: la prima discesa alcune volte era a ridosso dell'ora di pranzo. Non dimenticherò mai che nel tragitto per raggiungere il Prato di Conti mi fermavo per un tempo indefinito a guardare affascinato la mole arrugginita ma ancora impressionante del vecchio spazzaneve a cingoli abbandonato più o meno a lato della strada dove oggi sorge l'Hotel Capracotta. Curiosamente, invece, il vomere giaceva solitario nella piazzetta della via parallela, nelle vicinanze dello "stop" verso via S. Maria di Loreto.

Quando la nevicata era stata molto abbondante il confine inferiore del Prato di Conti veniva ricoperto, pertanto la discesa, diventata spettacolare, terminava nel pianoro davanti al rudere del Tiro a Segno. Le nevicate più contenute imponevano al novello discesista di curare ed imparare attentamente la "frenata" generalmente verso sinistra che, in caso contrario, portava il malcapitato a centrare in pieno una colossale rocchia di cacaviàsce che sorgeva al fondo del prato e da cui uscirne richiedeva tempo, strappi alle tute e pazienza, associata alle imprecazioni dei soccorritori. Più avanti ritornerò sul tema dell'importanza della frenata.

Sul Prato di Conti le prime lezioni di diagonale e curve a sci uniti da un giovane prof. Michele Potena e anche i primi esperimenti di sci estivo sull'erba battuta e sulla paglia. Menzione d'onore al rimpianto mastro Alfredo Sozio che fu anche tra i primi a collaudare e dominare i Grass Ski: corti cingoli infernali facili da avviare e quasi impossibili da arrestare. Con lo smantellamento della sciovia di Iaccio Vorraina la manovia a gasolio situata a monte dell'impianto principale fu trasferita al Prato di Conti dove funzionò per svariato tempo e poi, negli anni '90, sostituita da un impianto a trazione elettrica.

A Coste Grilli la pista "Sotto a Catarì" era più indicata per le discese pomeridiane e nella nebbia. Qui calzai gli sci per la prima volta, per poi abbandonarli non sapendo come risalire. Arrivato in cima dovetti tornare di corsa indietro a riprenderli dopo uno "shampoo" da parte di papà... l'attenuante della tenera età (5 anni) non venne presa in considerazione dal "giudice monocratico" di casa!

Dietro il Santuario della Madonna di Loreto, protetto dalla pineta, la corta discesa ripida del "Trampolino" era una valida alternativa in caso di scarso innevamento. Dai racconti degli anziani, la presenza in quel punto, prima dell'ultima guerra, di un trampolino di allenamento per gli atleti di Capracotta. Anche qui la frenata sbagliata costava il tuffo nel canale delle fogne di Capracotta, a quel tempo a cielo aperto dopo un tratto in tubazione.

Colle Liscio, sopra la Guardata, era invece stata la prima sede di progettazione dell'impianto degli anni '60, installato poi a Iaccio Vorraina: era stato anche sede delle prime gare di sci a Capracotta agli inizi del '900 e alcune gare vennero disputate persino negli anni '70. Partendo poco al di sotto del Giardino della Flora appenninica, il tracciato era molto lungo, ma anche assolato, e richiedeva un certo innevamento per durare a lungo.

Con sci in spalla e scarponi si tentava l'assalto a Prato Gentile, per scendere verso l'eremo di San Luca, visto che difficilmente la strada veniva sgomberata, oppure verso la Selletta, tra Monte Campo e Monte Ciglione, verso lo spiazzo di Fonte Carovilli. Il bosco manteneva bene la neve ma la scelta della pista variava a seconda delle mode del momento.

Ad un'effimera discesa faceva da contraltare un'estenuante salita, resa difficile dagli scarponi da sci ai piedi, ma il premio, se la neve era abbondante, consisteva nel poter tornare in paese sugli sci e... farlo di notte al chiaror della luna era entusiasmante!

Ricordo ancora le lamine sprizzare scintille quando si incocciava su qualche sasso, il tutto mentre qualche canide ci ululava alle spalle. Non ho mai avuto la tentazione di andare a vedere di che tipologia fosse ma, a pensarci bene ora, qualunque cosa potesse farci, era nulla a paragone del paliatóne che ci aspettava al rientro a casa a tarda ora e con il buio. In sostanza, per noi discesisti era come il proverbio della guerra: ogni buco una trincea, ogni pendio una discesa. Le solette degli sci però non erano molto contente...


La motrice "F.lli Marchisio" della sciovia Iaccio Vorraina.

Iaccio Vorraina: la madre delle piste! Il funzionamento della sciovia consentiva risalite facili e con la manovia in cima la discesa era ancor più interessante. Si partiva, così, lungo il fuoripista che, dalla base dell'attuale sciovia di monte, dislocata lungo le "nevere", portava verso la base Iaccio Vorraina in uno spettacolare primo tratto tra gli alberi: la "Picchiata". Ebbi modo di ripercorrerla pochi anni fa insieme al mio primo maestro Michele Potena. Dalla Picchiata, come da Santa Lucia, riuscimmo anche ad organizzare delle fiaccolate di fine anno sugli sci.

Sciare, sciare, anche con la neve che cadeva o con la nebbia e, quando le vacanze di Natale terminavano, si sciava nei pomeriggi prima del tramonto, e soltanto dopo si andava a fare i compiti.

Il tempo passava e, con il suo passare, quelle che sembravano lunghe piste sono diventate più corte e la neve da sotto gli sci ce la siamo ritrovata tra i capelli! «Com'era bella la mia valle»...


Francesco Di Nardo



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