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Quella scorribanda in motorino da Castro a Capracotta


Il padre dell'autore.

La calda estate volgeva ormai a termine, e l'autunno già iniziava a reclamare il suo "posto al sole", quando due ragazzi, non ancora ventenni, e quindi non maggiorenni per le regole del tempo, decisero di partire in un fresco pomeriggio di fine settembre, a bordo di un motorino, dal piazzale della stazione ferroviaria di Castro-Pofi diretti alla volta di Capracotta.

L'Italia era ancora quella semplice e contadina degli anni Cinquanta, eravamo infatti nel 1958, che si appassionava per il Giro d'Italia, vinto quell'anno da Ercole Baldini, e per le canzoni del Festival di Sanremo, dove quell'anno trionfarono Modugno e Johnny Dorelli con la famosissima "Nel blu dipinto di blu", meglio nota come "Volare", e magari quel giorno, chissà, i due amici pensarono, canticchiando il motivo sanremese, di volare lontano addirittura fuori regione, in Molise.

I due erano mio padre, all'epoca barbiere nella zona della stazione ferroviaria, il cui negozio era di fatto il vero punto di ritrovo per la gioventù del luogo, e un suo amico, originario appunto del paese molisano, dove aveva ancora diversi parenti e soprattutto i nonni.

In realtà di eventi importanti quell’anno ve ne furono sia in Italia che nel mondo: era appena entrato in vigore il Trattato di Roma, istitutivo della Comunità economica europea, la Chiesa aveva scelto come papa il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli, che di lì sarà noto a tutti come papa Giovanni XXIII, e la Democrazia cristiana aveva vinto le elezioni e, con Amintore Fanfani, era saldamente alla guida del Paese. E poi Fidel Castro ed Ernesto "Che" Guevara erano ad un passo dalla vittoria nella guerra rivoluzionaria di Cuba, e il Brasile aveva vinto la coppa del mondo di calcio in Svezia.

A turbare i giorni, e ancor più le notti, degli aitanti giovanotti dell'epoca, però, erano sicuramente altri eventi, come quella "dolce vita" romana, di cui si avevano notizie da chi frequentava assiduamente gli ambienti della Capitale o come la legge Merlin che dichiarava illegittime le case di tolleranza. Tutto questo mentre le loro giornate trascorrevano tra un bagno al fiume e una cenetta a base di agnello e patate e una festa di paese dove ballare e cercare soprattutto di abbordare qualche ragazza, ed anche a salutare qualche amico che emigrava per le lontane Americhe, ed anche per la lontanissima Australia, o chi partiva per il servizio militare.

E così i due salirono in sella ad un motorino, quando ormai rimanevano poche ore di sole, senza avvisare i rispettivi genitori. All'epoca non vi era ancora l'autostrada, e le strade non erano di certo come quelle attuali, e così il viaggio fu lungo e faticoso, con diverse tappe necessarie per far riposare il motore e per effettuare il rifornimento di carburante, che avevano portato con loro dentro due bottiglie di vetro.

Il tragitto era di circa 140 chilometri ma, per l'epoca e per il mezzo che avevano, percorrerlo in sicurezza rappresentava quasi un'impresa leggendaria. Poi, complice anche l'abbigliamento, non proprio da motociclisti esperti, per strada fu loro costante compagno di viaggio anche il freddo, che aumentava con il percorrere dei chilometri. Infatti partiti da un'altezza di circa 200 metri dal livello del mare dovevano arrivare a quota 1.400.

Ma la giovinezza, si sa, è l'età dell'incoscienza, e delle prime volte, per cui nessuno poteva fermarli, dritti alla meta.

Arrivarono quando ormai era buio e bussarono al portone di casa del nonno dell'amico di mio padre che era da poco rincasato dopo una giornata di lavoro nella macelleria di famiglia. Furono accolti con grande stupore, poiché inattesi, e ancor più preoccupati perché i due fuggiaschi non avevano avvisato le rispettive famiglie. Dovevano restare solo una notte e un giorno e poi tornare a casa: finirono per soggiornare nello splendido paesino del Molise al confine con l'Abruzzo per ben quattro giorni.

Girarono il paese, le campagne e le montagne circostanti in lungo e largo, e trascorsero il loro tempo con altri ragazzi e ragazze del luogo che l'amico di mio padre ben conosceva, coccolati dalla calda accoglienza della famiglia che li ospitava.

Di fatto trascorsero quattro giorni da veri turisti, serviti e riveriti, al centro dell'attenzione di tutti, familiari ed amici, che si preoccupavano che tutto andasse nel migliore dei modi. Poi tornarono a casa senza che mio padre avesse avvertito in quei quattro giorni i genitori che sarebbe rimasto fuori per così tanto tempo, del resto a casa sua non avevano il telefono. E più di qualche volta lui era anche solito dormire la notte nella barberia per cui i genitori non si allarmarono più di tanto.

Ma quella volta l'assenza fu troppo lunga, per cui una volta giunto a casa fu accolto dal "caloroso" bentornato di mia nonna:

– Dove sei stato? Ancora un altro giorno ed andavo in caserma...


Valentino Mingarelli

 

Fonte: V. Mingarelli, Quella scorribanda in motorino da Castro a Capracotta, in «Flash Magazine», XXXIII:2, Frosinone, febbraio 2022.

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