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Polvere di cantoria... in trasferta


La Chiesa di S. Vigilio di Marebbe.

Accetta il mio dolore. E quanto, o Dio il sonno Tuo fia dolce al pianto mio...


Per alcuni anni ho passato dei giorni di vacanza invernale in un grazioso paese in Alto Adige abitato prevalentemente dalla comunità ladina, e sempre nello stesso albergo a gestione familiare.

Sapevo che l'albergatore era anche musicista e direttore del coro polifonico della parrocchiale così come anch'egli sapeva del mio incarico di organista della cattedrale di Rieti. Forte della confidenza reciproca via via acquisita e sapendo che la chiesa madre era dotata di uno splendido organo meccanico a due manuali e pedaliera regolamentare gli domandai se era possibile "fare un giro" alla consolle.

Abitualmente non faccio mai tali richieste per evitare di incappare in gelosie di organisti o parroci. Pensate che in una chiesa di Roma si corre il rischio di essere strapazzati dal parroco o dal sacrestano per il semplice fatto di aver guardato la consolle dello strumento ivi custodito. Questa volta feci un'eccezione ed il direttore fu ben lieto di accontentarmi ma ad una condizione: si era verificato un lutto nella comunità di lingua tedesca e purtroppo l'organista titolare era in ferie, pertanto avrei dovuto in cambio accompagnare il coro polifonico durante il servizio funebre.

Quindi il giorno successivo rientrai velocemente dalle piste e con la tuta da sci salii in cantoria. Gli scarponcini da trekking non erano ideali per lavorare sulla pedaliera ma, come faccio anch'io in cattedrale, il titolare aveva le sue scarpe da organista nell'armadio degli spartiti e, di soppiatto, ne approfittai. Qualche minuto per "capire" lo strumento e mi accinsi ad accompagnare il coro che, nel frattempo, era arrivato. La messa, da leggere a prima vista, era nella mia tonalità "bestia": la bemolle maggiore! In esecuzione, quando mi vide sudare freddo, il direttore mi disse di star sereno: anche il loro organista andava in crisi in alcuni passaggi di quella partitura.

Constatai con piacere che, nonostante il rito fosse cattolico, vi era l'abitudine, mutuata dai luterani, di cantare i corali con l'assemblea tra le letture e il Vangelo. Cercai quindi di sfruttare tutte le mie conoscenze per rispettare lo spirito esecutivo.

Tra un brano e l'altro una cantante dall'aspetto austero ed autorevole mi pose una domanda in tedesco. Risposi che masticavo poco di quella lingua e di ripetermi la domanda in italiano. Al che la signora mi domandò se fossi l'organista della Pieve (La Pli) ma quando risposi che ero il titolare della cattedrale di Rieti assunse un'espressione di meraviglia esclamando:

– Strano! Lei suona come un tedesco!

Per me che ho centrato prevalentemente la mia preparazione sulla letteratura della Riforma e su bachiani e dintorni fu un brodo di giuggiole! Quasi un bacio accademico...

E tra un sudore freddo e qualche inevitabile "stecca" il servizio si concluse.

Lo stesso direttore mi raccontò poco dopo che il coro non aveva praticamente trovato alcuna differenza tra il sottoscritto ed il titolare, cosa che mi fece ulteriormente piacere, insieme al compiacimento della comunità.

Tuttavia, a distanza di vent'anni posso finalmente confessare che, nella chiusura del postcommunio, con organo solo, e ancora sub tempore Natali, sotto le volte di quella incantevole chiesa barocca, la sequenza in tono minore della "Ninna nanna al Bambin Gesù" di Capracotta risuonò improvvisata a mo' di corale ornato bachiano. Grazie alla comunità di S. Vigilio di Marebbe (BZ) e al coro della parrocchiale. Grazie a tutto lo staff dell'Hotel Teresa.

 

P. S.: In realtà è possibile suonare con gli scarponcini come il grande James Edward Goettsche - uno dei miei miti - come dimostrò, obtorto collo, in un suo concerto a S. Pietro Avellana. Ma lui era Goettsche!


Francesco Di Nardo

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