La Resistenza, madre della Costituzione, ha avuto i suoi martiri anche a Capracotta; e noi, in questa breve nota, vogliamo mettere in evidenza la nobile figura di due di essi: Gasperino e Rodolfo Fiadino nati a Capracotta, uccisi dalla ferocia nazista.
Allo scopo abbiamo intervistato la moglie e la figlia di Gasperino, nonché molti testimoni ancora viventi.
La signora, dapprima restia a parlare per non riaprire «una ferita che ancora non si rimargina bene», alla fine ha ricostruito i fatti.
Ecco! Il 28 ottobre 1943, a mezzogiorno, Gasperino Fiadino tornò a casa; dopo tre anni di vita militare e lo sfaldamento dell'esercito italiano dovuto all'armistizio dell'8 settembre.
Abbracciate la moglie e le tre figliuole, corse alla casa colonica per salutare gli altri due fratelli. Lì trovò anche militari alleati, fuggiti da un campo di concentramento della zona.
Una spia durante la notte provocò l'intervento delle SS. In casa Fiadino vennero arrestati i tre fratelli e i soldati che vi erano rifugiati.
Abbiamo intervistato la signora, a questo punto, per chiederle che cosa aveva provato nel sapere che suo marito era stato arrestato.
Ha risposto che pensò che lo avrebbero rilasciato come altri due fratelli suoi pure arrestati dai nazisti.
Il 4 novembre 1943, tuttavia, i fratelli Fiadino furono processati e condannati a morte dal tribunale militare tedesco della zona stabilito a Villacanale.
Lo stesso giorno vennero riportati presso Capracotta, con un automezzo tedesco. Durante il viaggio, uno dei fratelli, Alberto, fuggì con un balzo dalla camionetta e così riuscì a scampare alla morte.
In località Sotto il Monte Gasperino e Rodolfo furono legati a due alberi e fucilati.
Dopo una breve pausa, la signora ha ricordato il nome di don Leopoldo Conti. Questi invano supplicò il comandante del plotone teutonico perché lasciasse liberi i due fratelli, invano si offrì al loro posto.
Così scrive a proposito di questo episodio Elvira Tirone nel suo libro "Oltre la valle": «Ma come poteva il buon parroco convertire con le sue preghiere una tale sentenza? Le sue appassionate insistenze, simili alla bora, che invano batte sui macigni di Monte Campo per rimuoverli dalla loro radicata posa, non potevano essere udite...».
L'arciprete di Capracotta, dopo l'uccisione di Gasperino e del fratello, fu l'unico che cercò di portare sollievo alla famiglia Fiadino, che ne conservava un ricordo profondamente grato.
Qualche giorno dopo l'intervista, siamo stati a Capracotta per ulteriori notizie. Molte persone ci hanno detto che i Fiadino erano brava gente.
Abbiamo saputo che uno dei prigionieri e precisamente un neozelandese scriveva su un diario tutte le persone che tramite i Fiadino fornivano dei viveri. Quando fu preso, fece in tempo a distruggere il diario con l'aiuto della signorina Falconi.
Pia Falconi ricorre spesso nella storia dei Fiadino. Infatti in casa sua era il comando tedesco ed ella, parlando assai bene il tedesco, si prodigò molto per i Fiadino, anche se non poté ottenere il risultato da tutti sperato.
E la spia? I capracottesi hanno preferito non parlarne, dicendo solo che... veniva dai paesi vicini e che nessuno sa con precisione... chi era.
Con queste note abbiamo finito il servizio sui Fiadino, martiri della Resistenza, ma soprattutto del loro amore per il prossimo. Sinceramente, prima che ci si affidasse l'incarico di scriverne, non ne avevamo mai sentito parlare. La loro morte innocente ci ha fatto dedurre che la guerra è il mezzo più perfetto per diffondere odio e morte specialmente tra le persone innocenti.
Tornando ai Fiadino, aggiungiamo che il loro sacrificio non è stato riconosciuto da nessuno, le autorità ignorano, la gente comune sta dimenticando... Solo la lapide a Sotto il Monte ricorda la barbara uccisione. Poco! Molto poco!
Bartolomeo De Simone
Fonte: F. Romagnuolo, La Resistenza del Molise, Eil, Milano 1979.