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Prohibir la prohibitione del macellaro


Macellaio Capracotta
A. Carracci, "Bottega del macellaio", 1585, olio su tela.

Per un patito di storia patria, sfogliare il "Libro delle Memorie" di Capracotta - la cui compilazione cominciò nel 1742 per mano di Nicola Mosca, che vi trascrisse cose passate e presenti - è un piacere immenso, una gioia per l'intelletto che a malapena si può esplicar con le parole. E, nello sfogliare quel manoscritto, delle volte accade che una trascurabile cronaca torni illuminante quando si è concentrati su tutt'altra indagine, in una sorta di serendipità d'archivio.

Oggi voglio infatti parlarvi del consiglio pubblico tenuto a Capracotta il 25 febbraio 1735, quando, con «licenza del Sig. Luogotenente, ab intervento de Magnifici del Governo, e di quella quantità de Cittadini, che hanno voluto intervenire», molti capracottesi chiesero l'interdizione del macellaio Giuseppe Santilli, poiché essi non avevano «potuto haver carne dal passato macellaro, e ne hanno ricevuto ingiurie, e villanie». Praticamente il Santilli fu accusato di non aver soddisfatto la domanda di carne e, alle rimostranze dei clienti, di essersi rivelato sgarbato ed offensivo. Il popolo chiese anche che il macellaio non potesse aver voce «nella candela, che si accenderà per tal affare, e perciò ogn'uno, che vorrà rispondervi, habbia à spiegarsi per qual persona dica alla candela, e dicendo, per il suddetto, habbia à ributtarsi». La candela, per chi non lo sapesse, era il processo. Difatti fin dal Medioevo, come rimborso delle spese giudiziarie, si richiedeva la cosiddetta tassa della candela, in base alle candele consumate dal giudice durante lo studio della causa.

Ascoltate le ragioni della popolazione, l'Università di Capracotta, nelle persone di Pasquale Melocchi, Giuseppe Di Lorenzo, Nicola Bonanotte, Antonio Di Tella e Gennaro Labbate, si riunì e produsse un parere in merito alla «prohibitione del macellaro». Il cancelliere di allora, Santo de Santis, mise a verbale che i capracottesi non potevano pretendere dal governo cittadino l'emanazione di un atto di interdizione nei confronti di Giuseppe Santilli e che quest'ultimo non poteva essere escluso dalla candela. Soprattutto veniva stabilito:

Che se Giuseppe Santillo coll'esercitio di macellaro, che hà fatto per l'addietro, havesse fatto rimanere qualche Cittadino deluso, ò poco sodisfatto, potria quel tale ricorrere dal Governatore, ò da Catapani rispettivamente per farlo stare à dovere, con astringerlo à mandare la carne di buona qualità, al prezzo convenuto, e di giusto peso, secondo i capitoli del macello, e le conventioni fatte, e non prohibire da per loro, come fussero Legislatori, le persone ad offerire in discapito, e danno del Pubblico, e così sia.

Qualora non fosse abbastanza chiaro, gli amministratori pubblici di Capracotta stavano ribadendo un concetto fondamentale per il liberismo e per gli ordinamenti moderni di civil law, soprattutto se messo in relazione a quell'imprescindibile movimento politico, sociale, culturale e filosofico che si stava allora sviluppando in tutta Europa: l'illuminismo. L'Università di Capracotta, infatti, con un semplice parere sull'opportunità o meno di vietare a un commerciante l'esercizio della propria attività, stava di fatto codificando la separazione dei poteri, rimettendo la volontà del popolo nei limiti della legge e demandando al mercato l'aggiustamento di quell'inefficienza.


Francesco Mendozzi

 

Bibliografia di riferimento:.

  • F. Chabod, Storia dell'idea di Europa, Laterza, Bari 1999;

  • J.-J. Chevallier, Le grandi opere del pensiero politico. Da Machiavelli ai nostri giorni, Il Mulino, Bologna 1989;

  • G. Conti Odorisio, Famiglia e Stato nella "République" di Jean Bodin, Giappichelli, Torino 1999;

  • F. Mendozzi, Guida alla letteratura capracottese, vol. I, Youcanprint, Tricase 2016;

  • N. Mosca, Libro delle memorie, o dei ricordi, Capracotta 1742;

  • S. Rokkan, Stato, nazione e democrazia in Europa, Il Mulino, Bologna 2002.

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