I fratelli Ragosta, già proprietari della Rer e della Fonderghisa, puntano un'altra azienda del nucleo industriale di Pozzilli: l'E.T.A. Spa. L'interesse è chiaro. Si capisce dalle intercettazioni telefoniche. Ad attrarre è l'oggetto sociale: "lavorazione di prodotti semilavorati e di leghe leggere, attraverso fusione". Continui contatti tra i responsabili delle due aziende. Gli incontri si susseguono. Sono forti le preoccupazioni «per l'interessamento dei Ragosta poiché, nell'ambiente, è notorio che questi acquistino alluminio radioattivo, proveniente dai paesi dell'est Europa».
Le stesse preoccupazioni che si riscontrano in alcune intercettazioni telefoniche, dove gli interlocutori si preoccupano della funzionalità del sistema di allarme piazzato all'ingresso della Rer, utilizzato per segnalare la presenza di radioattività nei metalli. C'è una conversazione telefonica tra Francesco Ragosta e un soggetto residente a Torre Maggiore (Foggia), originario di Capracotta (Isernia) e con precedenti per reati di mafia (416bis), che si lamenta del materiale ferroso ricevuto. Dove ha trovato dell'alluminio radioattivo.
Durante la perquisizione disposta presso la Transider Sud di Palma Campania, tra le carte, a sorpresa, spunta fuori un'offerta d'acquisto. Fatta nel 2005, per l'Energonut, oggi Herambiente, azienda dotata di forni di fusione per i metalli, presente nel Nucleo Industriale Pozzilli-Venafro.
Non si è di fronte ad una sorta di scorribanda delinquenziale portata a termine da un gruppo esterno in questo territorio; ci si troverà pur di fronte a soggetti che anagraficamente non hanno nulla a che spartire con il Molise ma che, invece, hanno scelto questa terra per consolidare il pactum scelleris, per organizzarsi definitivamente quale macchina delinquenziale capace dei peggiori disastri ambientali, per realizzare parte di quel disegno criminoso in una zona notoriamente più tranquilla, per celare i loro illeciti interessi sotto forma di interventi imprenditoriali a salvaguardia dei livelli occupazionali e per contribuire all'enorme ed illecito arricchimento.
Per gli investigatori si tratta di un «sodalizio criminoso, operante con modalità mafiose, al fine di agevolare un'altra organizzazione di chiara matrice camorristica». Ci sono i contatti, le comunicazioni telefoniche con personaggi appartenenti ad organizzazioni criminali.
Personaggi di spessore, come Arcangelo Fasanelli, nato in Germania, classe '75, «gravato da numerosissimi precedenti penali, molti dei quali riferiti a violazioni delle norme ambientali; dal tenore delle conversazioni telefoniche registrate è certo che tra Fasanelli e Ragosta Franco vi siano intensi rapporti imprenditoriali per la compravendita di rifiuti metallici». Continui contatti telefonici si sono registrati con Rocco Delfino, nato a Gioia Tauro, Reggio Calabria, classe '62, di fatto proprietario della società Delfino Srl («con tutti i componenti del consiglio di amministrazione pregiudicati»). Un sorvegliato speciale, con l'obbligo di soggiorno. Una fitta fedina penale: associazione di tipo mafioso, riciclaggio, impiego di denaro o beni di provenienza illecita, falsificazione monetaria, omicidio doloso e traffico di sostanze stupefacenti.
Anche i rapporti tra la Delfino (la titolare è la moglie di Giovanni Delfino, Maria Carla Remiddi) e le società dei Ragosta sono molto intensi. Per la compravendita e il commercio di rifiuti metallici.
Questo ripetersi di contatti con personaggi che gestiscono, in altre regioni italiane, fortemente condizionate dalla presenza di potenti organizzazioni mafiose, altre strutture imprenditoriali per il commercio, il trattamento e lo smaltimento di rifiuti ferrosi, conferma come nel particolare ambiente professionale si sia venuto a creare una sorta di "cartello" gestito direttamente o indirettamente dalla criminalità organizzata, comunque localmente denominata. […] I Ragosta, in questo quadro di insieme, si sono accresciuti e hanno posto pesantemente le loro radici imprenditoriali e criminali in questa Regione perché omologati a risorsa economica della camorra campana.
Paolo De Chiara
Fonte: P. De Chiara, Il veleno del Molise. Trent'anni di omertà sui rifiuti tossici, Falco, Cosenza 2013.