top of page

A proposito della famosa tavola osca trovata nel territorio di Capracotta


Pasquale Tisone
Pasquale Tisone.

Capracotta, 31 Marzo.

La pubblicazione apparsa su un giornale romano il 6 Marzo corr., riprodotto integralmente dalla Tribuna del 13 Marzo, sul doppio bronzo osco di Agnone, mi porge l'opportunità di apportare un'obbiettiva rettifica ai fatti esposti dall'egregio corrispondente da Isernia. All'uopo riferisco fedelmente quello che raccontava il cav. Giangregorio Falconi, nella cui proprietà in contrada Macchia, fu trovato il famoso bronzo, a cinque chilometri da Capracotta, abbastanza a nord del confine di Agnone.

In una sera dell'autunno 1848 il bovaro Pietro Tisone da Capracotta, che era al servizio del Falconi, si recò da lui e gli disse:

– Signor padrone, arando oggi il terreno sopra alla masseria presso il vallone di Fonte Romito, il vomere ha urtato e messo alla superficie questo mattone di metallo.

Il Falcone esaminò il mattone, si assicurò che non era d'oro e disse al Tisone:

– Posalo sul camino perché dopo vedremo di che cosa si tratta.

Intanto nel paese e dintorni si sparse la voce che il mattone fosse d'oro non ostante che gli orefici l'avessero smentito.

Dopo pochi giorni si vide arrivare a cavallo il signor Francesco Saverio Cremonese, suo caro compare di Agnone che dispensò molti dolci ai piccoli figli del Falconi e dissegli:

– Compare, ho saputo che il tuo bifolco ha trovato un pezzo di metallo nelle tue terre della Macchia. Per curiosità, me lo fai vedere?

Il Falconi andò a prendere il mattone. Frattanto scese in cucina per far preparare il caffè. Sul tavolo ove il Cremonese faceva le sue osservazioni, aveva posato in precedenza una scatola di legno di circa quaranta centimetri di lato e cinque di altezza, contenente fogli di piombo per calchi.

Rientrò il Falconi proprio al momento in cui il compare aveva disteso un foglio di piombo sul mattone per farvi incidere i segni impressi. Ma l'ospite si affrettò a far rilevare che avrebbe fatto decifrare da persone competenti quei segni. Il Falconi non dette alcuna importanza al calco eseguito.

Il Cremonese ripartì e tornò dopo una decina di giorni, recando in dono diversi oggetti d'oro alle figliuole del Falconi, al quale chiese poi il mattone per un miglior esame che avrebbe affidato ad abili amici di Napoli. Nessuna difficoltà per la consegna e non se ne parlò più.

Il Cremonese fece come aveva detto. Ma il mattone passando di mano in mano, ne trovò delle poco scrupolose, che ne fecero commercio. E si seppe poi che era stata venduta per trecento ducati.

In seguito fu riconosciuta di eccezionale valore, perché conteneva dei geroglifici senza dei quali non era possibile spiegare molte lapidi ed iscrizioni osche. Discordi furono le voci del vero valore. Si disse che prima passò al Kaiser Friedrich Museum di Berlino, e poi al British Museum di Londra. Prescindendo dal valore che pure procurava qualche rimprovero di amarezza al Falconi, forse più pel motivo che aveva tolto una relativa agiatezza al fido bovaro Tisone, che per interesse proprio, certo non bisognoso, si mostrava dispiaciuto pel fatto che il mattone rinvenuto nelle proprie terre fosse conosciuto non col nome di Capracotta.

Egli mi ripeteva spesso che prima di morire avrebbe scritta la storia del rinvenimento del bronzo. Era allora Sindaco di Capracotta (1891) e l'avevo pregato di scrivere al riguardo sull'antico libro delle memorie cittadine che si conserva nell'archivio comunale; ma disgraziatamente cadde e si ruppe un piede.

In seguito la grave età e le sofferenze non gli permisero più di uscire; ma io e gli altri ammiratori della grande probità del reverendo uomo, raccogliemmo da lui le principali notizie sopra esposte.

Gli anziani guardaboschi del paese che avevano avuto occasione di conversare col bovaro Tisone confermano i fatti. Anche il defunto Agostino Falconi, che possedeva vaste proprietà nella contrada Macchia, aveva trovato colà oggetti di valore e diverse tombe antiche.

Molte monete d'epoche remote furono raccolte e vendute a Napoli dai figli del cav. Giangregorio Falconi che erano avvocati, magistrati e professori, ripetendo così la vicenda del bronzo. Nel pregevole libro pubblicato dal colto avv. cav. Luigi Campanelli sul Territorio di Capracotta, vi sono esaurienti notizie sul Bronzo di Capracotta, con la riproduzione dei caratteri oschi impressi sulle due facce. E per mezzo del valoroso giovane dr. Franco Ciampitti fu mandato al neo congresso storico molisano del 1931 in Aquila collo scopo di avere precisi precedenti ed elementi per ampliare e rettificare fatti acquisiti alla storia degli Abbruzzi-Molise, una memoria sulla località vera ove fu trovato il bronzo: ma sventuratamente il congresso era stato chiuso il giorno prima.

Salvo qualche parere diverso, sono molti gli storici affermanti che Aquilonia sorgesse proprio nell'amena località Macchia identificata col nome Lamacchia nella carta geografica degli Abbruzzi del Vaticano, distante circa venti miglia da Aufidena.

Dalla monografia storica n. 98 di Capracotta, conservata in un antichissimo archivio di Piedimonte d'Alife si legge: «Alla regione dei Caraceni appartenne Capracotta, popolata dai superstiti abitanti della distrutta Aquilonia». E più sotto: «Dalla distruzione, dunque, di Aquilonia e dai superstiti abitanti sorse Capracotta».

L'erudito prof. Giaccio d'Agnone, trovandosi ad insegnare nell'ex Ginnasio di Capracotta nel 1873, attratto dalla descrizione del bronzo, dalle tome, dalle monete rinvenute alla Macchia, vi si volle recare e vi esaminò attentamente l'agro, convincendosi che se ivi fosse stata Aquilonia, doveva essere situata nella vasta conca, ricca di acque e ben esposta ad est del Monte S. Nicola. Propose di scavarle longitudinalmente una profonda trincea di almeno seicento metri, sicuro di trovare qualche autorevole avanzo, in funzione di filo d'Arianna, dal quale agevolmente si sarebbe potuto identificare l'ubicazione della Città caracena distrutta dall'ira di Silla.


Costantino Castiglione

 

Fonte: C. Castiglione, A proposito della famosa tavola osca trovata nel territorio di Capracotta, in «Il Mattino», Napoli, 31 marzo 1937.

bottom of page