Il guardiano delle mucche aveva anticipato a Michele la notizia del fidanzamento di Antonio e Michele ne fu contento, solo aspettava che fosse Antonio a dargli la notizia per prepararsi all'entratura.
L'entratura era una cerimonia, a quel tempo, che si faceva per rendere ufficiale il fidanzamento e consisteva in una festa data per far conoscere tutti i membri della famiglia ed anche per accordarsi sulla dote da dare ai figli con l'atto di matrimonio.
In questa occasione i fidanzati si scambiano un anello, che si chiama appunto l'anello di fidanzamento.
Incoronata distribuì l'ultima razione di granotto ai polli e andò in cucina ad approntare il pranzo.
Sull'aia si rincorrevano i cuccioli del pastore tedesco sotto gli occhi di Diana, mentre i passeri intrecciavano voli tra i rami delle querce e le rondini garrivano nel breve cielo, al di qua della stalla, disegnando spirali con le alucce nere nell'azzurro del cielo. Da valle proveniva il borbottio del trattore gommato, col quale Michele era intento ad erpicare il terreno appena arato.
Quando la luna comparve nel cielo come una nuvoletta grigia e trasparente, Michele giunse sull'aia e spense il motore, liberando l'aia dal suo borbottio sgarbato, facendo sentire soltanto lo stridere della ruota della carriola che il salariato spingeva, intento a trasportare il letame nella concimaia.
– È tornato Antonio? – domandò al salariato, ma non ebbe il tempo di attendere risposta che la 1100 TV rossa, svoltò la breve carraia.
Dalla finestra Incoronata spiò e buttò la pasta, invitando a presentarsi, di lì a un momento, a tavola per il pranzo, che solitamente si consumava di sera, avendo anche più tempo a disposizione per trattenersi con calma a parlare delle loro cose. Ad uno ad uno gli uomini si appressarono al lavandino per lavarsi le mani e poi presero posto attorno alla tavola imbandita, dove la minestra di fagioli con la pasta fumava beatamente, spandendo il suo squisito profumo nell'aia.
Antonio riempiendo i bicchieri annunciò:
– Papà mi sono fatto la fidanzata.
– Oh! Che bella notizia e chi è? – rispose Michele – Quando ce la farai conoscere? – aggiunse.
Incoronata tutta sorridente, con le gote di pesca.
– Si chiama Concettina e il padre tiene la masseria vicino al convento di Casacalenda. Tengono dieci vacche e una bella casa, sono sicuro che vi piacerà.
– Alla salute! Alla salute! Auguri! Auguri! – gridò il salariato mentre alzava il bicchiere per invitare tutti a brindare con lui.
Incoronata chiedeva tutti i particolari della ragazza, l'età, come aveva i capelli, il colore degli occhi, l'altezza. Insomma tutti i particolari che maggiormente interessano alle donne.
– Allora quando ce la farai conoscere la futura nuora? – chiese Michele.
– Non questa, ma quell'altra domenica – soggiunse Antonio, mentre Incoronata continuava ad interrogare il figlio per sapere se sapeva cucinare, ed accudire i polli.
– È proprio quella che ci vuole in questa casa – disse Antonio.
– Solo che la mamma non la porta in campagna a lavorare, del resto sa fare tutto in casa. Sapessi che belle maglie sa fare con le mani.
– Allora dobbiamo preparare l'anello? – domandò Incoronata.
– Andrete voi due a comprarlo a Campobasso. Fatevi consigliare dal compare ché dobbiamo fare una bella figura – continuò Incoronata.
Il gualano che s'era messo allegro per i bicchieri trangugiati, andò a prendere l'organetto ed incominciò a suonare e a cantare "Marina".
I vicini che respirarono l'aria di festa corsero a visitarli e così la serata si trasformò in tarantella tra calici rubini e dorati e fette di spalla stagionata e bruscolini vari, che mai mancavano in casa Tracanna.
Nella notte il mugghio insistente e lamentoso di Rosina ruppe l'incantesimo ed il festino si trasformò in un corri corri di infermieri e veterinari che si davano da fare tra Rosina ed il vitellino, che venne fuori candido e bello come un bambinello e dolce come ricotta appena rotta al tocco dello spin santo.
Il giorno dopo Michele e Antonio portarono la notizia del fidanzamento e quella della nascita del vitellino al compare Giovanni, a cui chiesero consiglio per l'anello di fidanzamento.
Il compare li accompagnò dal suo orefice di fiducia.
Le signorine che servivano al banco si diedero a mostrare gli ori più belli per la fidanzata di Antonio, ma ora per il prezzo, ora perché il pezzo non piaceva, i due non si accontentarono se non dopo due ore che erano trascorse davanti al banco. Chi sceglieva era Antonio, ma chi pagava era Michele e lui quando doveva sborsare un soldo trovava mille scuse per non farlo.
Tornati a casa mostrarono l’anello a Incoronata che rimase incantata davanti allo splendore della gemma di turchese che sormontava lo spesso oro intrecciato all'anello.
– Speriamo che se lo saprà meritare – disse Incoronata tra soddisfatta e malinconica. – Ho stirato i vestiti e le camicie per l'altra domenica.
– Michele tu dovresti comprarti una cravatta perché quella che hai è un po' sgualcita – disse Incoronata.
– Non fa niente. Ci sarà tanto da parlare che quelli non ci faranno caso alla mia cravatta – rispose Michele.
Arrivò la vigilia della fatidica domenica dell'entratura.
A sera Michele raccomandò al garzone di fare buona guardia all'indomani, quando loro sarebbero stati assenti e di non dare retta a nessuno. Anzi per stare più spensierati legheremo Gemma e Bruck davanti alla stalla e al pollaio e tu non allontanarti di molto con le vacche, magari le darai un po' di fieno in più.
– Antò t'arracchemànne... fatt'onore – disse il garzone come per incoraggiarlo.
Chiusero il portone ed andarono tutti a letto.
Antonio restò a lungo a pensare alla cerimonia del giorno dopo e poi continuò nel sonno. Sognò il volto di lei che gli sorrideva, poi quello della madre, poi quello della suocera. Però le figure gli passavano davanti sorridendogli per un attimo e poi sfuggivano abbronciate, come per prendersi gioco di lui.
Nel sonno vide Concettina che si dava in una risata sguaiata scomparire facendogli le boccacce. Si svegliò di soprassalto, accese la luce e spiò che erano le due della notte. Stette ancora a girarsi nel letto, sperando di riassopirsi, ma quelle immagini continuavano a infastidirlo, finché non fissò nella mente il volto di lei così come la vide la prima volta, sorridente sulla finestra della cameretta.
E con il volto di lei nel cuore, dormì placidamente.
Al secondo canto del gallo Incoronata si alzò dal letto ed accese il fuoco del camino per riscaldare l’acqua per il pastone e quella per il bagno.
Il cielo terso diceva che anche quell'oggi sarebbe stata una bella giornata e con lena si diede a disbrigare le faccende domestiche. Il volto di lei era radioso nella penombra della cucina illuminata solo dal riverbero della fiamma del camino sulle pesche delle gote vellutate, sempre rosse come fanciulle spensierate. Ma negli occhi, guardandola attentamente, aveva un certo che di leonino e una fierezza che è propria di certe bestie feroci. Infatti guai a toccargli il figlio, sarebbe stata capace di inforcarti senza pietà. Preparò il pastone per il maiale e per i vitelli, poi recò il caffè a Michele e al sala riato ed attese che l'acqua per il bagno fosse abbastanza calda per essere stemperata a sufficienza per riempire la vasca del bagno, che consisteva in un secchione di legno.
Per il bagno i Tracanna avevano riservato un sottotetto appartato, ricavato dall'attiguo fienile.
La latrina che conteneva solo il lavabo ed il vaso all'inglese, non era sufficiente a contenere la vasca, ed era provvisoria perché in tempi migliori avrebbero costruito il bagno in un altro locale più spazioso. Incoronata, riempito che ebbe il secchione, si denudò e vi si immerse dentro provando un gran sollievo.
Quando si bagnava lei se ne stava oltre un'ora immersa nell'acqua tiepida, provando un mare di piacere ad insaponarsi i seni sodi come caciocavalli di Capracotta, che si irrigidivano ancor più sotto il contatto delle dita che fregavano i capezzoli, ora con dolce carezza, ora con ritmo più svelto.
Godeva quelle sensazioni beandosi di essere ancora capace di tanto, nonostante i suoi quarant'anni. Forse a quaranta anni una donna di città è nel pieno delle sue attività, ma quelle di campagna sembravano vecchie decrepite, rese ancora più vecchie dai lunghi fazzolettoni neri che portavano annodati sotto il mento. Ma Incoronata no, lei faceva eccezione, con le sue pesche sulle gote! E aveva i capelli corvini che spuntavano sotto il fazzoletto giallo, solo aveva dei lunghi baffi sotto il naso. Ma il detto diceva donna baffuta è sempre piaciuta.
Michele era di quindici anni più anziano e lei spesso precisava ai suoi amici che l'andavano a trovare «io sono giovane, non sono vecchia», come per reclamare a sé quella parte di attenzioni che ogni donna reclama, specie quando il marito è preso da altre faccende e il poco tempo che resta in casa, non gli basta che per dormire e dare ordini.
Lavata che s'ebbe, si cosparse tutta di borotalco ed indossò l'abito della festa: la gonna di velluto plessato, la camicetta bianca ricamata sotto il corpetto di velluto.
Al collo una catena di oro doppio, eredità della suocera.
Legò dietro la nuca il fazzolettone e lo fermò con uno spillone d'oro. Sembrava un regina slava allo specchio dove la sua figura diveniva più maestosa per via degli orecchini d'oro, a pendolo ed il medaglione con la figura di sant'Onofrio legato alla catena.
S'affacciò sul gradino davanti alla tenda che divideva la stanza per il bagno e disse a Michele:
– Io sono pronta.
Michele non poté fare a meno di trattenere il respiro e diede un'esclamazione:
– Ué, ué! come ti sei fatta bella!
Poi che anche gli uomini furono ben vestiti, montarono sulla 1100 TV e presero la via di Casacalenda.
– Ci vorrebbe pure un mazzo di fiori – disse Michele.
– Macché fiori papà, che ci mettiamo a perdere tempo, a che servono, tanto Concettina sono sicuro che non ci tiene.
– I fiori subito si sciupano, – aggiunse Incoronata – c'è già l'anello che è bello.
Dopo una mezz'ora di viaggio, la 1100 imboccò il vialone che portava alla casa di Concettina.
Antonio diede la solita strombazzata e l'uscio si aprì e tutti vi si fecero davanti, tranne i genitori della sposa che restarono ad attendere in casa.
Ugo D'Ugo
Fonte: U. D'Ugo, Il prezzo dell'amore, Ed. Goliardiche, Trieste 2003.