«Qualche volta persino le previsioni del tempo ci saltano: una cosa che non mi è mai andata giù». Maria Assunta Padula, vulcanica massaia nata e cresciuta in un paesino di 700 anime arroccato a 820 metri sul mare, Pescolanciano, ha scelto di ribellarsi allo spopolamento del Molise. «Una regione sconosciuta più che dimenticata», commenta Maria Assunta. E aggiunge: «Sono sempre stata una ribelle. A 10 anni volevo leggere "L'amante di Lady Chatterly", ma dovetti aspettare i 25. Nel 1964, imitando la tv, iniziai a portare la minigonna nel mio paese. Mi sposai solo a 27 anni, ormai "zitella"; a 47 anni, dopo la nascita del secondo figlio, conclusi da privatista gli studi che avevo dovuto abbandonare in seconda media perché mia madre volle mettere a tacere le false voci di professori ventenni innamorati di me, ragazzina cresciuta precocemente. Da allora non mi sono mai fermata». Missione: recuperare le tradizioni locali, a cominciare dalle antiche sementi, e far conoscere un territorio e una civiltà a rischio di cancellazione.
Pescolanciano, il paese in provincia di Isernia, è abitato soprattutto da pensionati e «qualche ragazzo di 50 anni che lavora tra Isernia e Campobasso»; ma Maria Assunta non è sola. Accanto a lei il marito, per cinquant'anni muratore, i figli (Nicola, 38 anni, carabiniere a Capracotta, e Gianfranco, 34 anni, metalmeccanico a Val di Sangro), e un gruppo di amiche e vicini di casa. Assieme hanno iniziato a piantare su un terreno, poi due, quest'anno tre terreni per complessivi 4 ettari, granturco, fagioli e ceci di cui si erano perse le sementi. E, sempre in movimento tra gli studi di storia e tradizioni, la militanza politica e la partecipazione come attrice a cortometraggi amatoriali, Maria Assunta ha recuperato ricette di una volta, quando non si trovava pane fresco tutti i giorni. «Il pane raffermo veniva bagnato nei pomodori e farcito con un soffritto – spiega Maria Assunta – di salsicce secche (conservate nel lardo del maiale), frigitelli (i peperoncini verdi) e pancetta. Ed ecco il panunto, perfetto per la domenica sera». Perfetto se nel frattempo hai smaltito il pranzo respirando l'aria buona di montagna, magari passeggiando in una delle due riserve naturali: Montedimezzo e Collemeluccio.
Da vedere il castello del 1400, in cui i duchi d'Alessandro costituirono un'importante pinacoteca e una fabbrica di ceramiche che iniziò a fare concorrenza a quella di Capodimonte. Tradizione a cui è dedicato uno dei tre musei inaugurati nel 2014: quello della ceramica, appunto; il museo didattico dei castelli e quello della civiltà contadina, che ospita un centinaio di pezzi - dall'aratro alla macchina da cucire - raccolti dal marito di Maria Assunta, Franco. Intorno a loro una rete virtuosa (soprattutto donne) che sta abbracciando il Molise. «Per fortuna – dice Maria Assunta – ci sono ragazzi che tornano, o semplicemente restano». Come Loreto e Luca Beniamino, rispettivamente 31 e 29 anni, che hanno scelto di non lasciare Capracotta, un paese a 1.421 metri di altitudine, e iniziare a coltivare come facevano i nonni. Così è nata l'azienda agricola Le Miccole, nome dialettale delle lenticchie che a Capracotta sono piccolissime e policrome.
Laurea in Economica, tesi sulle "Donne del latte", undicesima generazione del pluripremiato caseificio di famiglia, anche Serena Di Nucci è in campo per la riscossa del Molise. È la prima di tre figli che sta affiancando Franco Di Nucci nella promozione di Agnone, il paese di pietra un tempo capitale del rame, attraverso la sua storia e le sue tradizioni, come le campane della fonderia Marinelli, la seconda impresa più antica del pianeta, e la festa della 'Ndocciata, un fiume di fuoco che attraversa il paese la sera dell'Immacolata e quella della Vigilia di Natale, oltre che attraverso i loro caciocavalli.
Massaie illuminate anche le signore di San Giuliano del Sannio, che per le feste di famiglia preparano i fiadoni, caratteristico dolce-rustico tipico dei matrimoni. «Il segreto – dice Carmela Di Soccio, ex insegnante – è nell'abilità delle massaie di intuire il momento giusto per il formaggio semi-fresco di mucca che, unito a zucchero e limone, offre un retrogusto inimitabile».
Matrimonio o fidanzamento. Il Molise festeggia con la danza del contromalocchio, in ricordo della fattucchiera che debellava il male con una formula e una danza isterica. Ambasciatori nel mondo di balli, canti e strumenti tipici del Molise i 34 elementi del gruppo folcloristico di San Giovanni in Galdo, i Zig-zaghini. «Un nome evocatore del nostro girovagare, dagli Stati Uniti al Venezuela, dal Canada al Medio Oriente, e del passo della quadriglia, ballo portato dai francesi», racconta Marco Messone, che ha acquisito la direzione del gruppo dal nonno, Nicolino Di Donato, autore delle ricerche etnografiche e etnomusicali che hanno permesso di riscoprire il folclore locale.
Dalla provincia di Isernia siamo arrivati a quella di Campobasso. Ad unirle il tratturo, per i molisani segno forte di riconoscimento in quanto vera e propria orma lasciata dalla transumanza. Dalle donne del Molise l'invito a scoprire un mondo che credevamo scomparso.
Caterina Ruggi d'Aragona
Fonte: https://27esimaora.corriere.it/, 15 dicembre 2014.