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Quando il cinema d'autore fa un buco nell'acqua


Cloro di Lamberto Sanfelice

Dalla libertà di una finta prigionia suburbana sul litorale romano all'esilio sociale di una vita alpestre di premature responsabilità familiari, questo racconto di formazione ci parla della difficoltà di crescere al tempo della crisi economica del terzo millennio, quando cuffiette in piscina e cuffie nel dopo piscina ci avevano fatto credere di vivere la comoda normalità dei nostri giorni.

Tra il suono in presa diretta e l'ellissi del montaggio alternato con cui si apre il film, tra paesaggi in campo lungo e la dialettica di un contro campo quasi sempre fuori fuoco (sai che vezzi!) l'autore introduce le forme un po' scontate del mesto realismo di un cinema nostrano pieno di buoni propositi ma decisamente carente sul versante della scrittura e della varietà degli snodi narrativi (di scene al desco a mangiar spaghetti al sugo non se ne può piu!).

Sembra la Archibugi ma assomiglia alla Comencini ("Quando la notte"): una fiction televisiva di ragazzine belle e sfigate che sognano il nuoto sincronizzato ma si devono accontentare dell'acquagym di uno scalcagnato albergo a Capracotta non disdegnado compromessi sessuali dai quali trarre qualche piacere ed un insegnamento di vita. Il cloro serve a pulire e disinfettare, ma è anche la metafora di ciò che può inquinare i sogni e le speranze fino a bruciare gli occhi, aggiungendo le lacrime alle lacrime di una vita di stenti e di rinunce e relegando i sogni agonistici alle sconsolate fantasticherie del dopo-lavoro.

Diversi i passaggi a vuoto che servono da riempitivi ma non apportano contributi per una maggiore vicinanza emotiva alla storia ed ai personaggi (il padre in stato catatonico condotto nell'eremo di un ritiro spirituale, lo straniero ombroso e irsuto che ne approfitta spesso e volentieri, le beghe di uno zio a cui scaricare il pupo, la dirigente scolastica accigliata ma comprensiva) ed il solito finale di sospensioni emotive ed interdizioni morali dove i silenzi della sceneggiatura e la simbologia di immagini riflesse allo specchio vorrebbero alludere alle inesorabili forze di un destino che trasformano volti e stravolgono vite, imponendo il tempo di una improrogabile scelta tra gli affetti familiari e le aspirazioni personali.

Dagli edificanti esempi degli angeli delle favales di Rio approdati alle glorie di Copacabana a quelli di Ostia Lido che ambiscono agli assoluti italiani insomma il passo è breve; basta crederci almeno un po' e con il giusto anticipo sui tempi. Caruccia la giovane Serraiocco, già acclamata esordiente con Salvo di Grassadonia e Piazza, nel ruolo di affascinate nereide di vasche clorate nelle belle coreografie acquatiche al ritmo di note sincopate; ordinaria amministrazione per i veterani Colangelo e Degli Esposti. Presentato in concorso ufficiale al Sundance Film Festival ed alla 65ª Berlinale.


Gianleo

 

Fonte: https://www.mymovies.it/, 30 agosto 2016.

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