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Organisti liturgici



Non cerchiamo applausi o passerelle ma ci impegniamo per rendere al meglio lo spirito di chi ha composto i capolavori del sacro.

Veneriamo i nostri maestri pur sapendo che non saremo quasi mai concertisti, ma, sempre con il libro degli esercizi sul leggio, rispetteremo chi fonde professione con liturgia e palcoscenico: da loro possiamo solo imparare.

Mai rassegnati a buttar giù quattro accordi, soffriamo quando arriva la sensazione di non aver dato abbastanza o di sbagliare.

Attraverso le nostre mani organi storici o sgorbi musicali muovono comunque la spiritualità di chi cerca e invoca il Motore del Creato.

Vigiliamo sui nostri strumenti ne curiamo il funzionamento senza chiedere nulla, nemmeno un "grazie", che poi, quando arriva, è sempre un balsamo per il nostro cuore, fremendo quando i restauri non arrivavano mai.

Gratitudine verso chi ci ha chiamato a questo servizio: sarà sempre un blasone sulla nostra giacca.

Sentendoci al di fuori delle celebrazioni, riflettete: non stiamo pestando tasti per divertimento o vanità personale, non ci prepariamo per aggiungere una colonna sonora alle funzioni ma studiamo per donare un rinforzo alla vostra preghiera, anche se qualcuno si lamenta poi di non poter chiacchierare tranquillamente nella navata.

E, a pensarci bene, forse stare all'organo è l'unico modo di pregare che conosciamo.

Non passeremo mai completamente una festività con la nostra famiglia o i nostri cari a cui sottrarremo tempo e affetto, ma se apprezzate il nostro lavoro non chiedeteci mai perché lo facciamo o chi ci obbliga a farlo.

Siamo organisti, organisti liturgici.


Francesco Di Nardo

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